Il "silverback": il Virunga ospita circa un quarto della popolazione
mondiale di questi primati
Ho appreso con particolare emozione dell'atroce uccisione del nostro ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo. Ho provato una fitta particolare nel leggere che sono stati uccisi vicino a Goma, nella punta nord del lago Kivu.
Quei posti così sperduti e lontani io li conosco: ci sono stato nel 1988 con degli amici di Perugia e con mia moglie. Lo scopo del viaggio era quello di incontrare i pigmei bambuti che vivevano nei dintorni del lago Kivu e a nord di Goma e vedere i gorilla di montagna del parco Virunga (che si estendeva tra lo Zaire - ora Repubblica Democratica del Congo - il Ruanda e l'Uganda), i famosi "silverback", bestioni giganteschi con il dorso bianco.
Non era un viaggio organizzato e noi eravamo abbastanza incoscienti nell'andarci da soli. Eravamo ancora giovani.
Goma era già allora una città enorme, caotica, colorata e tranquilla: la gente era povera, come quella di tutto lo Zaire, una povertà assoluta, ma vissuta con serenità.
La natura bellissima, equatoriale, con tanta acqua e felci gigantesche, attraversata da una sola strada sterrata di argilla rossa. Avevamo naturalmente una guida-autista del luogo, si chiamava Dauphin, necessaria perché le strade non avevano alcuna indicazione e bisognava spesso - nella lingua swahili - chiedere la direzione da prendere.
Gli alberghi, chiamiamoli così, avevano raramente l'acqua corrente e l'energia elettrica veniva staccata la sera. Mangiavamo quel che capitava (avevamo anche una piccola scorta di scatolette) e dormivamo dove era possibile (anche nelle missioni cristiane).
Abbiamo attraversato con emozione la linea dell'equatore a 2.200 metri di altitudine.
Le emozioni non ci sono mancate e l'incontro con i gorilla di montagna (l'amore di Diane Fossey, che in quel parco, versante Ruanda, fu uccisa) dopo una ricerca e una marcia di sei ore, è stato di una suggestione incredibile.
I pigmei non li abbiamo incontrati: le piogge avevano trasformato quella strada rossa in un mare di fango, creando una interminabile coda di automezzi, soprattutto camion, lunga chilometri.
Avevamo del sale da cucina e del sapone di Marsiglia da donare ai pigmei, beni per loro preziosi oltre ogni misura: mia moglie li ha regalati a una donna in un mercato e il suo ringraziamento è stato di una dolcezza toccante.
Qualche anno dopo, la guerra tribale scoppiata tra le etnie Hutu e Tutsi del vicino Ruanda ha trasformato quell'area, Butembo, Kalambahiro, il Rutshuru, la zona del vulcano Nyiragongo e soprattutto Goma, in un inferno. Goma ha visto l'arrivo di centinaia di migliaia di profughi e tutta l'area si è riempita di bande di predoni e razziatori. Decine di viaggiatori sono stati derubati e uccisi. In pochi anni la faida tra le due etnie ha provocato un milione di morti.
Quando siamo andati nell'allora Zaire c'era ancora Mobutu quale Presidente, poi deposto per lasciare il posto a una specie di democrazia. L'area di Kivu e il vicino Katanga era ed è ricchissimo di materie prime - la cassaforte mineraria del Congo - (diamanti, rame, tantalio, cassiterite e soprattutto cobalto): la gente era povera ed è rimasto povera.
La natura forse è ancora rimasta incontaminata e bellissima e i gorilla di montagna - nonostante il bracconaggio - sono ancora liberi e a loro modo felici.
Ma anche quell'angolo sperduto della terra (il "cuore di tenebra" del continente africano), che in quegli anni si poteva visitare, ora è diventato inaccessibile: il mondo, pian piano, sta diventando sempre più piccolo.