Il Tecnico, il Sindacalista, l'Onorevole
Dopo le dimissioni di Pili nel 1927, finì anche l'esperienza del sardofascismo.
Tredici nel 1928 divenne segretario politico del fascio di Cagliari e nel 1929 deputato nella XXVIII legislatura. Tra i suoi interventi ricordiamo quello in favore dei coloni delle bonifiche di Terralba, ma il suo impegno maggiore sarà in favore delle miniere.
Da podestà aveva già sostenuto l'attività del sindacato di Iglesias e nel 1924 si era arrivati a un aumento salariale del 12%. In un suo articolo sul "Giornale di Sardegna", Tredici delineò la sua politica mineraria: «dare un impulso [...] alla produzione se non quando l'industria mineraria sarda possa trasformare [...] sul posto [...] i minerali grezzi in metalli», sviluppando il credito minerario come garanzia per la metallurgia.
Nel 1931 fu nominato segretario dell'Unione provinciale dei sindacati fascisti dell'Industria di Cagliari e da deputato propose di rilanciare la ricerca di materie prime per individuare nuovi giacimenti; attraverso la creazione di un nuovo ente specifico. Bisognava aumentare gli organici degli uffici minerari e creare un Istituto di Credito minerario, formando infine un "grande sindacato delle miniere". Dopo la crisi del '29 che colpì la Sardegna nel '31, solo un imponente intervento dello Stato poteva salvare l'industria estrattiva. Nel 1932 il governo intervenne con il blocco dei licenziamenti, che non bastò a ridurre i danni. Per questo il 28 ottobre Tredici diventò segretario dell'Unione provinciale dei sindacati dell'Industria, affermando come la crisi avesse decretato la fine del "sistema democratico capitalistico". La sua attività fu sempre improntata verso la collaborazione e l'attenzione nei confronti del settore assistenziale per i lavoratori.
Dopo la sua morte, un lettore dell'"Unione Sarda" scriverà che Tredici devolveva il suo assegno per l'incarico da sindacalista alle famiglie degli operai bisognosi e disoccupati. Per risolvere la situazione della miniera di Montevecchio in stato di fallimento, tornò sulla sua proposta per il Credito minerario. Tredici criticava il "Sistema Bedaux": cronometrare ogni fase di lavoro, eliminare i tempi morti e incentivare al massimo la produzione; per lui era una pratica che «fa retrocedere l'umanità nell'ordine civile».
L'altro settore legato a quello minerario era quello dei lavori pubblici; per Tredici «una delle fonti di maggiore attrazione per l'impiego della mano d'opera disoccupata». Su questo ebbe il coraggio di denunziare la corsa al ribasso nelle gare d'appalto, accusando i privati di violare i rapporti contrattuali.
Altro settore che occupò l'attività di Tredici, come segretario del Consorzio obbligatorio, fu quello della pesca isolana, definita "medievale" perché praticata con metodi dolosi (dinamite e avvelenamento delle acque); per Tredici bisognava modernizzare «tutta intera l'attrezzatura dell'industria».
Riguardo il tema della disoccupazione, Tredici propose la riduzione della settimana lavorativa a 40 ore, turni di lavoro anche per la mano d'opera specializzata, regolamentazione del lavoro delle donne e lotta al lavoro minorile, riduzione del lavoro straordinario e l'utilizzo delle macchine. Dopo l'aggravarsi della crisi della miniera di Bacu Abis nel 1933, Tredici fu nominato amministratore all'esercizio provvisorio della miniera, senza stipendio. In buona sostanza salvò il lavoro degli operai e la miniera, rilevata poi dalla Società carbonifera sarda. L'azienda agraria annessa fu rilevata dall'Ente di Bonifica e i minatori vennero tutti reimpiegati. Quando la questione dei disoccupati fu risolta, Tredici si era già dimesso dall'ente «per uniformarsi al divieto di cumulo delle cariche».
Nel 1934 Tredici fu confermato deputato, entrando nel sistema delle corporazioni, le nuove strutture di conciliazione fra capitale e lavoro. Tredici fece parte della Corporazione delle industrie estrattive, rappresentante dei lavoratori dell'industria dei metalli. In definitiva il suo fascismo fu per la collaborazione fra le classi e di alleanza fra cattolici e fascisti.
Nella seconda metà degli anni '30 Tredici diventò una personalità di livello nazionale: la sua attività entrò nel grande progetto delle attività produttive autarchiche. Nel 1935 fu nel consiglio di amministratore dell'Azienda Carboni Italiani. Nel 1936 diventò presidente dell'Azienda Minerali Metallici, incontrando il Duce il 24 aprile per consegnare i progetti e ricevere istruzioni; per questo motivo si trasferì a Roma. L'ente aveva il compito di seguire il "programma economico di utilità pubblica". Esso si prefiggeva di passare dalla ricerca di minerali alla produzione, cercando di colmare il fabbisogno nazionale.
I risultati della ricerca di minerali furono considerati "notevoli e insperati". In breve l'Ente aveva rilevato una serie di società delle quali Tredici assunse il controllo: manganese, stagno, miniere e fonderie, altri di nichel e metalli nobili, ecc.
Nel luglio del 1938 venne nominato presidente dell'Ufficio metalli nazionali, per il piombo e lo zinco. Fu anche nominato vicepresidente della Corporazione delle industrie estrattive nella XXX Legislatura e nel Consiglio Superiore delle miniere presso il Ministero delle Corporazioni.