Il Magg. Mario Rizzatti, comandante del 12º Battaglione della Nembo, caduto in combattimento a Castel di Decoma il 3 giugno 1944 alla testa dei suoi paracadutisti
Stando agli accordi, dovevano essere evitati gli incidenti con la popolazione e con le truppe italiane, invece si verificarono sgradevoli casi di disarmo, tentativi di requisizione di automezzi militari e un numero imprecisabile di scontri a fuoco, presumibilmente di modesta importanza. Nonostante le buone intenzioni, prevalse in Lungershausen l'esigenza di salvaguardare le proprie truppe durante l'attraversamento del territorio sardo e nel passaggio delle Bocche di Bonifacio, ed è da valutare in tal senso l'occupazione di La Maddalena, che mirava solo a neutralizzare le batterie della Piazzaforte. Più che un atto di ostilità fu un'operazione preventiva, condotta in modo molto accorto per non compromettere lo sgombero appena avviato, e che fino al giorno dell'attacco italiano fu anche incruenta. Essa costituisce la dimostrazione del delicato equilibrio su cui si reggeva l'accordo Basso-Lungershausen, che Nino Arena, nel volume dedicato alla Divisione Nembo, ha definito un "patto tra gentiluomini". Vale quindi la pena di ripercorrere la vicenda maddalenina, la quale é stata molto enfatizzata dalla vulgata resistenziale.
L'azione si era concretizzata nella tarda mattinata del 9, quando poche centinaia di Tedeschi, in parte già presenti sul posto, avevano assunto il controllo delle comunicazioni e del sistema difensivo della Piazzaforte, occupando la Stazione RT di Isola Chiesa, il Comando Marina con la Sede Protetta, il Semaforo di Guardia Vecchia, sede del Comando FAM, e anche il Circolo Ufficiali, con la conseguente cattura di quelli che vi si trovavano per il pranzo. A guidare il colpo di mano era stato il Comandante Uneus, un ufficiale della Marina tedesca, già addetto alle relazioni con Marisardegna, il quale informò l'Amm. Brivonesi del carattere provvisorio dell'operazione e della sua finalità. Questi, autorizzato a consultare Supermarina, ricevette dall'Amm. Sansonetti il consiglio di «
regolarsi secondo le circostanze», per cui fu indotto a trovare un'intesa con Uneus, in base alla quale si impegnava a non impedire il transito nello Stretto e non attaccare i distaccamenti tedeschi, a condizione che lo stato di occupazione in atto non fosse esteso a caserme, batterie, depositi munizioni e altri impianti. Non fu invece possibile evitare l'attacco dei cc.tt. Da Noli e Vivaldi, che nel pomeriggio affondarono alcune motozattere, ma fu un successo modesto che alla Regia Marina costò la perdita di ambedue le unità.
L'intesa con Brivonesi venne rispettata dai Tedeschi, i quali si limitarono a presidiare i siti in loro mani e a controllare il perimetro dell'abitato con postazioni di mitragliatrici. Tuttavia nei giorni seguenti, senza fare ricorso alla forza, vennero fatti dei tentativi per ottenere la consegna del Comando DICAT e delle batterie antinave. Rimasero tutti infruttuosi e neppure Lungershausen, venuto per due volte a La Maddalena con questo intento, ebbe miglior risultato, poiché il Gen. Basso respinse sia la richiesta del giorno 11 di cedere 6 batterie, sia quella del 14, anche se limitata alla sola consegna degli otturatori, per rendere quanto meno inutilizzabili le artiglierie.
A causa dell'insofferenza manifestata fin dall'inizio dell'occupazione dal personale civile e militare, la situazione a La Maddalena era tutt'altro che tranquilla e si erano già verificati sporadici scontri a fuoco che avevano costretto Brivonesi e Uneus a intervenire per riportare alla calma i militari più animosi e riconfermare l'ordine di non sparare sui natanti tedeschi. Per riprendere il controllo della Maddalena, il Gen. Basso avrebbe potuto impiegare i reparti della IV Brigata Costiera, ma dubitando del successo preferì farsi promotore di una reazione dall'interno della Piazza. Per questo fine si avvalse del Magg. Bersotti, ufficiale di collegamento con Marisardegna, il quale riuscì a coinvolgere il C.V. Carlo Avegno, comandante della Base Navale, gruppi di marinai, alcuni contingenti costieri e le batterie più prossime alla città.
Nella fase di preparazione non ebbero alcun ruolo i vertici del Comando Marittimo che il 12 erano stati consegnati nei loro alloggi dal Col. Almers. L'attacco ebbe inizio alle 8,40 del giorno 13 e fu preannunciato dai cannoni da 76/40 di Punta Tegge, che affondando la motozattera su cui viaggiava il Comandante Uneus, suscitarono la reazione delle batterie tedesche Creta e Stresa poste sul litorale di Palau. L'Opera Tegge venne colpita, ma al suo intervento fecero seguito i 152/40 di Nido d'Aquila, quindi i potenti obici da 305/17 della Batteria Pes di Guardia del Turco, che ridussero al silenzio le artiglierie avversarie.
In merito a questo fatto d'armi è bene ricordare come il personale delle tre batterie facesse parte della 3ª Legione Milmart, la quale forse non era così fascista e filo-tedesca come si è voluto far credere, sempre che sulla fede politica non abbia invece prevalso l'onore militare, come ben testimonia il rifiuto del Seniore Zanetti di cedere ai Tedeschi la Sede protetta del Comando DICAT. Un'ora più tardi entrarono in azione due compagnie del 391º Battaglione costiero e i mitraglieri da posizione di Abbatoggia oltre ai marinai e ai sommergibilisti capeggiati dal C.V. Avegno. Diverse postazioni tedesche furono sopraffatte e il 7º Grupsom ebbe ragione del presidio di Isola Chiesa, mentre fallì il tentativo di impossessarsi del Comando FAM. Il Col Almers, con il concorso di Brivonesi e del Capo di S.M. Bondi, riuscì a far cessare i combattimenti, ma soltanto dopo lunghe trattative i soldati catturati vennero rilasciati. Come contropartita gli "insorti" ottennero la liberazione degli ammiragli Brivonesi e Bona e la sostituzione della guardia armata tedesca al Comando Marina con una di marinai.
Le perdite non furono insignificanti: 24 morti, fra cui Carlo Avegno, che fu insignito di Medaglia d'Oro alla memoria, e 46 feriti per la parte italiana, 8 morti e 24 feriti per quella tedesca. La mattina del 14 un distaccamento germanico in armi presenziò ai funerali dei caduti e il giorno dopo si pose termine all'occupazione di La Maddalena, la cui liberazione era stata posta a Tempio dal Gen. Basso come condizione indispensabile per trattare la tregua richiesta da Lungershausen.