EXCALIBUR 154 - maggio 2023
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Il movimentato trentennio del Sindaco Bacaredda

Cagliari, 1906: sciopero generale al Bastione di Saint Remy
Cagliari, 1906: sciopero generale al Bastione di Saint Remy
Il più convinto sostenitore e l'artefice del trasferimento di sede del Palazzo Civico fu l'allora Sindaco di Cagliari, l'Avvocato Ottone Bacaredda(11). Le strutture murarie dell'edificio vennero realizzate, tra l'aprile 1899 e il marzo 1907, dall'Impresa Fratelli Barbera, che in quegli anni stava realizzando anche il nuovo ponte della Scafa. Si trattava di un'opera davvero imponente e fuori dal comune che, per il suo carattere di novità, determinò un certo disorientamento fra gli stessi componenti della commissione esaminatrice i quali, pur intravedendo «un artista fecondo e originale»(12), assegnarono al progetto (contraddistinto dal motto "Palmas") il secondo posto. Fu il Consiglio comunale, con un voto a sorpresa, a ribaltare il verdetto deliberando a favore dello stesso.
La stessa scelta dell'area dove realizzare il nuovo Palazzo Civico segnò una grande discontinuità nella storia, non solo architettonica e urbanistica, ma anche sociale e "ideologica" della città. L'edificio guarda verso il mare, fuori e oltre i confini fisici della città murata, non è più all'ombra del Palazzo Viceregio, della Cattedrale e dell'Episcopio ed è distante anche dalle dimore patrizie e dai luoghi che, più in generale, hanno determinato, nel corso di una vicenda plurisecolare, la storia di Cagliari. Come è stato osservato(13), col Palazzo Civico si attuò un vero e proprio «rovesciamento della direzione storica tradizionale». Da un certo punto di vista, l'edificio voleva anche simboleggiare le aspirazioni della città a uno sviluppo economico e commerciale in ambito mediterraneo. Ma doveva essere anche il simbolo di un nuovo modo di governare, più aperto e democratico, sensibile alle esigenze dei cittadini.
In questo clima di crescita caotica e di progresso, peraltro, il benessere non investì tutti gli strati sociali. I prezzi aumentavano in modo vertiginoso e a esserne colpiti erano soprattutto gli operai e gli impiegati a reddito fisso. Molti di loro consideravano il nuovo Palazzo comunale, la cui edificazione era in corso da diversi anni, un inutile spreco di danaro pubblico e comunque un lusso che la città non poteva permettersi.
Il 1906 era destinato a segnare in modo violento la storia della città. Dopo le prime lamentele degli impiegati contro la continua lievitazione dei prezzi, il 24 febbraio i portuali proclamarono lo sciopero per ottenere l'aumento del salario e la riduzione dell'orario di lavoro. Il 25 marzo fu la volta dei commessi dei negozi, che protestarono per il riconoscimento del riposo festivo. Il 7 maggio entrarono in agitazione i fornai e infine gli operai e le sigaraie della Manifattura Tabacchi, che il 13 maggio organizzarono una memorabile giornata di protesta contro il carovita nella grande terrazza del bastione di Saint Remy.
La tensione sociale presente in città, e in particolare nei quartieri della Marina e di Villanova, era assai forte, al punto che la popolazione assediò i forni per la panificazione. Il 14 maggio, il Sindaco Bacaredda, con un manifesto affisso in tutta la città, annunciò l'istituzione in via sperimentale di due "mercati liberi" (uno in Piazza del Carmine e l'altro all'imbocco del Terrapieno) nei quali sarebbe stata possibile la compravendita di qualsiasi genere senza dover pagare la tassa comunale.
La notizia, anziché calmare le acque, esasperò l'animo dei dettaglianti del mercato del Largo Carlo Felice, che restavano gravati di oneri da cui venivano esentati gli operatori dei nuovi "mercati liberi". Di qui il loro rifiuto di versare il tributo all'esattore municipale. In risposta alle proteste di venditori e acquirenti, venne decisa la chiusura del mercato. Il provvedimento infiammò maggiormente gli animi. Si formò un corteo di protesta che si diresse verso la Manifattura Tabacchi, che diventò il punto di riferimento, anche simbolico, dei manifestanti che raggiunsero la stazione delle Ferrovie Reali, dove l'ampio schieramento di soldati armati di fucili con le baionette inastate irritò i dimostranti: lo giudicarono un atto provocatorio e reagirono con una fitta sassaiola. L'atmosfera si fece sempre più pesante e l'impeto popolare fu destinato a dilagare.
La folla era incontrollabile e volle punire i simboli di tutto ciò che considerava la causa degli alti prezzi e della miseria: i casotti daziari, il torrino della "quarta regia" e la linea tramviaria a vapore che, collegando la città con i più vicini centri del Campidano, aveva messo sul lastrico i piccoli trasportatori che svolgevano la stessa attività con i carri tradizionali e i carretti trainati dagli animali. I convogli del tram vennero rovesciati e la linea ferrata fu divelta in più punti.
A seguito degli scontri con le forze dell'ordine, il bilancio fu pesante: si registrarono decine di feriti, da una parte e dall'altra, e due morti tra i dimostranti. Per il 15 maggio 1906 venne proclamata una giornata di sciopero. In serata la Giunta municipale, guidata dal Sindaco Bacaredda, rassegnò le dimissioni e il giorno successivo si insediò il commissario prefettizio(14). Ma Bacaredda ben presto venne rieletto sindaco e i lavori di costruzione del nuovo Palazzo Civico, nel 1907, poterono essere ultimati, mentre restava da completare il ricco apparato decorativo. All'artista cagliaritano Filippo Figari si devono le opere più significative collocate nell'Aula consiliare e nella Sala dei matrimoni.
È passato oltre un secolo dall'inaugurazione ufficiale del Palazzo Civico e la storia ha sicuramente dato ragione a quanti auspicavano l'inserimento di Cagliari e della Sardegna nella cultura italiana ed europea. In questa direzione l'opera di Caselli e Rigotti ha sicuramente fornito un contributo importante offrendo soluzioni di elevato livello anche da un punto di vista della storia dell'architettura.
(11) Nato a Cagliari nel 1848, sia pure con alcune interruzioni, ricoprì la carica di sindaco dal novembre 1889 sino alla sua morte avvenuta il 26 dicembre 1921: oltre trent'anni segnati da importanti trasformazioni urbanistiche, economiche e sociali. Rappresentante delle idee della borghesia emergente, il suo governo segnò la definitiva rottura col passato.
(12) Cfr. M. Pintus, "Il rilievo del Palazzo Comunale di Cagliari", Quartu Sant'Elena, 1981.
(13) S. Naitza, "Il Palazzo Civico", Cagliari, 1971, pag. 12.
(14) Su queste vicende, Bacaredda lasciò memoria in un libro ironicamente intitolato "L'Ottantanove cagliaritano", pubblicato nel 1909; vedere anche P. De Magistris, "Il Palazzo Civico e i fatti del 1906" in "Nuovo bollettino bibliografico sardo e Archivio tradizioni popolari", XI, n. 66, Cagliari, 1968.
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