Berlusconi, Fini e la destra
Le nostre Tradizioni ostaggio di chi fatica a rappresentarle
di Angelo Abis
Lasciamo stare Montecarlo, fanciulle in fiore, parentele varie, affari più o meno leciti, logge, lobby e caste; gioia e delizia della stampa gossip e delle effimere comparsate della cosiddetta tv di prima serata. Così come non ci entusiasmano il cavaliere "despota", "amico di Putin e di Gheddafi", o Fini "iscariota, traditore, badogliano", ecc.
Da che mondo e mondo, chi detiene il potere non se lo lascia sfilare tanto facilmente, né chi è delfino, o aspirante delfino, bada ai mezzi per raggiungere i propri obbiettivi.
Lasciamo ai fans del detto "o tempora, o mores!", ai nostalgici dell'«ai miei tempi...», ai moralisti da strapazzo con la predica pronta alla bisogna, tutto il piacere di crogiolarsi sul primato dei malanni nazionali.
Parliamo, invece di politica, anzi della politica delle idee.
Chi è Berlusconi? Un ricco signore, in politica dal '94, con un singolare programma: l'Italia ha tutti i numeri per diventare un paese ricco e progredito, con un ruolo di primo piano nel contesto internazionale. Per conseguire questo obbiettivo necessita di una rivoluzione "liberale". Detto e fatto.
Dopo 16 anni di "berlusconismo" il sistema italiano si è trasformato da pluripartitico in bipolare, il Presidente del Consiglio viene eletto direttamente dal popolo, i comunisti non fanno più parte delle camere, mentre la destra, a pieno titolo, è presente in tutte le sedi istituzionali, governo compreso. Alla rivoluzione "liberale" ha dato un contributo importante la Lega, con il federalismo e con la radicalizzazione dei temi della sicurezza, dell'immigrazione.
Un altro apporto è venuto dal socialismo riformista dei Tremonti, Sacconi e Brunetta, con una impostazione produttivistica e neocorporativa dei problemi del lavoro e dell'economia. Da destra invece non è venuto niente.
Eppure il patrimonio ideale e culturale della destra non è esiguo: la repubblica presidenziale, i poteri del governo prioritari rispetto a quelli delle Camere, tutela della libertà economica, ma nel quadro di una regolamentazione che privilegi l'interesse della nazione, lo stato etico, una politica estera autonoma e dinamica, difesa delle proprie radici e tradizioni, segnatamente quella cattolica. Gli è che la destra di governo, nella persona del suo ex leader Fini, considerava tutto questo ciarpame ideologico, attentato alla costituzione e alla democrazia, robetta provinciale e retrograda. Occorre, dice Fini, portare alla ribalta alcune idee forza: centralità del parlamento, sacralità della Costituzione, del Presidente della repubblica, della Magistratura, moralismo ipocrita applicato alla politica, stato laicista e multietnico, rifiuto delle tradizioni e del passato nazionale: occorre "fare futuro", appunto.
Tutto questo presentato come il non plus ultra della novità, calato in un contenitore accattivante chiamato "destra moderna ed europea". A noi pare invece una minestra riscaldata, roba trita e ritrita da almeno un paio di decenni, che, accompagnata alla solita tiritera antifascista, non è neppure, in toto, ascrivibile alla sinistra: nessuno a sinistra, neppure il più fazioso antifascista, ha mai definito il fascismo "male assoluto".