Una donna fascista viene esibita come trofeo dai partigiani prima di essere uccisa
Ancora nel luglio del 1943, l'élite del Pci clandestino era al confino nell'isola di Ventotene. Si trattava di circa 400 militanti con alle spalle anni di esperienza di lotta politica contro il regime fascista, condotta persino quando si era all'interno delle carceri.
Dei 400, una gran parte aveva partecipato alla guerra civile spagnola, quasi tutti provenivano dalle brigate internazionali e segnatamente dal battaglione e poi brigata "Garibaldi", con una esperienza di tipo militare che poi sarà utilissima nella lotta durante la resistenza.
I reduci delle brigate internazionali, una volta caduta, nel 1939, la Repubblica spagnola, si trovavano in Francia, dove, allo scoppio della seconda guerra mondiale, furono internati in campo di concentramento (i comunisti, a seguito del patto Molotov-Ribbentrop del '39, erano contrari alla guerra contro la Germania).
Sconfitta nel '40 la Francia, gli internati furono consegnati all'Italia. Il regime fascista li inviò tutti insieme nell'isola di Ventotene, dove si trovarono nell'invidiabile condizione non solo di poter ricostruire il Pci, ma anche di porre in essere piani per il loro futuro.
Del resto i comunisti non se la passavano poi tanto male. Così recita una loro memoria: «
Sotto la direzione di Mauro Scoccimarro e di Luigi Longo, i militanti del Pci formano a Ventotene uno di quei "collettivi" che sono tipici nella disciplina carceraria del bolscevismo. Riuniti in gruppi di tre persone, le "troike", seguono le lezioni impartite da Girolamo Li Causi e Pietro Secchia. Come in un'"università proletaria", studiano i classici del marxismo, l'abc del comunismo, le opere di Lenin e di Stalin. Gestiscono sette mense e una lavanderia. Cominciano a coltivare un podere con bovini, conigli, pollame».