La scuola italiana è in perenne stato critico
Che la scuola italiana non stia vivendo un momento felice non lo appuriamo certamente da oggi. La preoccupante situazione nella quale riversa da anni ha molteplici responsabili e tra questi spicca il Miur (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca).
Il nuovo anno scolastico inizia con alcune novità: la "promozione facile" nella scuola primaria e secondaria di primo grado (col voto favorevole alla promozione di un solo docente), l'innalzamento dell'obbligo scolastico (dai 16 ai 18 anni d'età), il ridimensionamento del percorso liceale in via sperimentale da cinque a quattro anni e l'utilizzo dello smartphone.
A giudizio del ministro Valeria Fedeli, i primi due provvedimenti servono per combattere il fenomeno della dispersione scolastica; lo smartphone tende a favorire l'apprendimento, la comunicazione e l'espressione dell'alunno.
La realtà sovverte i presunti nobili propositi della Fedeli: i provvedimenti del Miur non hanno nulla a che vedere con l'idea di vera buona scuola. Traspare oggettivamente un'idea distorta e ignorante dell'attuale realtà scolastica.
Se il Ministro conoscesse le reali motivazioni della dispersione scolastica, non si azzarderebbe nemmeno di ipotizzare un provvedimento che sminuisce la bocciatura. La non ammissione è un mezzo utile affinché gli studenti con gravi carenze possano colmare l'anno successivo quei limiti, con maggiore maturità e più impegno. Questa disposizione va contro la meritocrazia, formerà generazioni di ragazze e ragazzi non abituati allo studio e all'impegno, dentro e fuori la scuola.
Per quanto concerne l'utilizzo dello smartphone, il ministro Valeria Fedeli ha tentato di giustificare la scelta indicando questo mezzo al solo scopo "didattico e consapevole". Un chiarimento superfluo, che non frena le perplessità in merito all'abuso delle tecnologie da parte di bambini e adolescenti. Sfuggono all'attenzione del legislatore le ricerche sulle conseguenze delle tecnologie sulla capacità di concentrazione e sul rendimento.
Quindi, più che aprire ambiti di utilizzo, il Miur dovrebbe invitare a una limitazione dell'uso dello smartphone, sfruttando una istituzione strutturata come la scuola a sostegno dei genitori. Invece niente. La scuola, che avrebbe la forza e il ruolo per vietare l'utilizzo dello smartphone durante le attività didattiche, diventa complice degli effetti negativi dei dispositivi tecnologici sulla nostra quotidianità.
In conclusione, prima di ridimensionare il sistema scuola è doveroso che il Miur conosca approfonditamente codesta realtà. Questi provvedimenti non fanno emergere le potenzialità degli studenti, anzi solo loro nocivi. La scuola italiana presenta numerose criticità, colmate parzialmente dal lavoro di insegnanti che portano avanti, tra mille peripezie, il complesso ruolo didattico ed educativo, in comunione con le famiglie.
Crollano i tetti e i pavimenti degli edifici scolastici, ma anche e soprattutto le fondamenta del sistema didattico ed educativo della scuola.
Se l'istruzione è l'arma più potente per cambiare il mondo, il Governo la uccide perché un popolo ignorante è più facile da manovrare.