Sopra: "Corsica, battaglie e solitudini" di Pier Luigi Piras
(cliccare sull'immagine per ingrandire)
Sotto: il 6 gennaio 1980 il paese di Bastelica è il teatro di
una singolare operazione, il tentativo fallito di uccidere il
militante nazionalista Marcel Lorenzoni a opera di un
commando di polizia parallela
Tre secoli di lotta del popolo corso per conservare la propria identità.
Il libro "Corsica, battaglie e solitudini" (pubblicato i primi di luglio 2023 per i tipi Radio Spada edizioni) riassume, per figure significative, trecento anni di storia còrsa, all'incirca. Dal 1729, con l'episodio della ribellione personale di Cardone, al 2022, con la tragica fine di Yvan Colonna nel carcere di Arles.
La significatività delle figure individuate e illustrate, al di là della loro apparente lontananza, dipende dalla loro intrinseca "familiarità", ossia dal fatto di appartenere alla stessa dimensione di senso: sono tutte pertanto legate le une alle altre, dato che parlano di una medesima vicenda storica, quella del popolo còrso.
Il quale popolo continua a esistere perché esiste la cultura dei Còrsi. Ancora, perché si tramandano e vengono coltivati importanti valori di vita e comunità che rimandano sempre alla irriducibile matrice cristiana. Altrimenti avremmo al massimo una serie di individui più o meno casualmente convergenti verso certi luoghi fisici, come avviene ad esempio per molte località belghe (che belghe più non sono), inglesi (che inglesi più non sono) o della stessa Francia (che francesi più non sono).
Tale significativo legame storico e culturale è venuto definendosi, lungo il faticoso lavoro di indagine, come un "animus iniuriandi" che è presente e vivo ancora in una quota elevata di chi abita le località còrse (che còrse, nonostante tutto, sono).
Una forte "intenzione di recare offesa" verso coloro che già di fatto hanno prima loro recato offesa. Laddove qui la voce verbale "recare" non implica che si sia i primi a elaborare la precisa intenzione di offendere e che non si sia gli originari cagionanti del male fatto.
La reazione di coloro che hanno subito l'invasione nei rispetti degli invasori. L'iniuria è certamente un'azione che contrasta con qualche principio della dottrina del diritto, ma occorrerebbe sempre vedere chi è l'artefice di questa dottrina (se la dottrina è genovese o francese, il contrasto in linea di principio agli occhi del Còrso non si delinea così tanto spontaneamente).
Un moto semplice, semplicissimo di difesa. Ecco perché di solito non stupisce il visitatore preparato l'atteggiamento del Còrso che se ne sta sulla difensiva; ne ha ben donde, quest'ultimo, nel mettersi in posizione da potersi difendere, nel porsi in guardia contro ogni eventuale pericolo che dovesse provenire da fuori, dal mare. Troppe se ne sono viste.
Quell'"animus" è "lo spirito inquieto di Cardone", quanto vi è cioè di più profondo e vero nella mentalità del Còrso.
Il 27 dicembre 1729 il povero vecchio Antòn Francescu Defranchi, soprannominato "Cardone", si rifiuta di versare nelle mani del tenente Giovanbattista Gallo l'intera cifra della odiosa imposta dei Due Seìni: prese così rapidamente avvio una rivolta popolare che si protrasse, nella sua prima fase, sino alla primavera del 1731, con la celebrazione del Congresso teologico di Corte. Una clamorosa rivolta di popolo contro l'esosità della tassazione continua e contro l'obbligo alla rinuncia dell'uso delle armi per la difesa personale, che evidenziava tutte le crepe profonde della mala gestione genovese sull'Isola.
Fu come se dalla spontanea ostinazione del povero Cardone fosse derivata una nuova coscienza collettiva fra gli abitanti della piève di Boziu riguardo alla possibilità di opporsi alle angherie degli occupanti e cominciasse a formarsi un senso condiviso di appartenenza a un popolo che avrebbe quindi costituito la prima fondamentale base ideale per l'affermazione dell'istanza nazionale.
Il 13 giugno 1769 il condottiero Pasquale Paoli diede ordine che si sciogliessero le fila delle poche milizie rimaste ancora a combattere contro le truppe francesi e si imbarcò per l'Inghilterra per riparare in esilio: decisiva era risultata la sconfitta riportata nella battaglia di Ponte Novu, fra l'8 e il 9 maggio di quella stessa memorabile primavera.
Prevalsero i soldati di Luigi XV, facendo crollare i sogni di costruzione di uno Stato indipendente di Corsica.
Nel quinquennium successivo i fremiti di ribellione non cessarono e la data del 21 giugno 1774 è associata alla strage di Niolu ("l'impicati di u Niolu"), quando a essere fatti oggetto di una esecuzione sommaria furono undici valorosi del villaggio di Corscia: il conte di Narbona (aiutato dal Generale Léopold Sionville) aveva scatenato una caccia spietata contro tutti coloro che possedevano un'arma di difesa, imposizione che il gruppo di rivoltosi niolinchi non avrebbe potuto accettare passivamente.
Un uomo disarmato è un uomo che non può difendersi. Fra essi la menzione immancabile si rivolge a Marcu Maria Albertini, di soli 17 anni. Una delle tante figure di giovani martiri che costellano l'immaginario collettivo di un popolo valente.
Si spiega così, con la promissione che nascendo sull'Isola si fa di sé stessi a Dio e alla Patria, la riproduzione del cardonismo fino ai giorni nostri.
Dall'episodio dell'assalto alla fattoria Depeille ad Aléria nel 1975 comincia l'epoca del risveglio in chiave nazionale, che si protende fino alle nutrite manifestazioni in ricordo di Yvan Colonna, passando come minimo attraverso il caso Bastelica-Fesch del 1980 e il caso Érignac del 1998.
Queste figure, questi episodi, questi casi costituiscono i tasselli della memoria dei Còrsi.
Difficile trovare oggi un Còrso che non sappia di che si sta parlando quando si tirano nuovamente in ballo quei momenti.
Per gli isolani si tratta di passaggi costitutivi della propria identità. Perciò ne ho voluto ripercorrere gli aspetti essenziali.
So bene di non avere da insegnare alcunché ai Còrsi, ma so altrettanto bene da avere qualche stimolo e provocazione da proporre ai Sardi e agli Italiani in genere.