Il polittico dei Beneficiati
È noto che Leonardo da Vinci non si recò mai in Sardegna né, per quanto è dato sapere, alcuna delle sue opere vi è transitata. L'Isola però entra direttamente nelle vicende del grande genio toscano per una circostanza inaspettata che riguarda il Leonardo studioso di matematica e di geometria e non il Leonardo artista.
La notizia la si ricava da un passo del "Codice Atlantico" - che ha costituito oggetto di un convegno di studi organizzato nel 2017 a Cagliari dalla Deputazione di Storia Patria per la Sardegna - dove Leonardo menziona la Sardegna a proposito di un volume di Archimede del quale intendeva entrare in possesso. Il passo non solo conferma la multiforme attività di indagine di Leonardo e la sua necessità di confrontarsi col sapere scientifico, ma contiene anche un richiamo alla nostra Isola.
Leonardo, infatti, afferma che un monsignore di Santa Giusta che stava a Roma aveva dato il volume in questione al fratello che stava in Sardegna. Si trattava all'evidenza di monsignor Gaspare Torrella, vescovo di Santa Giusta, eletto il 4 gennaio 1494 dal pontefice Alessandro VI, di cui fu medico personale. Torrella, di famiglia ebrea conversa valenziana, figlio e fratello di medici, scrisse alcuni testi di medicina e astrologia. E proprio un suo fratello maggiore, Ausia, aveva il volume di Archimede cui Leonardo fa cenno.
Passando al campo dell'arte figurativa, va detto che un qualche influsso leonardesco lo si ritrova nel "polittico di Sant'Eligio", frutto della collaborazione fra tre artisti (tra cui Pietro Cavaro), attualmente esposto nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Nella Sardegna del Cinquecento troviamo anche i "leonardismi" mediati da Napoli, sempre riferibili alla bottega dei Cavaro e più precisamente a Michele, figlio di Pietro.
In particolare, il riferimento riguarda il "polittico della Madonna della Consolazione", andato disperso come tale e di cui restano tre tavole, parimenti custodite nella Pinacoteca Nazionale che formano un trittico. Ma nell'opera forse c'è anche un'impronta raffaellesca se si pensa alle soluzioni compositive. Forti sono anche le analogie col "polittico di San Giovanni Battista" di Villamar realizzato da Pietro Cavaro nel 1518 per don Salvatore Aymerich, signore di Mara.
E poi ci sono alcuni ricordi leonardeschi importati in Sardegna dall'Andalusia: era un'epoca in cui gli artisti viaggiavano e si formavano attraverso il confronto di esperienze. E la Sardegna, facendo parte di un contesto politico più ampio (quella confederazione di stati che era il Regno di Spagna), non era certo estranea a questo confronto.
Quindi l'esperienza del genio toscano viene vissuta qui da noi, ancorché in maniera riflessa. Pensiamo ad esempio al "polittico dei Beneficiati", opera per lungo tempo attribuita ai Cavaro ma di Luis Machuca e Pedro Raxis il vecchio. Non a caso, il polittico, già collocato nella Cattedrale di Cagliari e ora nel Museo Diocesano, rivela - nello "scomparto della Crocifissione" - una forte similitudine tra il volto del personaggio e quello del cavaliere posto all'estremità del gruppo equestre della "Battaglia di Anghiari", una delle grandi opere di Leonardo da Vinci.
Ma l'espressione artistica di Pedro Raxis non nasce dal nulla: egli, pittore cagliaritano con frequentazioni romane, visse anche l'esperienza fiorentina. Possiamo aggiungere - a conferma della formazione multiculturale degli artisti del tempo - che la presenza di Raxis è attestata anche in Andalusia dove, dal 1527, entrò in contatto con Luis Machuca, col quale poi collaborerà alla realizzazione di diverse opere.