Trasformismo: fenomeno che ha coinvolto partiti,
movimenti politici e schieramenti vari
Nella storia italiana e, in genere, mondiale, si è spesso parlato, in politica, di trasformismo. Esso ha interessato singoli politici, schieramenti istituzionali e movimenti.
Questo trasformismo ha una connotazione squisitamente politica e, giustamente, è condannato almeno formalmente da chiunque, sulla base della cooptazione di elementi antitetici allo schieramento di governo, con profferte di prebende in cambio di appoggi vari alla azione formalmente maggioritaria di uno schieramento che dovrebbe essere maggioritario, ma rischia di perdere i pezzi della propria compagine parlamentare.
La foga ci fa spesso perdere di vista il quadro generale.
Il maggior esponente politico accusato di questa pratica odiosa fu un uomo assai capace in quello che era allora il Regno di Italia, Giovanni Giolitti.
Della sua azione pragmatica, ma anche spregiudicata, andremo, infatti a parlare.
L'impegno di questo uomo politico fu sempre quello di condurre alla collaborazione con lo stato liberale le forze che erano a esso avverse.
Saldò all'interno del suo schieramento liberale gli interessi di agrari, industriali e banchieri (i suoi vari mandati da presidente del consiglio videro il nascere del colosso assicurativo dell'Ina e un primo tentativo di razionalizzare la industrializzazione), mentre coi socialisti si usarono offerte di partecipazione al governo per quelli che sarebbero poi stati chiamati, in Italia, anni dopo, socialisti democratici, facendo proprie anche delle richieste di questi e di certi rami dell'unione elettorale cattolica, che volevano una politica meno anticlericale e più incline alla etica cattolica, in cambio della sua azione politica.
Con lui, gli ultimi residuati del documento del "non expedit" furono di fatto completamente abrogati, dato che i cattolici preferivano un'alleanza coi liberali, al rischio di veder i socialisti della fazione rivoluzionaria vincere.
Vi è anche un tentativo di coinvolgere i nazionalisti per la questione coloniale, che, anche se riuscito solo in parte, servì a dare base ideologica al colonialismo italiano, fornendo la giustificazione razionale di tale comportamento al fascismo (di cui lui fu in seguito oppositore).
Giolitti fu accusato da Salvemini di servirsi, al Sud, dei servizi offerti dalla malavita per vincere le elezioni.
Del resto fu ministro e, successivamente, presidente del consiglio in varie fasi, dagli ultimissimi anni dell'Ottocento ai primi venti del Novecento e il trasformismo per restare al potere era iniziato, in Italia, con Cavour in persona e il cosiddetto "Connubio".
La sua rete di alleanze, sia politiche (lecite) che private (poco chiare) porterà anche al suffragio universale maschile per gli alfabetizzati e la sua personale dottrina di tipo liberale modernizzò il paese, istituendo le prime previdenze sociali.
Sarebbe necessario quello che io chiamo un revisionismo della figura e dell'azione di questo politico piemontese per sottrarlo alla mitizzazione, a volte positiva, troppo spesso negativa, a cui la sua memoria storica è soggetta.