Nella riforma di Gentile si ritrova la sua filosofia idealistica
Nel precedente articolo abbiamo parlato del pensiero politico di Giovanni Gentile.
Col seguente articolo andiamo, invece, a trattare un'altra parte importante del pensiero di Giovanni Gentile: la pedagogia.
Essenziale in essa è l'assunto che il pedagogo, ossia il maestro, debba avere una vasta cultura per insegnare al proprio allievo a cavarsela da sé. Per Gentile, il suddetto allievo può conquistare la sua autonomia solo tramite gli insegnamenti del maestro.
In Gentile la pedagogia è una disciplina a sé stante staccata dall'etica.
La formazione culturale delle teorie pedagogiche di Gentile fu messa in pratica, almeno in parte, dalla riforma scolastica attuata da lui stesso nelle vesti di ministro dell'istruzione negli anni venti. Vediamo ora i punti salienti di tale riforma.
Le classi furono divise in maschili e femminili, ove alle studentesse venivano insegnati anche lavori femminili ed economia domestica.
Le elementari duravano sei anni, dopo il sesto anno altre due classi, dette settima e ottava, prevedevano la prima preparazione al mondo lavorativo. Subito dopo, chi aveva capacità e mezzi poteva accedere al ginnasio, di cinque anni, e dopo al liceo classico, dove venivano insegnate le materie umanistiche e filosofiche, al tempo designate, nell'ottica del pensatore siciliano, come un insegnamento per l'aristocrazia politico-culturale che avrebbe dovuto reggere lo stato.
Gli altri istituti, come il liceo scientifico, quello femminile, gli istituti tecnici, il magistrale o quello complementare di avviamento professionale, per chi voleva essere preparato alle professioni.
Per le minoranze linguistiche, come la lingua sarda, era prevista la presenza obbligatoria di un insegnante madrelingua, di cui i genitori degli alunni potevano far richiesta.
Gentile fece insegnare la religione cattolica come religione di stato da personale approvato dalle autorità ecclesiastiche per tutte le elementari, salvo che i genitori degli alunni non volessero provvedere autonomamente.
Questa riforma gerarchizzò e centralizzò le istituzioni scolastiche mettendo ordine in una situazione di caotiche autonomie.
Nella riforma di Gentile si ritrova parte della sua filosofia idealistica, detta "attualismo", che prevede, infatti, la separazione di lavoro e pensiero. Perlomeno nei primi tempi di questa riforma.
I due termini (lavoro e pensiero) si fonderanno in una cosa sola con la creazione nella filosofia gentiliana del cosiddetto "Umanesimo del lavoro", che riteneva pensiero e azione una cosa sola, superando questo apparente contrasto negli ultimi anni di vita del nostro pensatore, portando a compimento il suo pensiero pedagogico. E riconoscendo in questo nuovo termine, infatti, la spiritualizzazione del mondo attraverso anche il lavoro da parte dei lavoratori e professionisti, che anche con la forza delle loro braccia trasformano e spiritualizzano il mondo con un atto di volontà, partecipando al bene comune della società.