L'uccisione di Pietro Manunta
«Alviano, subito dopo l'8 settembre, era uno dei tanti paesi umbri, dove la gente attendeva con ansia l'arrivo degli Alleati e la fine della guerra evitando di schierarsi, salvo rare eccezioni, con i fascisti della R.S.I. o con i partigiani [...]. Pietro Manunta non comprese lo stato d'animo degli Alvianesi e pagò con la vita i suoi tentativi di costringerli a schierarsi e a combattere per un ideale fascista in cui ormai quasi nessuno più credeva [...], ma la sua morte provocò un susseguirsi di drammatici eventi che sconvolsero per vari mesi questa piccola comunità mostrando il volto crudele della guerra civile».
L'uccisione del Manunta non fu denunciata da nessuno e «soltanto dopo vari mesi, in occasione dell'attentato al federale di Terni Alberto Coppo e al giovane commissario di polizia di Amelia Gaetano Pattarozzi, si tornò a parlare di Pietro Manunta [...]. Alberto Coppo, il 12 settembre 1943, il giorno successivo all'arrivo a Terni dei Tedeschi, si era autonominato commissario federale per dimostrare che in città il fascismo esisteva ancora. Coppo non era un violento e per questo fu aspramente criticato dai duri della R.S.I. per il suo atteggiamento troppo benevolo nei confronti dei "ribelli"»
Il 12 marzo del '44, Coppo si recò in visita prima al Comune di Amelia e successivamente ad Alviano.
«Una volta giunto ad Amelia, Coppo si incontrò con Gaetano Pattarozzi, commissario federale del fascio locale, nonché commissario ausiliario di polizia ,il quale volle accompagnarlo ad Alviano con la sua Fiat 1100 nera guidata dal giovane autista Luigi Senisi, ausiliario di polizia di diciannove anni»
Al rientro da Alviano, «mentre la macchina stava per attraversare un ponticello, sbucarono cinque uomini armati che scaricarono i loro moschetti contro la macchina, dandosi poi alla fuga. L'autista Senisi, colpito al cuore e a un polmone spirò quasi subito. Due pallottole sfiorarono le guance di Pattarozzi mentre un'altra gli bruciò i capelli. Coppo rimase ferito alle mani e al volto da schegge di vetro [...]. Il fatto preoccupò tutti gli abitanti di Alviano, che deplorarono l'accaduto, mentre molti, presagirono le conseguenze che dall'atto insano, quanto inutile, sarebbero scaturite [...]. Alle ore 16 del 13 marzo piombò su Alviano un camion tedesco con una trentina di paracadutisti, una squadra di agenti del commissariato di Amelia e alcuni militi della G.N.R. tutti agli ordini di un certo capitano Schweigher. A breve distanza sopraggiunse una macchina con quattro uomini in borghese, fra cui Pattarozzi. Altri arresti da parte della polizia di Amelia si susseguirono sino ai primi di maggio».
(1) Pietro Manunta, nato a Bosa (NU) nel 1903, maresciallo capo dell'esercito, dopo l'8 settembre si iscrisse a Roma al Pfr e al contempo si arruolò nell'esercito tedesco, dove gli venne riconosciuto il grado di oberfeldwelb (maresciallo di seconda classe). Sequestrato da tre giovani partigiani nell'ottobre del '43, fu tenuto segregato per qualche settimana, poi venne ucciso con un colpo d'ascia alla testa. Il suo corpo fu poi gettato in un burrone e non fu mai ritrovato.