EXCALIBUR 76 - febbraio 2014
in questo numero

Siria: un punto di vista non conforme

La verità dei "media" e quella di chi ha visto di persona: malafede o ingenuità?

di Federica Poddighe
L'Onu (Unhcr) sospende il conteggio dei morti in Siria: a luglio 2013 erano oltre 100 mila
«Chiedo a ciascuno di voi: fino al 2011 eravate a conoscenza di chi fosse Bashar al Assad o quale fosse la situazione politica in Siria?»
Con queste parole si è rivolto al pubblico di un convegno recentemente svoltosi a Cagliari Ouday Ramadan, Siriano, intervenuto per raccontare il suo punto di vista sulla crisi che il suo Paese sta affrontando.
In effetti, colpisce l'attenzione improvvisa e, da un certo momento in poi, costante che i media mainstream hanno (im)posto su questa crisi.
Se sul terreno siriano si assiste tutt'oggi a un aspro scontro tra migliaia di miliziani islamisti di nazionalità diverse, accorsi per rovesciare il legittimo governo, e uomini e donne dell'Esercito Arabo Siriano, sul terreno dell'informazione siamo stati spettatori di un'offensiva mediatica altrettanto imponente, ma molto meno eroica.
Ad Assad, ai suoi familiari e al suo entourage politico sono stati attribuiti i peggiori crimini: dalle scuole bombardate, agli ospedali privati dell'elettricità, fino all'utilizzo di armi chimiche sulla popolazione inerme. Orrori che richiamano i racconti di altri orrori: le "armi di distruzione di massa" di Saddam o le "fosse comuni" volute da Gheddafi per occultare i cadaveri dei suoi oppositori. Orrori che si sono tutti rivelati delle menzogne mal congegnate e non supportate se non da prove vaghe e da dichiarazioni contraddittorie.
Sul solco di tale tradizione mediatica, in Siria i tagliagole estremisti, provenienti da Paesi dell'Africa e del Medio Oriente, dalla Cecenia e dalla stessa Europa (Italia compresa), sono stati dipinti come "ribelli" sollevatisi contro una feroce dittatura. Si è taciuto colpevolmente sulle efferatezze compiute da questi estremisti contro la popolazione siriana, si sono nascoste le immagini atroci dei civili sgozzati, dei soldati dell'esercito siriano torturati e cannibalizzati, delle città devastate e di un patrimonio unico e antichissimo sfregiato con disprezzo.
E si è taciuto sulla realtà di uno Stato in cui sono presenti e convivono etnie e religioni diverse, che garantisce a tutti alcuni beni primari e indispensabili, in cui uomini e donne hanno libertà e dignità che in altri Paesi Arabi, considerati da sempre alleati dell'Occidente (uno su tutti l'Arabia Saudita), sono un mero miraggio.
Eppure, per farsi un'idea su ciò che avviene in Siria basterebbero due importanti testimonianze: quella del cronista de "La Stampa" Domenico Quirico e quella dell'inviato de "Il Giornale" Gian Micalessin. Quest'ultimo ha realizzato un interessantissimo reportage, in cui racconta lo scontro dei soldati dell'esercito contro i terroristi asserragliati nel villaggio cristiano di Maaloula. Micalessin si muove al fianco dei soldati siriani, che tentano di liberare il villaggio e di portare in salvo i civili tenuti sotto tiro dai cecchini Jihadisti, dando notizia dei tanti già sgozzati per aver rifiutato di rinnegare la propria fede.
Molto diversa e ancora più drammatica è invece l'esperienza di Quirico: partito in Siria per raccontare "la rivolta dei Siriani contro il dittatore sanguinario", viene sequestrato e tenuto in ostaggio per 5 mesi da quegli stessi "combattenti per la libertà" che al suo ritorno dipingerà per ciò che sono veramente: estremisti crudeli, jihadisti che hanno trattato lui e il suo compagno di prigionia senza alcun accenno di umanità, picchiandoli e seviziandoli ogni giorno. All'indomani della liberazione di Quirico e del collega belga, i due giornalisti scompiglieranno i giochi dell'informazione fasulla dichiarando di aver udito dai loro stessi aguzzini l'ammissione che erano stati "i ribelli", a usare i gas tossici contro la popolazione civile.
La notizia è una bomba, perché in quei giorni si tratta per un intervento armato dei Paesi Occidentali contro il regime di Assad e l'uso di armi chimiche da parte di quest'ultimo è l'alibi che viene utilizzato per forzare la mano dell'ennesima aggressione contro uno Stato Sovrano camuffata da intervento umanitario.
Fortunatamente, sull'attacco contro la Siria - che si sarebbe risolto in un supporto militare agli estremisti - si è fatta marcia indietro, anche grazia alla ferma opposizione della Russia, e oggi la Siria sta portando avanti la sua offensiva contro un nemico terribile con l'eroismo e lo spirito di sacrificio che solo un esercito popolare e di leva può garantire. I soldati siriani combattono una battaglia che non è tuttavia nell'interesse esclusivo del loro Paese: si calcola che migliaia siano i terroristi fanatici oggi presenti in Siria dotati di passaporto europeo.
Quelli fra loro che non periranno sotto l'avanzata dei soldati siriani faranno rientro nel nostro Continente e si riveleranno una terribile minaccia interna, quasi un contrappasso dantesco, per quei Paesi che li hanno dipinti come eroici combattenti per la libertà.
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