Il recupero dei fascisti

Per un altro verso non si poteva impostare una qualche politica di unità nazionale con oltre 50 mila fascisti incarcerati e altre decine di migliaia latitanti con altrettante famiglie che vivevano nell'indigenza e nella paura.
I fascisti, malgrado tutto, costituivano ancora l'asse portante dell'apparato produttivo, delle istituzioni pubbliche e delle stesse forze armate: recuperarli diventava un'esigenza prioritaria.
Per prima cosa si procedette a far cadere il governo di Ferruccio Parri, in carica da appena sei mesi. Il pretesto lo diedero i liberali che si dimisero dal governo per protesta contro la politica di epurazione. In realtà i veri artefici del "colpo di stato" (tale lo definì lo stesso Parri in una conferenza stampa nella quale annunciava le proprie dimissioni) furono De Gasperi e Togliatti. Tutto ciò avvenne nel dicembre 1945. Subito dopo iniziarono le trattative col movimento fascista clandestino.
Il governo De Gasperi, succeduto a Parri, in vista del referendum repubblicano che si sarebbe tenuto il 2 giugno del 1946 paventava eventuali tentativi eversivi da parte dei monarchici tesi a inficiarne l'esito. D'altro canto, però, i monarchici temevano che una loro vittoria al referendum potesse scatenare la violenza delle sinistre. Da qui il timore, condiviso da entrambi gli schieramenti, che l'elemento neofascista potesse in qualche modo ribaltare il risultato del referendum schierandosi con la paventata azione eversiva dello schieramento avversario. Da qui l'esigenza, sentita da tutti, di trattare con tutto l'ambiente del fascismo clandestino e non più, come invece si era fatto sino a quel momento, soprattutto da parte del Pci ⁽⁴⁾, con singole personalità ex fasciste.

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⁽⁴⁾ Per un quadro globale dei rapporti tra fascisti e Pci vedere Paolo Buchignani, "Fascisti rossi - Da Salò al Pci, la storia sconosciuta di una migrazione politica", ed. Mondadori, Milano 2007.