EXCALIBUR 149 - gennaio 2023
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Alle origini dell'amnistia

<b>Giorgio Almirante</b>, Segretario Msi dal 1948 al 1950 e dal 1969 al 1987
Giorgio Almirante, Segretario
Msi dal 1948 al 1950 e dal 1969 al
1987
Il giudizio di Almirante era riduttivo: l'amnistia nasceva da motivazioni più alte, che andavano ben oltre le esigenze di bottega di partito (di tutti i partiti), che pure ci furono. Motivazioni che avevano a che fare col quadro politico internazionale in cui l'Italia si trovò a operare in quello scorcio del 1946, quando, passata l'ubriacatura della liberazione, si prese coscienza non solo di essere un paese sconfitto e ancora considerato nemico dai suoi liberatori, ma anche occupato e soggetto alle disposizioni della commissione di controllo alleata.
La quale commissione non gradì affatto la promulgazione dell'amnistia, tant'è che il 25 giugno del 1946 l'Ammiraglio Stone(3), commissario capo della commissione, così scrisse al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi: «Apprendo che il consiglio dei ministri ha in esame un decreto legge in base al quale verrebbe concessa un'amnistia ad alcuni individui condannati dai tribunali italiani dopo l'8 settembre del 1943.
Ai sensi dell'art. 30 del lungo armistizio e della dichiarazione di Mosca del 1943, i governi alleati sono interessati al contenuto del sopra citato decreto per tutto ciò che riferisce a persone fasciste.
Le sarò grato perciò, caro Signor Presidente, se vorrà farmi avere lo schema definitivo di detto decreto e tenermi informato in merito
».
La classe politica italiana succeduta al fascismo fece eccessivo affidamento sulle ingannevoli promesse degli Alleati: pensava che l'essersi sbarazzata di Mussolini, l'aver dichiarato guerra alla Germania, l'aver fatto la resistenza fossero condizioni più che sufficienti per ottenere una pace onorevole o, quantomeno, per salvaguardare almeno l'integrità del territorio nazionale.
Gli Alleati, a partire dal maggio del 1945, rimarcarono nella maniera più brutale il fatto che l'Italia era un paese sconfitto e che gli Italiani (tutti gli Italiani, fascisti e non) dovevano considerarsi nemici almeno sino alla sottoscrizione del trattato di pace.
Si andò dall'arresto di migliaia di partigiani rei di non aver ottemperato alle disposizioni del comando alleato, soprattutto per ciò che concerneva la consegna delle armi, all'arresto di Pietro Nenni, ministro del governo, per aver tenuto una riunione a Vercelli senza la preventiva autorizzazione del comando alleato.
Ci fu poi la divulgazione delle clausole del cosiddetto armistizio lungo, tenute sino ad allora segrete, e infine i diktat del trattato di pace con la cessione di parti importanti del territorio nazionale, la perdita delle colonie, la consegna della nostra flotta, il pagamento di enormi somme per danni di guerra, il sequestro dei beni italiani in tutti i paesi nostri ex nemici (oltre venti).
Altro che sconfitta del fascismo e dei fascisti! Qui pagavano tutti: dai monarchici ai comunisti, dai partigiani a tutti gli antifascisti della prima e dell'ultima ora! E, per giunta, dovevano pagare avendo in passato pensato di dover incassare in quanto vincitori del "Tedesco invasore"! A fronte di una tale situazione, per cui gli antifascisti erano più sconfitti degli stessi fascisti, la parte più avveduta della classe dirigente italiana non poteva non pensare che occorresse reagire contro gli Alleati vincitori e occupanti mobilitando tutte le forze della nazione col fine di modificare in qualche modo le clausole del trattato di pace e di restituire all'Italia quel ruolo di potenza al quale avevamo sempre ambito e a cui neppure nel '46 intendevamo rinunciare.
Tra le forze utilizzabili non poteva esserci la monarchia, troppo screditata per le note vicende dell'8 settembre, né, paradossalmente, poteva esserci la resistenza, legata pure essa alle clausole dell'armistizio che aveva inspiegabilmente sottoscritto nel dicembre del 1944.
In ogni caso, poi, la resistenza, nella sua ala più "rivoluzionaria", era legata a doppio filo con l'Unione Sovietica e col movimento partigiano jugoslavo, principale rivendicatore delle terre italiane.
Per giunta, il governo Parri, insediatosi nel giugno del 1945, aveva come punto principale del proprio programma l'epurazione di tutti i fascisti dalle istituzioni dello Stato.
(3) Cfr. Mimmo Franzinelli, "L'amnistia Togliatti - 22 giugno 1946 - Colpo di spugna sui crimini fascisti", pag. 58, ed. Mondatori, Milano 2006.
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