Don Antonio (a sinistra) in divisa con alcuni ufficiali della Milizia
Don Antonio Maria Ledda nacque a Sindia (NU) l'8 gennaio del 1908. Entrato da ragazzo nel seminario di Bosa, divenne sacerdote presso il pontificio seminario regionale di Cuglieri nel 1931. A fine anno esordì come vice parroco nel comune di Scano Montiferro per divenire, nel 1934, parroco di Sennariolo.
Nel 1937 ottenne l'arruolamento, in qualità di cappellano militare, col grado di capo manipolo (tenente), presso la 195ª legione d'assalto delle CC.NN. (Camicie Nere). Essendo uomo di acuta intelligenza, conseguì anche una laurea in lettere antiche frequentando prima l'università di Cagliari e poi quella di Roma. Laurea che, nel dopoguerra, gli permise di insegnare nelle scuole di Macomer e Nuoro.
Fascistissimo, fu da subito in stretto contatto con i massimi esponenti della federazione fascista nuorese. Durante la seconda guerra mondiale fece parte del gruppo Camicie Nere "Montebello", costituito da 3 battaglioni "M" (in tutto circa 1.800 uomini) in addestramento a partire dal 1941 a Roma. Il reparto fu spedito in Russia nella primavera del '42 e l'11 settembre dello stesso anno prese posizione nell'ansa del fiume Don.
A partire dal 10 dicembre le Camicie Nere furono investite da una fortissima offensiva dei reparti russi. Il "Montebello" resistette, spesso contrattaccando, sino al 20 dicembre, quando ricevette l'ordine di ripiegare.
La ritirata, malgrado la rigidissima temperatura (-35º), procedette abbastanza ordinatamente, anche se con forti perdite, tra feroci combattimenti tesi a rompere i tentativi di accerchiamento dei Sovietici. Il 22 dicembre il "Montebello" viene chiamato a rompere uno di questi. L'operazione riesce, ma il reparto subisce 115 morti, 380 feriti e 66 congelati. I feriti e i congelati, per forza di cose, furono abbandonati sul posto.
È in questo frangente che don Ledda manifestò tutto il suo coraggio e spirito di solidarietà verso i suoi commilitoni, puntando la pistola verso un colonnello che, evidentemente preso dal panico, stava per darsi alla fuga. Ferito a un braccio e colpito da congelamento a un piede, venne tratto in salvo da un suo commilitone, Sardo di Bonorva, che se lo caricò in spalle durante la ritirata. Il 26 dicembre ciò che rimaneva dei reparti italiani si ritrovò nel centro abitato di Tschertkowo, dove subì un assedio di ben 20 giorni. Il 15 gennaio i superstiti dei reparti italiani e tedeschi con un violento attacco ruppero l'assedio dei Russi e riuscirono a raggiungere le proprie retrovie. Per il suo comportamento, al cappellano fu conferita la medaglia d'argento al valor militare.
Ai primi di marzo del '43 i superstiti del "Montebello", fra cui don Ledda, furono rimpatriati e assegnati alla costituenda divisione corazzata "M", in addestramento alle porte di Roma. E proprio da Roma, dopo l'8 settembre, don Ledda, promosso centurione (capitano), fu assegnato alla legione "M - Guardia del Duce". Mussolini, al suo rientro dalla Germania, trovò ad accoglierlo, nella sua residenza provvisoria a Rocca Delle Caminate (Forlì) la legione "M". Il reparto rimase nella provincia di Forlì sino a tutto il mese di ottobre. Ebbe anche alcuni sanguinosi scontri con forze partigiane, preludio a quelli che avrebbe avuto in seguito in Val D'Ossola e in Valtellina.