Sopra: la copertina del volume di Pier Paolo Cotza
Sotto: presentazione del libro, da destra: l'editore Gino Di Virgilio, l'autore, il dirigente scolastico Luca Cancelliere e Angelo Abis (Cagliari, 3 marzo, sala conferenze del Rettorato dell'Università)
Ricorderete certamente la valanga di insulti che si riversò sul Psd'Az allorché strinse l'alleanza con la famigerata Lega di Salvini: fior di sardisti si stracciarono le vesti ed evocarono l'ira di Emilio Lussu che, a loro detta, si sarebbe rivoltato nella tomba per l'alleanza contro natura dei quattro mori con il carroccio della Lega. I più predissero una triste fine per i sardisti traditori.
E invece il risultato elettorale del 4 di marzo ha segnato una vittoria strabiliante per il partito dei quattro mori: quasi 94.000 voti, una percentuale del 10,9 alla Camera e dell'11,8 al Senato, due parlamentari eletti. Dopo 22 anni il Psd'Az ritorna in parlamento.
Vittoria ottenuta col tradimento degli ideali sardisti? Mero mercato delle vacche giusto per ottenere qualche poltrona parlamentare? Calunnie e solo calunnie.
Le stesse che per le elezioni del 1924 tentarono di infangare la fusione tra sardisti e fascisti che portò alla elezione di ben 5 parlamentari sardisti su 8 della lista fascista. Da quella fusione sorse allora una forza politica del tutto nuova: il sardo-fascismo, a tutt'oggi oggetto di studio della migliore storiografia contemporanea. Così come d'ora in avanti non sarà del tutto peregrino parlare di sardo-leghismo.
E, per dirla tutta, i più feroci detrattorii di quella fusione furono soprattutto i cosiddetti fascisti della prima ora capitanati dall'industriale, nonché proprietario dell'Unione Sarda, Ferruccio Sorcinelli, a cui il Comune di Cagliari ha intitolato una piazza. Già, perché i sardisti di allora l'alleanza la fecero direttamente, Lussu in testa, con i massimi esponenti del Pnf. Tant'è che Mussolini inviò in Sardegna a trattare un suo uomo di fiducia, il generale Gandolfo che era grande estimatore di Emilio Lussu e che considerava Sorcinelli poco più che un farabutto.
Detto ciò, capita a pennello la pubblicazione del libro "La verità sardista - 1919-1924" di Pier Paolo Cotza a cura dell'editore Gino Di Virgilio. Cotza non è uno storico, come suol dirsi con una espressione infelice, "professionista", ma uno che amante della propria terra non può non appassionarsi alle vicende della Sardegna sentendosi, in qualche modo, erede e al contempo debitore di quella storia.
Invero la cosiddetta non professionalità, più apparente che reale, non esime Cotza dal rigore scientifico nell'utilizzo delle fonti, nella valutazione dei fatti, nella descrizione dei personaggi. Ma l'autore non assume la posizione di un freddo giudice "super partes", bensì si fa coinvolgere dagli avvenimenti, dalle idee e dagli uomini che fa rivivere con quella passione partecipata che fa la vera differenza fra lo storico e un mero narratore. La fonte prevalente a cui Cotza attinge sono i quotidiani "L'Unione Sarda" e "La Nuova Sardegna" per il periodo 1919-1924, ovvero dalla costituzione dell'Associazione Nazionale Combattenti (Anac) alla promulgazione da parte del governo fascista della legge del miliardo. Questa periodizzazione non attiene solamente ai fatti che determinano sia l'inizio che il termine del sorgere del sardismo e del suo concludersi nel sardo-fascismo, ma bensì individua in quel periodo una stampa sarda che è al contempo non completamente imbrigliata dall'autoritarismo fascista ma pur sempre espressione del fascismo della prima ora.
La qual cosa fa sì che detta stampa esprima in termini abbastanza vivaci e violenti la propria avversione al sardismo filofascista e al contempo dia ampio spazio a quel sardismo che avversava la fusione, con qualche paradosso, come quello di considerare Mussolini e il generale Gandolfo degli ingenui creduloni raggirati dal doppio gioco sardista.
Per il lettore la sensazione è di passare in visione un periodo storico dove tutto viene presentato in maniera molto semplice e chiara, senza tante contorsioni ideologiche o ripensamenti del senno di poi.
Altrettanto chiare e semplici sono le considerazioni finali di Cotza:
1) la confluenza nel fascismo fu una operazione politica posta in essere dal gruppo dirigente sardista, con Lussu in testa, direttamente con i gerarchi di Roma e con lo stesso Mussolini, il quale fu il più deciso fautore della fusione, disposto a pagare un prezzo anche molto alto pur di portarla a compimento;
2) la fusione rappresentò una sconfitta irreversibile per il fascismo sardo.
Tutto ebbe fine con un telegramma di Mussolini del 1 maggio 1923: «
Plaudo avvenuta fusione nobilissime forze combattenti isolane. Spero presto poter dimostrare coi fatti mio amore profondo eroica Sardegna».
Così Cotza commenta il telegramma di Mussolini: «
Questo trafiletto conferma la riuscita fusione voluta da Mussolini e tanto desiderata dalla quasi totalità dei sardisti. Da questo momento in poi i capi sardisti assumeranno pieno controllo del colonizzato partito fascista. La fusione lascia al fascismo solo il nome, i vecchi vertici verranno tutti o quasi sostituiti con i dirigenti sardisti, le strutture sardiste cambiano nome ma non i dirigenti, che, cambiando camicia da grigia a nera, continuano a governare la Sardegna. La fusione è ormai avvenuta, anche se non completamente: oltre a Lussu, che ha dapprima guidato le trattative per poi cambiare idea, anche altri sardisti non aderiranno al partito fascista e continueranno a indossare la camicia grigia e a sventolare la bandiera dei quattro mori».
Facciamo osservare a Cotza che anche i sardo-fascisti continuarono a sventolare la bandiera dei quattro mori, magari col fascio al centro.