Non è semplice tracciare, in poche cartelle, il profilo biografico di Gianni Filippini. Perché la sua è stata una vita davvero intensa, impegnata: una vita da protagonista che, per oltre cinquant'anni, ha segnato le vicende culturali della Sardegna.
Al "giornale" - così veniva chiamato il quotidiano "L'Unione Sarda" - c'era arrivato da giovanissimo. Era stato assunto l'8 gennaio 1954, a soli 22 anni, e con grande umiltà aveva iniziato a lavorare come correttore di bozze. Dopo un anno e mezzo, il 1 luglio 1955, era già iscritto all'Albo dei Giornalisti come "professionista". Da allora, e per più di 60 anni, "L'Unione Sarda" sarà la sua casa, lo spazio che gli avrebbe consentito di saldare la sua forte passione civile alle competenze professionali.
Filippini è stato un grande giornalista. Al fiuto del cronista, abituato a rovistare tra le pieghe del reale, ha unito la classicità di un'autentica cultura che apre larghe prospettive e permette interpretazioni di ampio respiro che inseriscono l'effimero nel vasto orizzonte storico. È stato un giornalista che ha imparato a capire il mondo dai grandi libri e attraverso i viaggi, ma anche andando da giovane in bicicletta, a prendere nota, per il giornale, del ladruncolo messo in guardina o del vecchio ricoverato dopo un investimento sulle strisce pedonali.
Presto consegue la laurea in giurisprudenza, ma ciò non determina alcun cambio di rotta: il suo destino è nella redazione di Viale Regina Elena, dove all'inizio si occupa di cronaca e di sport. Poi, negli anni Sessanta, diventa il responsabile per la cultura e lo spettacolo, quella che si chiamava "terza pagina" (proprio perché nei quotidiani era rigorosamente alla pagina 3). Dopo essere stato capo redattore (dal 1969 al 1973) e vice direttore (dal 1973 al 1976), dal 1 gennaio 1977 subentra a Fabio Maria Crivelli nella carica di direttore, che mantiene sino alla fine del febbraio del 1986.
Quindi, senza soluzione di continuità, assume cariche dirigenziali nelle società "L'Unione Sarda" e "Videolina" (allora facenti capo all'imprenditore Nicola Grauso). Sono anni molto importanti per il gruppo sardo, che si rinnova dal punto di vista tecnologico e consolida una posizione importante nel panorama editoriale nazionale. Di tale successo Filippini è uno dei principali protagonisti.
Sicuramente, in un mondo fatto di relazioni, i suoi modi garbati, il suo tratto signorile, ma anche la sua delicata ironia hanno avuto un ruolo non secondario per l'affermazione del gruppo editoriale. In molti lo definiranno un "vero gentiluomo", ma era anche uno che sapeva scegliere e valorizzare le competenze. Era orgoglioso di aver assunto la prima giornalista donna nella storia del quotidiano "L'Unione Sarda"; e non perché fosse donna (non sarebbe certo bastato), ma in quanto davvero brava. Il riferimento è a Maria Paola Masala.
Avuto riguardo alla collocazione politica, Filippini era un "liberale". Ma la sua era un'adesione solo ideale, posto che era sempre rimasto distante da un mondo che in fondo non apprezzava. Eppure nel 1994 lo ritroviamo, come assessore "tecnico", nella giunta guidata da Mariano Delogu, che entrò in carica il 1 luglio: a lui la delega alla cultura, pubblica istruzione, beni culturali, spettacolo, musei, edilizia scolastica e teatro civico. Ci volle tutta l'abilità di Delogu per convincerlo a mettersi a disposizione della città (non della politica). Venne riconfermato nell'incarico nella seconda giunta formata dallo stesso Delogu dopo le elezioni del 24 maggio 1998 e rimasta in carica fino alle dimissioni del sindaco che, nel 2001, si candidò e venne eletto al Senato.
Durante i sette anni di assessore Filippini fece cose importanti. A iniziare da "Cagliari Monumenti Aperti", che con lui e grazie all'associazione Ipogeo, nel 1997, conobbe l'avvio della fortunata serie: fu un successo davvero eccezionale.
In un fine settimana di maggio, decine di migliaia di Cagliaritani e forestieri andarono alla scoperta (o alla riscoperta) dello straordinario patrimonio storico, artistico e ambientale della città. Ebbe così inizio una stagione culturale davvero vivace e coinvolgente.
Insomma, sotto la guida di un impareggiabile Gianni Filippini, l'Assessorato alla cultura - con la preziosa e insostituibile collaborazione di associazioni, gruppi ambientalisti, scuole, istituzioni, enti pubblici e privati - poté lanciare «
l'emozionante scommessa per una Cagliari più conosciuta e, quindi, più amata», come ebbe a dire l'allora assessore. Al riguardo, non vi è dubbio che la riscoperta delle testimonianze del passato contribuisca a rafforzare l'identità cittadina e il senso di appartenenza alla comunità.
Di ciò era fortemente convinto Filippini che, nel maggio 2003, diventato direttore editoriale del gruppo "L'Unione Sarda", ormai passato all'imprenditore Sergio Zuncheddu, fu tra i promotori della "Collana dell'identità": un'iniziativa culturale di notevole importanza che ha visto la pubblicazione di diverse centinaia di titoli di vari autori raccolti in una ventina di collane. Quella temperie culturale consentì anche la pubblicazione, in edizione anastatica, dei "Quaderni del carcere" di Antonio Gramsci, uno strumento essenziale per quanti intendono studiare il grande intellettuale sardo al di fuori degli stereotipi e delle manipolazioni di parte.
Uomo di grande equilibrio, sensibilità e cultura, ha collaborato alla Rai, dove ha condotto programmi radiofonici e una rubrica, "Sardegna in libreria", di informazione letteraria e libraria. Assai fortunata la trasmissione "Sardegna d'autore", dedicata alle novità librarie pubblicate in Sardegna, andata in onda su "Videolina" tutte le settimane per oltre 15 anni (circa 800 puntate). Con tale programma ha avuto modo di confermare le sue grandi doti di comunicatore. Ha scritto anche diversi saggi di carattere storico apparsi su libri e riviste specializzate e ha tenuto centinaia di conferenze.
Per alcuni anni è stato consigliere di amministrazione del Teatro Lirico di Cagliari e della "Fondazione Siotto", garante dell'associazione "Amici del Libro", presidente o giurato di qualificati premi letterari (tra cui il "Premio Dessì") e giornalistici, rotariano d'antica fede. Filippini era anche un grande appassionato di calcio e un acceso tifoso del Cagliari: raramente perdeva una partita. Ma era altresì un assiduo frequentatore del teatro: sia per i concerti di musica classica che per la prosa. E poi il suo interesse, davvero smisurato, per i viaggi: una volta mi raccontò che, da ragazzo, era partito in automobile con Mariano Delogu diretto verso i paesi dell'Est. Erano i tempi della "cortina di ferro" e i due giovanotti non passarono inosservati ai funzionari di polizia. Ci volle tutta la freddezza e l'astuzia dell'Avvocato Delogu per ritornare a casa sani e salvi.
Filippini era un amante della cultura e, in fondo, della vita. Fino all'ultimo è stato pieno di slanci e prodigo di consigli che attingeva dalla sua esemplare etica professionale e da una vastissima cultura. Spesso, in redazione e non solo, distillava consigli con tono paterno, ma senza paternalismi. È restato in attività sino alla fine, allorché, raggiunto da quella fragilità estrema che conclude ogni impavida lotta di vivere, ha dovuto abbandonare la scena.