Palau, settembre 1943: un Panzer IV transita nelle vicinanze della stazione ferroviaria posta ancor oggi a ridosso del porto. Notare il disparato abbigliamento dei tre militari tedeschi. Questa foto è stata utilizzata come logo delle due mostre sull'armistizio allestite nel capoluogo nel settembre e dicembre 2013 dall'Associazione culturale "Club Modellistico Storico Cagliari"
Maggiori indicazioni sull'operato di Basso si possono ottenere dall'esame complessivo delle iniziative militari italiane, le quali si svilupparono in due fasi. La prima, frutto dell'accordo preso nella notte del 9, era finalizzata al controllo a distanza delle truppe tedesche e di per sé non implicava sviluppi bellici. Detto compito era in capo al XXX Corpo d'Armata, ma la sua attuazione doveva essere affidata alla Nembo, in quanto tutta motorizzata. La seconda fase è invece contraddistinta dall'impiego delle altre G.U. che comincia a delinearsi il giorno 10, e per un verso fu la conseguenza della ribellione dei paracadutisti, per l'altro della pericolosa prospettiva di un attacco tedesco rivolto al Meridione dell'Isola. Questa minaccia si rivelerà infondata, ma quando prese corpo la situazione era ancora fluida per cui fu tenuta in seria considerazione, come attesta il marconigramma cifrato inviato il 12 settembre dal Gen. Reisoli al Comando FF.AA. Sardegna: «
Confermo necessità che truppe tedesche siano seguite da vicino nel loro progresso verso il Nord in modo da essere sempre in condizioni di interdire eventuale ritorno offensivo verso Sud alt Tenere presente opportunità che reparti Divisione "Nembo" ostili et Milizia non siano messi a diretto contatto Unità tedesche».
A questa emergenza si rispose con la mobilitazione della Divisione Sabauda, che dal giorno 10 andò a presidiare, in via cautelativa, il Medio Campidano e la Bassa Trexenta con forti aliquote di fanteria appoggiate da artiglieria pesante, controcarro e antiaerea. E non mancarono le disposizioni per il controllo delle strade litoranee, tanto nell'Iglesiente, rafforzando il presidio dello sbarramento posto a Nord di Fluminimaggiore, come in Ogliastra, dove il XIII Battaglione mitraglieri autocarrato ed elementi del 410º Battaglione costiero avevano il compito di bloccare lungo la linea Ulassai-Lanusei-Arbatax le provenienze tedesche da Nord. Lo stato di allerta fu esteso anche alla XXXIII Brigata Costiera, che doveva "tenere alla mano" i due battaglioni di stanza a Mussolinia e prendere posizione con l'artiglieria in modo da battere efficacemente la "Carlo Felice" a Sud di Oristano.
Il segno più tangibile di efficienza dei reparti italiani è rappresentato dal rapido posizionamento della Sabauda, tenuto conto che venne perfezionato nel volgere di quattro giorni, per cui al 14 settembre la forza schierata doveva aggirarsi sugli 8.000 uomini. Quella che può considerarsi la prima iniziativa anti-tedesca su vasta scala si basava su due ipotesi operative, una difensiva: "attacco di truppe tedesche provenienti dal Nord"; l'altra di natura offensiva: "attacco contro truppe tedesche dislocate a Nord di Mandas". Nei fatti nessuna di esse prese corpo, ma ciò non toglie che si trattò di un'operazione molto articolata che vide impegnati i due raggruppamenti tattici della Sabauda, il cui livello addestrativo era stato valutato nel corso di successive esercitazioni antisbarco, l'ultima delle quali effettuata il 30 agosto alla presenza dei generali Basso, Reisoli e Lungershausen.
Per quanto concerne le operazioni nella Sardegna settentrionale, a partire dal giorno 12 era cominciato il movimento verso la Gallura delle Divisioni Calabria e Bari, ma le maggiori forze mobilitate non prefiguravano un impiego offensivo. A far mutare i criteri operativi del Comando FF.AA. Sardegna fu la Direttiva 5V, giunta a tarda sera, con cui il Comando Supremo ordinava l'attuazione della Memoria 44 e di sbarrare ai Tedeschi la via della Corsica. Obiettivamente, a quella data, il Gen. Basso non poteva assicurare l'interdizione delle Bocche di Bonifacio, a causa dell'occupazione de La Maddalena da parte dei Tedeschi, che rendeva incerto l'intervento delle batterie costiere, ma neppure poteva rifiutarsi di attaccarli, pur sapendo che senza un forte nerbo di truppe da concentrare nel Tempiese non sarebbe stato possibile dare inizio alle ostilità.
Il solo reparto di buona consistenza esistente in Gallura era l'aliquota del "Raggruppamento Motocorazzato" vincolata alla difesa della "Zona Logistica" di Monti, dove prima dell'armistizio erano state accantonate le riserve strategiche di armi, munizioni e viveri per far fronte allo sbarco alleato. Il controllo di questi materiali era irrinunciabile tanto per il Gen. Basso come per i Tedeschi, anch'essi presenti con un nucleo corazzato, e comunque distogliere quelle forze non sarebbe bastato a prendere Tempio. Per conseguire l'obiettivo occorrevano le G.U. dislocate a Sassari e Paulilatino, che per mancanza di autocarri non potevano affluire celermente nella zona di operazioni. La Calabria dovette infatti percorrere appiedata una novantina di chilometri, mentre per la Bari il trasferimento fu più difficile per la maggiore distanza e per gli scontri avvenuti a Macomer e Mores con i Tedeschi: le cose andarono meglio da Ozieri dove si riuscì a motorizzare una metà dei battaglioni.
A partire dal giorno 13 il controllo dell'ex alleato si trasformò in marcia di avvicinamento verso il nemico.