Sopra: la copertina del libro "Battaglione Leopard - Ricordi di un africano bianco"
Sotto: Zaire (ex Congo Belga), un altro paese che non è riuscito a trovare una via democratica dopo la sua indipendenza
A 45 anni dalla pubblicazione dell'originale francese ("Le Bataillon Leopard. Souvenirs d'un African blanc", Robert Laffont, Paris 1969) e a 41 anni dalla prima edizione italiana, uscita per Sperling & Kupfer nel 1973, viene riproposto al pubblico italiano il libro con cui il belga Jean Schramme descrisse la sua partecipazione
alle intricate vicende politiche e belliche vissute dal Congo dal 1960 al 1967. Questa pubblicazione, già di per sé degna di nota per il suo indubbio interesse storico e documentario, segna altresì il promettente esordio delle nuove "Edizioni il Maglio" di Solarussa (provincia di Oristano), nate per l'iniziativa di Alberto Manca, che dopo 27 anni di brillante attività imprenditoriale nel campo editoriale e librario a Milano con la Libreria Militare e le Edizioni Ritter, ha deciso di tornare nella Sardegna natia per lanciare una nuova libreria "on line" (
www.lastoriamilitare.com) e la già nominata casa editrice. Quest'ultima, incentrata in primo luogo sulla storia militare, articolerà la sua offerta in una serie di collane dedicate ai conflitti del secondo dopoguerra, alla decolonizzazione, alla manualistica militare, alle tecniche operative e alle monografie sulle armi da fuoco.
Con il libro di Jean Schramme, in particolare, si inaugura la collana "Conflitti del Dopoguerra", che coprirà l'arco dal 1945 fino agli inizi del XXI secolo. La collana è curata dall'intellettuale e giornalista Marco Valle, che nelle venti pagine della prefazione, intitolata "Congo, una crudele storia africana", predispone magistralmente il lettore alla fruizione del libro di Schramme, ripercorrendo le vicende del Congo dal 1876 (anno in cui il Re dei Belgi, Leopoldo II, costituisce la "Association Internationale Africaine") al 1967 (anno della definitiva affermazione del regime di Mobutu).
La storia del Congo contemporaneo si può approssimativamente dividere in tre fasi diverse. Dal 1885 al 1908 il grande paese africano, conquistato dall'esploratore Stanley tra il 1879 e il 1884, fu amministrato dal Re dei Belgi Leopoldo II come un proprio possedimento coloniale personale, sotto il nome di "Stato Indipendente del Congo". Durante questo periodo il Congo fu sottoposto a un "durissimo regime di lavoro forzato" incentrato sulla raccolta e la commercializzazione della gomma.
Questo "sistema di lavoro concentrazionario" fu denunciato nel 1904 da una commissione internazionale d'inchiesta, le cui risultanze costrinsero la Corona a rinunciare alla gestione della colonia, che fu devoluta al governo di Bruxelles.
Dal 1908 al 1960 il Congo fu una colonia soggetta all'amministrazione diretta del governo del Regno del Belgio sotto il nome di "Congo Belga", secondo le regole stabilite con la "Charte coloniale" del 1909 che intendevano farne, dopo gli eccessi dell'età leopoldina, una "colonia modello". La colonia conobbe un importante sviluppo economico e amministrativo grazie al ruolo della "Société Générale de Belgique" e delle imprese diamantifere di Anversa. Tuttavia l'iniziale carattere di "colonia di sfruttamento" e non di popolamento risultò confermato: i bianchi presenti nel Congo, dagli iniziali 1.500 dell'epoca dello "Stato Indipendente" raggiunsero al massimo le circa 89.000 unità del 1959.
Dopo il 1º luglio 1960 inizia la storia del Congo indipendente. Il ritiro dei Belgi dal Congo avvenne in modo precipitoso e inaspettato. Se ancora nel 1955 Re Baldovino poteva parlare di una futura "comunità belgo-congolese" che accompagnasse l'emancipazione degli indigeni per alcuni decenni, l'introduzione dei consigli municipali elettivi e la vittoria dei nazionalisti neri nel 1957 portò in poco tempo l'amministrazione coloniale belga a fronteggiare uno strisciante stato di tensione interna che sfociò nella rivolta del 4 gennaio 1959. Il rifiuto dell'imbelle e miope classe politica belga a impegnare le truppe in una repressione che avrebbe ridotto i nazionalisti congolesi a più miti consigli, evitando il caos nel paese, portò alla conferenza di Bruxelles del 20 gennaio 1960, che si concluse con il riconoscimento dell'indipendenza del Congo a decorrere dal 1º luglio 1960.
Il Congo indipendente fu immediatamente devastato da saccheggi, devastazioni e stupri in particolare ai danni dei coloni bianchi, nonché dal risorgere delle mai sopite rivalità tribali tra le varie etnie nere di cui si componeva il paese.
