La copertina del volume di Gabriele Loi
Storia non banale della cittadina portuale del basso Sulcis.
Quando mi fu consegnato il volume di Gabriele Loi "Sant' Antioco nel ventennio sardo-fascista" ebbi un motto di stupore per la consistenza del testo, un formato gigante di ben 490 pagine. Da qui il sospetto di una narrazione esorbitante rispetto all'importanza della cittadina sulcitana.
Ma così non è. Già quel "sardo-fascista" collocato nel titolo in maniera sicura inserisce Loi nel novero di quegli storici, che, a partire dagli anni '90, hanno definito il sardo-fascismo come una forma del tutto originale di fascismo, specifico della Sardegna, sorto dall'incontro delle istanze del Partito Sardo d'Azione con quelli che erano i desiderata, non tanto del fascismo sardo, quanto di Mussolini.
Detto un po' crudamente, nel 1923 il sardismo sconfisse il fascismo della prima ora, rappresentato dai Sorcinelli e dai Caput, e si impossessò di tutte le leve di potere dell'Isola.
Ma questo non fu il principale motore che spinse Loi a scrivere il libro.
Il perché ce lo spiega lo stesso autore nella premessa: «
Sono arrivato al secondo libro della lunga e faticosa trilogia iniziata con "Antiochensi nella Leggenda del Piave", che si concluderà col terzo volume sulla seconda guerra mondiale.
Quando terminai il lavoro sulla guerra del '15-'18, avevo già pronta la bozza sui combattenti del secondo conflitto mondiale; mi resi conto però che nella ricerca c'era un vuoto di 20 anni, quelli del regime fascista. Si trattava di un lavoro impegnativo e difficile da ricostruire...
Ma la voglia di raccontare Sant'Antioco negli anni del regime accentuava fortemente la mia passione per quel periodo storico».
È questa passione che spinge Loi a sfogliare un gran numero di giornali di ogni orientamento, a consultare tutti gli archivi pubblici e privati e soprattutto ad ascoltare la narrazione di centinaia di persone di ogni ceto sociale e di ogni livello di istruzione, la cui testimonianza rappresentava un importante tassello per una ricostruzione storica non superficiale.
Ne è venuto fuori non solo uno spaccato di storia raccontato senza pregiudiziali di ordine morale, ideologico o politico, ma anche «
la saga di una intera generazione, uomini grandi e piccoli i cui orientamenti politici hanno condizionato il cammino di Sant'Antioco».
Ed è singolare - e Loi lo mette ben in rilievo - come paradossalmente, proprio sotto la dittatura, si creò una partecipazione corale e sentita di tutto un popolo alla vita politica locale e nazionale.
E, mai come allora, quei piccoli e modesti gruppi dirigenti locali diedero tutti sé stessi, operando in condizioni proibitive, per risolvere gli annosi problemi di Sant'Antioco, che poi erano quelli di tutti i comuni dell'Isola.
Davanti ai nostri occhi si muovono uomini, donne, ragazzi, tutti diversi tra di loro, ma uniti dal fatto che, in misura più o meno importante, col loro agire, per vent'anni hanno lasciato una traccia rilevante nella società. In parole povere hanno fatto la storia di quei vent'anni.
Detto questo sarebbe tuttavia riduttivo collocare il testo di Loi nella microstoria e nella storiografia locale, pur entrambe meritevoli ed essenziali per una comprensione incisiva dei fatti storici. Perché Loi pone ogni singolo fatto locale nella cornice più ampia della storia regionale e di quella nazionale. Da qui una rassegna approfondita e per certi versi originale di tante pagine di storia, dal primo dopoguerra alla nascita del fascismo, dalla guerra d'Etiopia all'autarchia, sino alla sconfitta nel secondo conflitto mondiale.
Per concludere, Loi tratta in maniera mirabile il momento clou di Sant'Antioco, quando per una serie di circostanze si trovò ad essere un nodo essenziale della politica autarchica e dello sfruttamento del giacimento del carbone Sulcis.
A partire dalla fine del 1935, da quando cioè fu istituita l'A.Ca.I. (Azienda Carboni Italiani) con a capo l'industriale ebreo Segre, il quale ricevette da Mussolini la direttiva di fare del Sulcis la "Ruhr del Mediterraneo", apparve chiaro a tutti, ma soprattutto a Segre, che il Sulcis per svilupparsi industrialmente aveva bisogno di una struttura portuale atta a garantire il carico e l'inoltro dei minerali e questa struttura non poteva che essere il porto di Sant'Antioco, il quale, ironia della sorte, era stato addirittura declassato, nel 1926, con decreto dell'allora ministro della marina Costanzo Ciano.
Poiché non c'era tempo da perdere e i soldi non mancavano, Sant'Antico si trasformò in un immenso cantiere. In tempi relativamente brevi fu ampliato il porto, dotandolo di attrezzature modernissime. Fu anche creata la compagnia portuale "Michele Bianchi", che assunse centinaia di operai.
Nel 1940, la cittadina sulcitana, che aveva quasi raddoppiato la propria popolazione, vantava una presenza industriale di tutto rispetto.
C'era lo stabilimento Acai per la distillazione del carbone con 275 dipendenti, la Società Carbonifera Sarda con 165 occupati, la compagnia portuale con 303 dipendenti.
E ancora la società Litopone per la lavorazione della barite, la Samis per la produzione del magnesio, la centrale termoelettrica di Santa Caterina, la cooperativa per il mercato all'ingrosso del pesce.
In finale, una preghiera a Gabriele Loi. Poiché il libro non è in vendita ed è stato distribuito solo a Sant'Antioco, non è possibile una maggiore diffusione, ovviamente facendolo pagare, magari servendosi di canali online tipo Amazon?