Il dopoguerra di Ruinas
Fu questo (l'incontro tra fascisti di sinistra e socialcomunisti) il leitmotiv che guidò l'azione politica di Ruinas nel dopoguerra. Nel mentre anche lui pagava la colpa di aver seguito sino in fondo Mussolini. Dopo il 25 aprile del '45, dovette nascondersi, ma, scoperto, venne arrestato il 13 maggio e trascorse un mese nel carcere di Venezia. Per sua fortuna fu assolto in istruttoria prima di dover comparire dinanzi a una Corte d'Assise straordinaria.
Nel 1947 fondò il periodico "Il Pensiero Nazionale", subito battezzato dagli avversari politici come organo dei "fascisti rossi". La linea politica del giornale è presto definita: no alle posizioni nostalgiche e reazionarie del M.S.I. - erede del "fascismo borghese" - i cui dirigenti vengono accusati di aver tradito gli ideali repubblicani e socialisti della R.S.I., di essersi «prostituiti alla D.C., ai monarchici, ai capitalisti, ai "colonizzatori anglo-americani"».
Rifiutò l'apologia indiscriminata tanto del fascismo quanto della resistenza. Lodò la componente popolare e rivoluzionaria di entrambi i movimenti, mentre disse tutto il male possibile della componente borghese e conservatrice che caratterizzò sia il fascismo che la resistenza.
Collaborarono alla rivista un gran numero di ex della R.S.I. di primo piano: l'ex segretario di Graziani, Colonnello Emilio Canevari, il Generale Beltrame, l'ex Sottosegretario alla Marina, Contrammiraglio Ferruccio Ferrini, Orfeo Sellani, ex Vicesegretario del P.N.F., gli ex federali di Salò, Gino Bardi di Roma, Ferruccio Cappi di Terni, Eugenio Montesi di Venezia. Alcuni scrittori come Marco Ramperti, Marcello Galian, Mario Massa, nonché il noto regista teatrale e cinematografico Anton Giulio Bragaglia e persino un noto scrittore antifascista, Luigi Bartolini, l'autore del romanzo "Ladri di biciclette", onorarono della loro firma il periodico di Ruinas.
L'attività politica di Ruinas conobbe diverse fasi: in un primo periodo, che arrivò sino al 1953, il Sardo tentò un'intesa con i socialcomunisti. Trovò udienza soprattutto nel P.C.I. di Togliatti, il quale da sempre aveva seguito con particolare interesse le idee e i fatti della "sinistra fascista". Ebbe proficui contatti con i massimi esponenti di quel partito e in particolare con Pajetta e Longo. Il P.C.I., interessato a traghettare nella propria area quanti più ex fascisti fosse possibile, finanziò per un certo periodo, anche se con cifre modeste, "Il Pensiero Nazionale"; ma non si arrivò mai a un accordo perché i comunisti pretendevano, per stipulare un'alleanza, che i "fascisti rossi" abiurassero alle proprie idee e al proprio passato. Cosa, questa, inaccettabile sia per Ruinas che per i suoi.
A partire dal 1956, Ruinas, insieme ad altri gruppuscoli neofascisti e a numerosi espulsi o fuoriusciti dal M.S.I., tentò di costituire un movimento di sinistra nazionale, equidistante sia dal P.C.I. che dal M.S.I.. Ma anche questo tentativo non ebbe successo, anche se, per il suo atteggiamento ostile alle cosiddette "sette sorelle" petrolifere e all'imperialismo americano, ebbe consistenti appoggi soprattutto finanziari, a livello nazionale da parte del presidente dell'E.N.I. Enrico Mattei e dell'esponente D.C. Aldo Moro, e a livello internazionale dai leaders arabi Nasser e Gheddafi.
"Il Pensiero Nazionale" cessò definitivamente le pubblicazioni nel 1977, e con esso si chiuse definitivamente l'esperienza politica di Stanis Ruinas, Sardo fascista eretico, mussoliniano fino alla morte che lo colse a Roma nel 1984.