Fregio della "Grotta della Vipera" a Cagliari
Nella città di Cagliari, lungo il Viale Sant'Avendrace, alle propaggini della necropoli di Tuvixeddu - che costituisce la più vasta area sepolcrale punica tuttora esistente in ambito mediterraneo - troviamo un monumento funerario a forma di tempio scavato nella roccia: è conosciuto col nome di "Grotta della Vipera" e faceva parte di una necropoli romana di tipo monumentale costituita da varie sepolture a carattere familiare (che si sovrappose, senza soluzione di continuità, alla necropoli di epoca punica).
Il nome trae origine dalla presenza, nell'architrave del frontone, di due aspidi che - per i seguaci del culto di Iside - stanno a simboleggiare la vita eterna. Il monumento appare mutilato nella facciata dove, sotto l'architrave, si notano i segni di quattro capitelli che testimoniano l'esistenza delle relative colonne andate completamente perdute.
Nel 1822, durante la costruzione della "Carlo Felice", il monumento doveva essere fatto saltare in aria con la dinamite, ma fortunatamente fu salvato dal Generale Alberto Ferrero della Marmora. Lo stesso, nel 1839, fece eseguire un calco delle iscrizioni funebri che portò a Parigi, ove un noto studioso, il Le Bas, ricostruì e interpretò ogni singola composizione.
Il monumento ci tramanda la storia (o leggenda) dell'amore che univa due coniugi dell'antica Cagliari romana: Cassio Filippo e la moglie Atilia Pomptilla, che per il marito donò la propria vita. Infatti Cassio Filippo, giunto a Cagliari al seguito del padre Cassio Longino (celebre giureconsulto esiliato in Sardegna da Nerone), a causa del clima insalubre della città (era diffusa la malaria), si ammalò gravemente sino ad arrivare quasi in punto di morte.
Cassio Filippo fu però salvato dalla moglie Atilia Pomptilla che, spinta dalla sconvolgente disperazione, supplicò gli dei affinché prendessero la sua vita in cambio di quella del marito. La preghiera venne esaudita in quanto alla miracolosa guarigione del marito fece seguito, quasi subito, la morte della moglie.
A quel punto, il dolore straziante di Cassio Filippo trovò forma nel monumento funebre che lo stesso dedicò alla consorte. In una delle iscrizioni, incisa in lingua greca, si legge: «
che le tue ceneri, o Pomptilla, fecondate dalla rugiada, siano trasformate in gigli e in verdi fronde ove risaltino la rosa, il profumato zafferano e il semprevivo amaranto. Possa tu diventare ai nostri occhi il fiore della bella primavera affinché abbia, come Narciso e Giacinto, questo motivo di lacrime eterne. Un fiore trasmetta il tuo nome alle venture generazioni. Allorché Filippo già sentiva che la sua anima abbandonava l'involucro mortale e che le sue labbra si avvicinavano alle acque del Lete tu, o Pomptilla, ti sacrificavi per uno sposo spirante e riscattavi la sua vita col prezzo della tua morte. Così gli Dei hanno spezzato questo legame. Ma, se Pomptilla si è sacrificata per uno sposo teneramente amato, Filippo, vivendo suo malgrado, brama con ardore di veder presto riunita la sua anima a quella della più tenera delle spose».
In questo monumento funebre, oltre alle ceneri di Atilia Pomptilla, molto probabilmente, furono conservate anche quelle di altri membri della famiglia come fa presumere l'esistenza di più colombari. In prossimità della "Grotta della Vipera", all'interno di una proprietà privata posta sullo stesso lato del Viale Sant'Avendrace, si trova anche il "Colombario di Rubellio", altro importante contesto funerario di epoca romana, di cui ancora si attende un'adeguata valorizzazione ai fini della fruizione pubblica.