L'uso accorto delle parole per dare dignità a un massacro.
"Za pobedy", per la vittoria.
La lettera "Z" che campeggia sul muso dei carri armati russi che attraversano l'Ucraina, sui muri delle città, sulle divise dei soldati - e anche sulla maglietta dello sciagurato ginnasta russo, bronzo alle parallele ai mondiali di ginnastica di Doha, orgoglioso di sfoggiarla a fianco dell'atleta ucraino vincitore dell'oro - sembra l'emblema di una trionfale marcia per la pulizia del mondo. O almeno dell'Ucraina.
Infatti l'armata che attraversa i confini della Russia e della Bielorussia ha come obiettivo - ripetutamente ribadito da Putin nelle sue numerose apparizioni televisive - quello di "denazificare" l'Ucraina.
Ma cosa significa?
Tutto nasce da un controverso personaggio, Stepan Bandera, per alcuni Ucraini un eroe, per altri un criminale.
Bandera, nato in un piccolo villaggio dell'Ucraina occidentale, fu trovato senza vita a Monaco di Baviera nel 1959 e nessuno pensò a una morte naturale. Lo voleva morto il Kgb russo, il Mossad israeliano e anche la Cia americana e l'Mi6 inglese. Comunque pare che la palma della vittoria sia andata al Kgb.
Non dovrebbe quindi destare meraviglia che un personaggio che aveva come nemico tutte le maggiori organizzazioni segrete del mondo sia da tempo al centro di una violenta campagna ideologica in Ucraina.
La sua attività politica e militare ne giustifica appieno la figura controversa.
Chi era infine Stepan Bandera? Soprattutto un nazionalista che lottò per l'indipendenza dell'Ucraina.
Fu il leader di un partito nazionalista radicale, l'"Organizzazione dei nazionalisti ucraini" (Oun), il cui obiettivo era la creazione di uno stato ucraino esteso dalle zone occidentali (allora sotto la Polonia) fino a quelle orientali (allora controllata dall'Urss).
Nel 1934 fu condannato alla pena capitale, commutata in ergastolo, per aver assassinato il Ministro degli interni polacco Bronislaw Pierack.
Dopo il crollo della Polonia conseguente all'invasione tedesca del 1939, Bandera riuscì a evadere in circostanze un po' oscure e cominciò la sua collaborazione con i Tedeschi.
Lavorò con loro fino al 30 giugno del 1941, quando, dopo l'attacco all'Unione Sovietica, Bandera proclamò a Leopoli la nascita di uno stato ucraino indipendente, adottando un manifesto che prevedeva la «
liquidazione di indesiderati Polacchi, Moscoviti ed Ebrei».
Non informò Berlino di questa sua intenzione e quindi fu arrestato e rinchiuso nel campo di concentramento di Sachsenhausen.
Nel 1944 la Germania, ormai vicina alla sconfitta, lo liberò affinché organizzasse in terra ucraina una resistenza per contrastare l'avanzata sovietica.
Bandera creò quindi l'"Esercito di insurrezione ucraino", noto con la sigla Upa.
Con il suo esercito combatté contro tutti: contro l'Armata rossa e contro i Tedeschi e non risparmiò nemmeno i Polacchi.
Gli uomini di Bandera, in nome del nazionalismo ucraino, misero in atto una spietata pulizia etnica in Galizia (oggi tra Ucraina, Polonia e Romania) e Volinia (Ucraina del nord), uccidendo secondo stime polacche almeno 60 mila persone.
Contribuì anche - ma il fatto è controverso - in collaborazione almeno indiretta con i Tedeschi, allo sterminio della popolazione ebraica della regione.
Bandera e i suoi combatterono una guerra partigiana cinica e spietata, senza remora alcuna se c'era da eliminare chiunque costituisse un ostacolo al predominio degli Ucraini a ovest del Dnipro.
Al termine della guerra Bandera rimase in Germania, probabilmente sotto la protezione della Cia, ma preda consapevole delle tante organizzazioni che lo avevano bollato come un criminale.
Prima della crisi ucraina di questi ultimi anni e degli eventi di Maidan, la figura di Bandera era poco nota in Europa.
Durante le proteste contro il regime del filorusso Yanukovich, che si svolsero a Kiev e nelle città dell'ovest, l'immagine di Bandera fu portata in processione dai manifestanti anti regime.
Per loro Bandera era un eroe e divenne un simbolo e manifestavano recitando gli slogan e i motti dell'Upa: la lotta contro Yanukovich e la Russia era diventata la nuova "lotta per l'indipendenza".
Il presidente "arancione" Yushchenko nel 2010 conferì a Bandera il titolo di "Eroe dell'Ucraina".
Ovviamente gli Ucraini dell'est, in pratica quelli del Donbass, hanno sempre visto in Bandera un collaboratore della Wehrmacht e quindi chiamare la giunta di Kiev "giunta fascista" divenne un'equazione molto gradita ai mezzi d'informazione russi.
Del resto le immagini di Piazza Indipendenza a Kiev con la gigantografia di Bandera, i vessilli rossoneri dell'Upa che sventolavano sulle barricate e il saluto che era stato dei suoi partigiani «
Gloria all'Ucraina, gloria agli eroi», diventato il motto patriottico degli Ucraini desiderosi di un abbraccio europeo e della riconquista dell'est, non potevano che mettere in plateale evidenza che l'anelito alla libertà vedeva nella Russia un ostacolo da superare. E questo davanti alle tv di tutto il mondo.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte all'uso politico del passato, alla strumentalizzazione della storia in nome degli obiettivi del presente, in un calderone nel quale la storia stessa, "maestra di vita", è solo un pretesto.
E allora Bandera è per gli Ucraini un "eroe nazionale" in nome del quale riconquistare la dignità di nazione libera e allo stesso tempo, per la parte contrapposta, emblema equivoco del nazismo ucraino: da "denazificare", appunto.