Il Combattente e il Sardista
Durante la Grande Guerra, Tredici combatté dal 1916 fino alla fine del conflitto: fu trasferito sul Monte Sabotino e insignito della Medaglia di Bronzo al valore: «Dimostrò in varie circostanze serenità e sprezzo del pericolo».
Eroe anche a Caporetto, dove fu promosso capitano sino all'avanzata di Vittorio Veneto. Tornato dal fronte nel 1919, aderì all'Associazione Nazionale Combattenti.
Dopo la crisi dell'Associazione, sostenne la tesi per la nascita del P.s.d'Az., guidando la sezione di Cagliari con Emilio Lussu: «Abbiamo ottenuto la vittoria: dobbiamo valorizzarla moralmente, praticamente, politicamente [...] e migliorare le condizioni generali della vita in Sardegna».
Il disprezzo per la classe dirigente isolana era evidente: «La politica [...] non era (e non è) principalmente confronto di idee ma scontro di persone» (Rigano, 2015).
Nel febbraio 1920 Tredici pubblicò "L'emigrazione in Sardegna", elencando «le qualità del carattere sardo: alto, altissimo senso di dignità umana»,
e auspicando che «La Sardegna fornirà la materia prima per la ricostruzione di una civiltà migliore a tutta l'Italia» (cit. Paolo Orano).
Dopo la nascita del partito fra le due fazioni, quella riformista di Bellieni e quella sindacalista rivoluzionaria di Lussu, scelse quella "nazional-tecnocratica" di Paolo Pili, incarnandone l'anima cattolica.
Di fronte alle violenze socialiste e dei fasci di Ferruccio Sorcinelli, Tredici fu per la "pacificazione nazionale", proponendo "una nuova politica" opposta alle clientele liberali. Dopo l'affermazione del P.s.d'Az. Tredici si occupò nel 1922 del problema delle cooperative di consumo e di lavoro e di difesa contro il potentato.
La Marcia su Roma lo trovò contrario, ma aderì alle trattative con Benito Mussolini. Poiché il fascismo sardo più irragionevole non cedeva, Mussolini nel gennaio 1922 inviò il generale Gandolfo, cambiando la dirigenza del P.n.f. e avviando la "fusione".
Dopo il "voltafaccia" di Lussu del febbraio 1923, i rappresentanti sardisti aderirono lo stesso alle proposte di Gandolfo.
Pochi giorni dopo si scioglievano il P.s.d'Az. e l'ala del P.n.f. contraria. Tredici divenne il vicesegretario del P.n.f. provinciale.
Per Paolo Pili, Tredici era convinto «che il sardismo poteva trovare un giusto piano di azione [...] nel fascismo».
Sulla "fusione" Tredici affermò che il fascismo era la possibilità per rinnovare in toto la classe politica sarda.