EXCALIBUR 80 - luglio 2014
nello Speciale...

La difesa di Roma

Roma, 8 settembre 1943: le forze in campo
Nutriamo il sospetto che la ricerca di Sanna risponda all'esigenza di riparare all'ostracismo del passato, ma per farlo si dovrà pur ammettere che per un militare l'aver servito nella Repubblica Sociale non era un fatto disonorevole.
Vi è poi da chiedersi se la ragione per cui nei confronti del Solinas sono venute meno le accuse di fascismo e di "collaborazione col tedesco invasore" non si debba al tentativo di farlo passare per un "comandante antitedesco", accreditando la tesi che fosse «graniticamente convinto dell'importanza di scacciare la Wehrmacht da Roma e dall'Italia».
Questa possibilità si sarebbe presentata nei giorni dell'Armistizio dato che «mentre i vertici dello Stato e dell'Esercito decidono di non difendere Roma, ordina ai suoi soldati e ufficiali di allontanare i Tedeschi dalla città con la forza delle armi».
Posta in questi termini verrebbe da ascrivere la battaglia di Roma alla personale iniziativa del Generale sardo, quando invece fu il risultato di decisioni malamente gestite a livello più elevato.
Sanna dedica molto spazio alle vicende di quell'infausto settembre, ma poco aggiunge a un quadro di per sé abbastanza conosciuto e dove gli elementi di novità sono costituiti dagli episodi bellici descritti nel "Memoriale Solinas": l'abile modalità di attacco tedesca al Caposaldo n. 5 della Magliana, la perdita degli importanti depositi di carburante di Mezzocammino (16.000 tonnellate), il disarmo della 220^ Divisione Costiera e della "Piacenza", senza che da quest'ultima fosse partito alcun segnale per allertare le adiacenti postazioni della "Granatieri". E a completare questo sconvolgente quadro di inettitudine militare concorre la devastazione in cui il 9 settembre venne trovato il Comando del Corpo d'Armata Motocorazzato quando, per ordine del generale Carboni, Solinas vi insediò il Comando tattico della "Granatieri".
Il disastro dell'armistizio non fu, come da più parti si afferma, la conseguenza di non aver ordinato alle truppe di attaccare i Tedeschi, bensì della mancanza di un piano ben definito e soprattutto della volontà di rompere l'alleanza con la Germania.
L'ultima occasione per farlo fu la Conferenza di Tarvisio del 6 agosto, dopo di allora la preoccupazione del Governo e dei vertici militari fu soltanto quella di sfuggire alla inevitabile reazione tedesca cercando l'appoggio degli Alleati, ma aver pagato come prezzo la resa incondizionata non fu di certo un buon affare.
A ben vedere, il tanto temuto Piano Achse, avviato dalla Wehrmacht la sera dell'8 settembre, non era irresistibile, tanto più che nella zona di Roma le azioni tedesche potevano essere fronteggiate più facilmente data la superiorità numerica italiana e la presenza della Divisione corazzata "Ariete II", una potente unità che se bene impiegata avrebbe potuto dare il successo alle nostre truppe. Purtroppo il Comando Supremo, vittima del mito dell'efficienza germanica, non soltanto non seppe valutare la situazione, ma cercò di evitare il confronto sul campo e quando la parola passò alle armi non fu neppure in grado di portarlo alle estreme conseguenze dal momento che per assicurare la protezione dell'autocolonna reale diretta a Pescara si ordinò alle divisioni "Ariete" e "Piave", che erano i pilastri del Corpo d'Armata Motocorazzato, di ripiegare verso Tivoli abbandonando la "Granatieri" al suo destino.
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