Amedeo di Savoia-Aosta (Firenze 1943 - Arezzo 2021)
Non serve un esperto di storia per capire che quella nazionale è in parte avvolta dal mistero e in parte oscurata dall'ideologia. Si vivono momenti al giorno d'oggi in cui addirittura la cultura e la stessa storia sembrano diventate una sorta di nemico istituzionale, anche se sul piano della società italiana al di fuori dei palazzi non è assolutamente così. O comunque sicuramente qualcosa di molto scomodo e taluni, all'epilogo del deterioramento istituzionale a cui siamo arrivati, dovrebbero anche iniziare a spiegarci perché.
In realtà, guardando la situazione senza paraocchi, si intuisce facilmente che i motivi siano molteplici, e sono anche dei perché che ormai non hanno nemmeno più ragione di esistere.
La retorica dei soliti noti probabilmente finisce (ironia della sorte) il 25 aprile dello scorso anno, con centri sociali e similari impegnati nei soliti tumulti contro la polizia ma stavolta in una situazione descritta come "emergenziale", dato che lo scenario del 25 aprile 2020 era quello relativo alle note vicende del covid-19, che, al di là di come la si pensi in merito, in quell'occasione mise letteralmente a nudo tutte le pecche non solo di un governo mai rimpianto, ma anche di una narrativa che ormai aveva il sapore insipido di un passato non più percepito come centrale nelle vite degli Italiani.
Dopo una serie di accadimenti anche recenti, come la vergognosa sceneggiata del sindaco di Milano sullo stigmatizzare prima e revocare l'autorizzazione poi a un convegno storico (regolarmente autorizzato e organizzato da un'associazione culturale a sua volta ufficialmente riconosciuta) sulle "Marocchinate", aver per l'ennesima volta tentato d'infangare una data ormai istituzionalizzata come il 10 febbraio e le Foibe e dopo aver letteralmente cercato di censurare e ridicolizzare chiunque non avesse sui vari salotti televisivi lo stesso punto di vista della narrativa di governo in materia sanitaria, ecco che arriva la farsa finale della retorica.
L'erede al trono della Real Casa Amedeo di Savoia-Aosta, secondo la solita e noiosa retorica televisiva, viene addirittura presentato al suo funerale (senza nessun rispetto né nei confronti della sua figura né del lutto dei suoi cari oltre che di tanti Italiani che gli rendono omaggio) come un convinto sostenitore della causa repubblicana.
Come se già non facesse abbastanza ridere così, viene anche fornita pomposamente la motivazione: «
avendo prestato giuramento servendo lo stato nelle Forze Armate, essendo stato ufficiale di complemento della marina militare».
Tutto questo non è corretto sul piano etico e chi è dotato di onestà intellettuale non può tacere.
Amedeo di Savoia-Aosta nasce a Firenze il 27 settembre del 1943 da Aimone di Savoia e Irene di Grecia, figlio unico, già l'anno di nascita scandisce l'epopea degli avvenimenti nazionali con l'inizio della guerra civile (anche questa negata fino a quando si è potuto) poche settimane prima.
Già il 26 luglio del 1944 Heinrich Himmler firma l'ordine d'internamento a Hirschegg (Austria) assieme a sua madre Irene, le cugine Margherita e Maria Cristina e la Duchessa Anna d'Orleans.
Tratto dal libro "Il Sovrano Sconosciuto. Tomislavo II Re di Croazia", si trovano le parole degli altri internati nei riguardi dei loro illustri compagni di sventura: «
Giunsero a fine luglio le due duchesse d'Aosta: Anna di Francia con le giovanissime principesse Margherita e Maria Cristina e Irene di Grecia con un amore di bimbo di otto mesi, il principino Amedeo. La brutalità tedesca non aveva avuto riguardi né per la tenera età del bambino, né per la nobiltà della personale condotta delle due duchesse, rimaste com'erano a Firenze solo per non abbandonare nell'ora del pericolo la popolazione fra la quale erano vissute. Senza umanità, senza rispetto per il rango, (i Tedeschi) li avevano fatti prigionieri accomunandoli nel trattamento a qualsiasi altro internato. Il loro caso ci commosse, ne soffrimmo nel cuore e nei nostri sentimenti di Italiani, ma la loro presenza nella tristezza del momento portò subito una nota di alta gentilezza e doveva essere poi, per i loro continui atti di bontà, come un raggio di sole».
Indipendentemente da cosa si possa pensare della monarchia, le parole sopracitate furono un biglietto da visita di una persona rispettosa ed educata con tutti durante tutto l'arco della sua vita, costellato sicuramente da tante esperienze di vita (tal volta anche da molti eccessi).
Una persona assolutamente equidistante tra le parti e trasversale sul piano politico, fermo oppositore del comunismo (dal quale diceva sempre di essere scampato a differenza dei suoi parenti Zar in Russia) e amante dell'Italia e degli Italiani.
A differenza di tutti veramente sarebbe potuto essere nelle istituzioni un punto di riferimento, un simbolo (come lo fu suo nonno in Africa, nella fiera resistenza all'invasione britannica nell'impero, culminata anche con l'onore delle armi, e nella prigionia in Kenya, dove morì di stenti assieme a molti altri soldati italiani).
Si potrebbero scrivere tante cose, tutte belle, su una figura straordinaria anche sul piano imprenditoriale oltre culturale e umano, si potrebbero scrivere libri interi... ma in nessuno di questi si troverebbe mai un giuramento alla repubblica accettata come tale da parte del primo dei monarchici (per convinzione, non soltanto per educazione o in quanto erede al trono).