Mario e le dichiarazioni che lo salvarono
Ma quello che taglia la testa al toro è che Mario non giustifica le sue dichiarazioni: cosa lo ha indotto a passare dall'oggi al domani da fascista della prima ora ad antifascista? La rovinosa condotta della guerra? Un travaglio interiore? una rivisitazione critica della propria vita? La lettura di qualche libro particolare? Nessuna spiegazione.
Ma per Lunardelli l'unico dubbio è se Mario sia approdato all'antifascismo in buona fede o per interesse.
Dubbio inconsistente: Mario fu in malafede e agì per interesse. In quel triste 7 settembre del 1945 Mario Gramsci sbarca nella sua terra dove comandano gli stessi che lo tenevano in campo di concentramento, dove dopo l'8 settembre dichiararsi fascista era pericoloso. Si trova di fronte a una commissione militare che esiste nella misura in cui è ligia ai desiderata del nemico.
Piaccia o non piaccia, per gli Alleati l'Italia, benché sconfitta, è sempre un paese nemico e lo sarà sino al febbraio del '47, data di ratifica del trattato di pace e dell'inizio dell'esodo delle truppe d'occupazione.
Non è solo Mario a rischiare, ma, e forse di più, la stessa commissione militare che sa benissimo di non poter avere atteggiamenti ambigui. In questo frangente dire il falso è d'obbligo e rientra nel codice d'onore di un soldato.
Per i Romani che detestavano la menzogna come roba da schiavi, in guerra questo termine veniva nobilitato in "astuzia".
Un'ultima annotazione. Lunardelli stabilisce un nesso logico tra la sua la disastrosa situazione economica e la sua partenza come volontario in Etiopia. Ciò può essere vero, ma allora perché Mario non partì con la Milizia, ove il trattamento economico era superiore a quello applicato nell'esercito; e non solo: gli ufficiali del Regio Esercito che passavano alla Milizia venivano inquadrati con un grado superiore.
Per quanto poi è stato scritto sulla sede di Casa Pound nel quartiere popolare di "Is Mirrionis", rassicuriamo Lunardelli: il giorno dell'inaugurazione delle sede non ci fu alcun tafferuglio e io parlai in tutta tranquillità di Mario Gramsci. Né i 200 antifascisti tentarono in alcun modo di forzare il blocco predisposto da polizia e carabinieri, ma, meno eroicamente, furono costretti a una precipitosa ritirata dagli abitanti del quartiere, avendo incautamente lanciato petardi finiti sotto le macchine dei residenti, con tutti i rischi del caso.
Quanto alla presunta "traumatizzazione" dei giovani di Casa Pound alla notizia di un Mario divenuto antifascista, si tranquillizzi Lunardelli: detti giovani sono abbastanza uomini di mondo per comprendere che alcune dichiarazioni, vere o false che siano, non possano inficiare vent'anni di comportamenti e sacrifici per una idea, giusta o sbagliata che fosse.
Come non credo che dette dichiarazioni abbiano fatto gioire gli antifascisti, i quali non possono aver dimenticato che mentre Antonio stava in carcere, Mario sfilava in camicia nera col distintivo di squadrista.
Alcuni "reperti" forse appartenuti a Mario Gramsci
Una comunicazione di Ernesto Curreli, presidente dell'Associazione "Vico San Lucifero", su Mario Gramsci
Caro Angelo,
A fine anni '60, nel negozio di elettrodomestici di mia madre, conobbi una signora di cognome Oppo, ma il cui nome di battesimo non ricordo. Detta signora abitava in Via Manno, 89.
Tra una chiacchierata e l'altra saltò fuori tra me adolescente e detta signora una certa condivisione di idee e di valori riferiti soprattutto al deprecato ventennio. Per questo motivo la signora mi confidò di essere nipote di Antonio Gramsci e che però la sua famiglia era rimasta fascistissima. In segno di benevolenza e di amicizia nei miei confronti mi regalò una copia di gemelli con incisi sopra dei piccoli fasci littori che si usavano per le camicie nere d'ordinanza, nonché due fasci che venivano applicati al bavero della divisa degli ufficiali della Milizia. La signora mi disse che tali oggetti erano appartenuti al padre.
La cosa mi è ritornata alla memoria a seguito della polemica sul libro di Lunardelli dedicato a Mario Gramsci il fascista.
Non ho la certezza assoluta che quella signora fosse la figlia di Mario Gramsci, né ancora meno che quei gemelli e fascetti fossero il corredo di una sua divisa della Milizia.
Tuttavia la provincia di Varese ebbe una sua legione della Mvsn, la n. 8, chiamata "Cacciatori delle Alpi". A mio avviso sarebbe possibile accertare se Mario Gramsci facesse parte di detta legione, anche perché il regolamento della Milizia prevedeva l'adesione degli ex combattenti della prima guerra mondale ma anche degli ufficiali dell'esercito.
Ti allego foto dei reperti.