EXCALIBUR 19 - maggio/giugno 2000
in questo numero

Anniversari: Sergio Ramelli - una storia che fa ancora paura

Riportiamo il testo della lettera pubblicata da "L'Unione Sarda" in occasione dell'anniversario della morte di Ramelli

di Simone Spiga
Striscione affisso a Cagliari in memoria dei camerati caduti
Commemorati i camerati caduti.
Ottanta persone hanno partecipato alla serata svoltasi lo scorso 29 aprile, 25º anniversario della morte di Sergio Ramelli, giovane militante del Fronte della Gioventù di Milano, in memoria dei camerati caduti negli anni settanta.
All'iniziativa, organizzata presso lo "Slot Club" di Via Caprera a Cagliari dal Circolo "Caravella" di A.G., da A.S., da A.U. e dall'Associazione "Vico San Lucifero", sono intervenuti i gruppi musicali "Razza Fuorilegge" e "Indole", dopodiché i militanti della sezione "Caravella" e i soci di "Vico San Lucifero" hanno affisso uno striscione commemorativo nel muro storico di Via Campania: «Un urlo che squarcia la notte, il sangue versato sulle strade, onore ai camerati caduti».
Milano 1975: la Milano delle industrie, della scalata socialista al potere, delle grandi manifestazioni di massa, ma anche la Milano degli scontri con la polizia, del sangue di Piazza Fontana, della caccia al fascista. In quegli anni è "di moda" la rivoluzione comunista: giovani borghesi ribelli, ma anche veri proletari, sognano le utopie maoiste e marxiste, e lo fanno nel modo più duro. Gli slogan intonati nelle piazze sono a senso unico: «camerata basco nero, il tuo posto è al cimitero«, «fascisti carogne tornate nelle fogne« e altri; l'elenco dei feriti, delle sedi politiche e sindacali distrutte, delle tipografie, abitazioni e redazioni giornalistiche bruciate era notevolissimo, per non parlare anche dei volantini che comparivano in città a firma delle Brigate Rosse, allora ancora sedicenti, con questi messaggi: «per ora colpiamo e continueremo a colpire cose, ma quando passeremo alle loro disgustose persone non sarà certo solo per massaggiargli i muscoli o le ossa«; per finire, i militanti e i dirigenti del M.S.I. che venivano riconosciuti erano immediatamente aggrediti o intimiditi.
In questo contesto il 13 marzo del 1975 un giovane diciottenne viene sprangato sotto casa sua dalle bande armate della volante rossa, mentre torna da scuola, massacrato da due studenti di medicina che gli spappolano il cranio a colpi di chiave inglese.
Era un ragazzo normale, Sergio Ramelli: la scuola, il calcio, la fidanzata. E una colpa terribile: militare nel Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile del M.S.I..
Quel giorno Avanguardia Operaia aveva deciso: bisognava dare una "lezione" a un fascista. Un'aggressione scientificamente studiata: gli appostamenti, le fotografie, grazie alle quali gli assassini riconosceranno il loro obiettivo, le chiavi inglesi. Ma lui, quel maledetto 13 marzo, sotto casa non riesce nemmeno a chiudere il lucchetto del suo motorino: viene aggredito a colpi di spranga e di chiave inglese da un gruppo di estremisti di sinistra. La sua difesa è vana, cade a terra sotto gli incessanti colpi dei suoi aggressori, che continuano a picchiarlo alla testa nonostante giaccia sul marciapiede privo di sensi. Portato all'ospedale, dopo 47 giorni di agonia, muore il 29 aprile 1975.
Per la destra politica questa morte ha rappresentato un durissimo colpo, sia per il modo in cui è stato ucciso questo ragazzo, che per la sua giovanissima età.
Mercoledì 30 aprile tutti i giornali dell'Italia antifascista hanno aperto dedicando un bel po' di spazio alla morte di Sergio Ramelli; pur essendo un "fascista" del Fronte della Gioventù e un appartenente all'odiato partito concorrente nella lizza elettorale, non poteva essere imputato di violenze, non era noto come "picchiatore" e non aveva precedenti tali che consentissero di parlare di lui come di uno dei tanti "teppisti neri".
Questo non è un modo per mettere benzina sul fuoco, ma l'unico modo per ricordare un giovane morto per le sue idee, un camerata, nel suo ricordo 25 anni di lotta e di amore per un idea.
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