Sopra: Ezra Pound negli anni '30 e a fine anni '50
Sotto: Venezia 1967, intervista di Pier Paolo Pasolini a Ezra Pound
La mia conoscenza di Ezra Pound risale al 1964. Mi trovavo allora a svolgere il servizio militare a Trieste nel 151º Reggimento della "Brigata Sassari".
In quella città ero solito frequentare la biblioteca dell'istituzione culturale americana Usis (il corrispettivo Usa della nostra Dante Alighieri, per la diffusione della cultura all'estero). Non che avessi particolari simpatie per gli Americani, anzi!
Avevo però scoperto che avere in prestito libri dalla biblioteca americana era semplicissimo: niente incombenze burocratiche, niente fondi di garanzia, molta elasticità per i libri da portare a casa. Insomma, a differenza delle biblioteche nostrane, ti consideravano un normale cittadino e non un potenziale ladro o distruttore di libri.
Avevo già sentito parlare di Pound negli anni precedenti, quando militavo nel Movimento Sociale Italiano.
Una conoscenza molto superficiale legata al fatto che Pound era noto come poeta fascista che aveva scritto la famosa poesia su Piazzale Loreto e per la fatidica frase: «
Se un uomo non è disposto a correre alcun rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla, o è lui che non vale nulla».
Nella biblioteca americana il primo approccio lo ebbi leggendo i saggi di uno dei più noti anglisti italiani: Nemi D'Agostino (deceduto nel 1992), allievo del grande critico letterario Mario Praz. D'Agostino fu per tutta la sua vita un appassionato cultore ed esegeta di Pound, proprio quando in Italia il suo nome era messo al bando proprio per il suo passato "fascista". Non bisogna dimenticare che nel 1959 l'accademia svedese gli negò il premio Nobel non certo perché non fosse tra i grandi della poesia, ma per le idee che aveva professato.
Quelle idee che gli erano costate, nell'agosto del 1945, in campo di concentramento, l'esposizione alle intemperie in una gabbia di ferro.
E poi la condanna a morte, tramutata in 12 anni di detenzione presso il manicomio criminale di St. Elisabeth, nei pressi di Washington, da cui fu dimesso nel 1958.
Venne in Italia dove rimase sino alla sua morte, avvenuta a Venezia il 1 novembre del 1972.
Capire Pound, soprattutto la sua opera principale "I Cantos", è praticamente impossibile, anche a persone dotate di vasta cultura, senza prima aver letto dei saggi critici e soprattutto essersi dotato di testi con un ampio apparato di note.
Ma non vogliamo qui fare una esegesi delle opere di Pound, che fu al tempo poeta, scrittore, saggista, critico letterario, critico musicale, autore di opere liriche e di musiche per violino.
Fu lui che riportò alla luce gli spartiti di un grande compositore italiano di cui si era persa la memoria: Antonio Vivaldi.
A noi interessa la figura di Pound in quanto uomo, "fascista" e amante della civiltà italiana.
Per l'uomo riportiamo il giudizio che ne diede Ernest Hemingway, prima suo grande amico, poi suo acerrimo nemico: «
Ezra era più gentile e più cristiano con la gente di quanto lo ero io. La sua stessa scrittura, quando faceva centro, era così perfetta, e lui era così sincero nei suoi sbagli e così invaghito dei suoi errori, e così gentile con la gente che ho sempre pensato a lui come a una specie di santo».
Sul "fascismo" di Pound bisogna intendersi. Al poeta non interessavano per niente i miti fondanti del fascismo: la vittoria mutilata, il pericolo bolscevico, la marcia su Roma, ecc.. Né era particolarmente colpito dalla forma dello Stato fascista tendenzialmente totalitario, molto limitante nei confronti dei diritti individuali e delle libertà democratiche. Tra l'altro Pound riteneva queste libertà del tutto inutili se non accompagnate dalla possibilità di poter parlare alla radio e il fascismo gli diede questa possibilità.
Pound aveva in sé il mito della civiltà americana fondata sull'intraprendenza dei pionieri, degli agricoltori e degli allevatori. Civiltà che aveva espresso grandi presidenti quali Jefferson e Lincoln.
Il grande nemico di questa civiltà che rappresentava i valori superiori del lavoro, dell'arte e della politica era l'usura, con tutto il contorno che questo termine indicava: le grandi banche d'affari, la speculazione finanziaria, il distorcimento della funzione della moneta. In sostanza, il prevalere della società tutta basata sull'economia e sulla finanza.
Esattamente il contrario delle grandi civiltà del Medioevo e del Rinascimento.
Questo evolversi in peggio delle civiltà antiche fu mirabilmente espresso da Pound nella frase: «
Quando decaddero i re ebbero il sopravvento i banchieri».
Ebbene, il poeta vide nel fascismo e in Mussolini il restauratore della grande civiltà italiana che va dai suoi prediletti Dante e Cavalcanti sino a Machiavelli, dai grandi principi del Rinascimento al Banco di Santo Spirito di Siena.
Pound al rientro in Italia fu accolto con affetto dalla comunità letteraria e dal suo popolo. Partecipò anche ad alcune manifestazioni del Msi.
La sinistra lo ignorò, ma non per molto. Nel 1967, a Venezia, Pier Paolo Pasolini intervistò Pound. L'intervista fu anche ripresa dalla Rai.
Pasolini si presentò al poeta con grande umiltà, l'umiltà di chi ammette di aver combattuto un grande maestro non avendolo capito e pertanto gli chiede di fare pace proprio citando i versi di Pound su un altro grande poeta, Withman:
Stringo un patto con te, Walt Withman.
Ti ho detestato ormai per troppo tempo.
Vengo a te come un figlio cresciuto
che ha avuto un padre dalla testa dura.
Ora sono abbastanza grande per fare amicizia.
Fosti tu ad abbattere il nuovo legno,
ora è tempo d'intagliarlo.
Abbiamo un solo fusto e una sola radice:
ristabiliamo commercio tra noi.
E pensare che quando lo scrittore di sinistra Enzo Siciliano, nel 1956, espresse a Pasolini l'opinione che Pound fosse un grande poeta si sentì rispondere con rabbia che Pound era un razzista e un fascista.
Ma quale fu il pensiero che spinse Pasolini a identificarsi in qualche modo col poeta americano? Ce lo dice lui stesso: «
Pound chiacchera nel cosmo. Ciò che lo spinge lassù con le sue incantevoli ecolalie è un trauma che lo ha reso perfettamente inadattabile a questo mondo. L'ulteriore scelta del fascismo è stata per Pound un modo sia per mascherare la sua inadattabilità, sia un alibi per farsi credere presente. In che cosa è consistito questo trauma? Nella scoperta di un mondo contadino all'interno di un mondo industrializzato, di molti decenni in anticipo sull'Europa. Pound ha capito, con abnorme precocità, che il mondo contadino e il mondo industriale sono due realtà inconciliabili: l'esistenza dell'una vuol dire la morte (la scomparsa) dell'altra».
Ecco perché, a cinquant'anni dalla sua morte, Ezra Pound non solo rimane "il nostro miglior fabbro". Ma pure nostro maestro e di tutti coloro che credono nella grande civiltà italiana.