Già nel settembre 1960 il primo ministro Patrice Lumumba, che divideva il potere con il presidente della repubblica Kasa Vubu, fu destituito, per essere poi ucciso alcuni mesi dopo. Intanto scoppiava una guerra civile tra il governo ufficiale della capitale Léopoldville (l'attuale Kinshasa) sostenuto dagli Usa, il governo di Stanleyville (l'attuale Kisangami) sostenuto dall'Urss e le repubbliche secessioniste di Kasai e Katanga.
È in questo scenario, complicato dall'intervento dell'Onu (il 12 novembre 1961, dodici aviatori italiani della spedizione Onu furono massacrati a Kindu da milizie del governo di Stanleyville, che li avevano scambiati per mercenari) e dai molteplici interessi geopolitici ed economici delle potenze straniere e delle multinazionali interessate alle materie prime del paese, che si colloca la vicenda del colono belga Jean Schramme.
Egli nacque a Bruges nel 1929 («
Crescevo come ogni bambino dell'alta borghesia fiamminga, in cui vi è l'usanza di esprimersi in francese e il patriottismo si identifica nella persona del re»).
Stabilitosi nel Congo belga all'età di 18 anni e divenuto un grande piantatore durante gli anni '50, nel luglio 1960 fu arrestato dai ribelli, ma gli operai neri della sua piantagione costrinsero i carcerieri a liberarlo e lo aiutarono a fuggire.
Riparato a Elizabethville (l'attuale Lubumbashi), formò un reparto misto composto da bianchi e indigeni e combatté agli ordini del governo secessionista del Katanga guidato da Moisé Tschombé, fino alla sconfitta di quest'ultimo. Quando poi l'ex presidente del Katanga libero tornò in patria per assumere l'incarico di primo ministro del Congo, Schramme riprese servizio nell'esercito alla guida del X Commando.
Dopo il colpo di stato con cui Mobutu destituì Kasa Vubu e Tschombé (25 novembre 1965), il paese si avviò sulla strada di un totalitarismo cleptocratico in salsa africana, teso a cancellare ogni traccia del passato coloniale, retto sul potere assoluto di Mobutu e del suo partito unico "Mouvement populaire pour la Révolution": come accennato sopra, i nomi coloniali delle città furono sostituiti con nomi africani e anche il nome dello Stato fu modificato in Zaire. A seguito del disarmo dei contingenti bianchi presenti nel paese, Schramme fu coinvolto nelle manovre dell'opposizione guidata dal colonnello Leonard Monga, che il 10 agosto 1967 istituì un governo provvisorio a Bukavu (il relativo proclama è pubblicato in appendice al libro). Dopo la sconfitta degli insorti, il 5 novembre 1967 Schramme espatriò in Ruanda, per poi finire i suoi giorni in Brasile dove morì nel 1988.
Come ricordato da Marco Valle nella prefazione, per Jean Schramme «
la difesa accanita del Katanga, dove si era rifugiato dopo esser sfuggito alla mattanza degli Europei nel luglio '60, non fu un beau geste fine a sé stesso, ma un dovere preciso verso le sue due patrie, l'antica e la nuova. Una missione. Agli occhi di Schramme la repubblica di Moise Tshombe, il capo federalista in rivolta contro il governo centrale [...] era una possibile barriera contro l'imperialismo delle super potenze, un laboratorio, un banco di prova di una rinnovata e più dinamica presenza del Belgio e, forse, dell'Europa nel cuore dell'Africa. Di qui la preoccupazione del nazionalista belga verso l'invasività degli Usa e della Francia degaullista [...] e l'iniziale distanza dai "soldati di ventura" - considerati indisciplinati, poco affidabili e privi di coscienza politica - e la volontà di formare reparti indigeni - come, appunto, le bataillon Leopard - con quadri esclusivamente nazionali».
Da allora il Congo ha vissuto trentadue anni di dittatura di Mobutu (1965-1996) e quattro conflitti in meno di venti anni: la prima guerra del Congo del 1996-1997, la seconda guerra del Congo del 1998-2003, il conflitto dell'Ituri del 1999-2007 e il conflitto del Kivu del 2004-2008.
Alla luce di quanto avvenuto, il sogno euro-africano di Schramme e la sua epopea militare, nonostante la sconfitta, assumono un nuovo significato, portandoci a concludere che molto probabilmente l'illuminato progetto di Re Baldovino di una "comunità belgo-congolese", fondata sulla pacifica collaborazione tra Europei e Africani, o come avrebbe più volentieri detto Schramme, tra "africani bianchi" e "africani neri", sarebbe stato molto più conveniente per le disgraziate popolazioni del Congo rispetto a una decolonizzazione tanto prematura quanto dannosa.