Fine della Resistenza
La Resistenza pensava di aver preso il potere, ma si sbagliava.
Parri cadde dopo meno di 6 mesi sul problema dell'epurazione, complici Togliatti e De Gasperi.
Il movimento della Resistenza, muovendosi fuori dalla realtà, ignorava che gli Alleati, al di là di tutti gli opportunismi, consideravano l'Italia un paese nemico e puntavano solamente a imporre un durissimo trattato di pace.
Di questo prese coscienza invece la parte più avveduta dell'antifascismo, che si rese conto come ogni politica di reazione nei confronti degli Alleati richiedeva la ricostruzione di una forte unità nazionale e che ciò non era possibile senza il recupero del malandato e sconfitto mondo fascista, il cui apporto, peraltro, era indispensabile per rimettere in moto l'apparato dello stato.
Da qui il siluramento del governo Parri, malgrado il parere contrario degli Alleati e le minacciate mobilitazioni partigiane. Seguirono le trattative col fascismo clandestino, l'amnistia "Togliatti" nei confronti dei fascisti e infine il riconoscimento del Msi a fine '46.
Il 18 aprile del '48 la vittoria alle elezioni politiche della Dc fu la sconfitta tombale della sinistra.
Il governo impose che la celebrazione del 25 aprile a Milano si tenessa al chiuso. L'oratore ufficiale Ferruccio Parri viene duramente contestato dalle base partigiana. Un tentativo di corteo si risolse con un duro scontro con la polizia e un morto.
È unica responsabilità dei "resistenti" di ieri e di oggi se la resistenza è stata ingessata e snaturata nel mito, non oggetto degli storici ma dei cantori della storia patria.
Eppure per ridarle quella dignità che solo la storia può dare, basterebbe ammettere che anche la Resistenza ha perso la guerra quanto e forse più dello stesso fascismo.
Diceva Curzio Malaparte che a gestire una vittoria sono capaci tutti, gestire invece una sconfitta è molto più difficile, perché bisogna essere all'altezza di quella sconfitta.