EXCALIBUR 87 - giugno 2015
nello Speciale...

I diktat degli Alleati

I partigiani consegnano le armi alla polizia alleata
Il 29 aprile arrivò a Milano il colonnello Poletti, commissario del governo militare alleato. Andò in giro per la città e disse «ok» compiacendosi dello spettacolo di piazzale Loreto e dichiarò a Parri: «Abbiamo trovato ordine e disciplina. Siamo molto contenti! Esprimiamo la nostra soddisfazione al Clnai e ai patrioti per il magnifico lavoro fatto».
Ma il 30 aprile un bando alleato ordinò il disarmo dei partigiani e il loro sgombero da caserme e locali entro 24 ore «pena l'incriminazione dinanzi alle Corti Militari Alleate».
Il 6 maggio il ministro degli esteri De Gasperi e il presidente del consiglio del Regno del Sud Bonomi espressero al maresciallo Alexander le «felicitazioni e i voti per la travolgente avanzata alleata», proprio nel momento in cui il generale inglese imponeva la smobilitazione delle forze partigiane entro il 6. Il 1º giugno il governo militare alleato abrogò tutti i decreti e le ordinanze del Clnai, comitato regionale della Lombardia. Nell'ordine era scritto: «Il governo militare alleato è l'unica autorità che ha poteri di emanare decreti e ordinanze e di conferire incarichi a uffici pubblici e di altro genere».
Con la loro amministrazione, gli Alleati controllarono tutta la vita pubblica. Essi fecero capire di essere fermamente decisi a far rispettare da tutti gli Italiani, partigiani compresi, le clausole dell'armistizio dell'8 settembre.
L'Italia doveva sentirsi un paese occupato e assumere la psicologia del nemico sconfitto. I loro manifesti sapevano di bandi dell'ex occupante tedesco e come tali venivano percepiti dalle forze partigiane. Uno di loro scrisse: «In ventiquattro ore i partigiani erano stati smobilitati [...]. Nessuno potrà mai scordare come un paese abbia buttato allo sbaraglio e nell'oblio coloro che per venti mesi avevano dato il loro sangue per far sedere l'Italia al tavolo della pace, non soltanto come nazione vinta e umiliata"». Intanto il governo Bonomi si dimise.
Nella lotta per la successione, caratterizzata dalla contrapposizione De Gasperi-Nenni, riuscì a imporsi, anche perché sostenuto dagli Alleati, Ferruccio Parri.
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