Una nuova stagione politica
Proponimenti morali per un nuovo millennio
di Toto Sirigu
Seppelliamo il '900. Come capita alle persone di vivere diverse fasi nella propria vita, a maggior ragione le comunità vengono influenzate, spesso radicalmente, dai cambi di "stagione" o ancor di più dai mutamenti di secolo.
Seppellire il '900 vuol dire liberarsi dalle sue "tossine", da tutte le forze che hanno concorso a indebolire l'etica nella politica e nell'economia; tutte quelle forze che direttamente o indirettamente hanno concorso a far correre la tecnologia e a lasciare indietro l'aspettativa spirituale e culturale; tutte quelle forze che hanno cercato di imporre la cultura sociale del dominio dei pochi sui molti, a detrimento del principio comunitario.
Seppelliamo quindi con gusto il '900 e, guardando l'orizzonte che si apre dinanzi a noi, esclamiamo: «ognuno di noi sia partecipe attivo e attento della società in cui vive».
I valori condivisi: etica, comunità nella sua identità dinamica, legalità, giustizia sociale. Scusate se ciò è poco. Quanti di voi hanno voglia di riflettere sul significato di questi valori? Pochi, e il motivo è semplice: si danno per scontati; il loro significato è come se pretendessimo di averlo iscritto nel nostro dna culturale. E ciò in minima parte è vero. Il problema si pone quando andiamo a considerare la società nel suo continuo mutare e, in questo caso, non si può più dare niente per scontato. Riflettere. È questo il nuovo vero antidoto per ridare significato attuale ai valori. È questo il vero antidoto per non farsi più dominare da chi pensa di gestire da "illuminato" la Società.
Ed è la stessa riflessione che Gianfranco Fini ha inaugurato in questa nuova stagione politica; essa rappresenta, a parer mio, la giusta ribellione al "lasciar fare sempre agli altri".
Qualcuno si è scandalizzato sulle posizioni di Fini riguardanti la necessità di facilitare l'integrazione degli immigrati, (ovviamente si parla) di quelli che l'Italia è in grado di accogliere. Ma io, molti anni addietro, quando ancora mi ritrovavo a fare militanza nella segreteria regionale del Fronte della Gioventù, elaboravo documenti dal tenore seguente: «[...] Attraverso lo slogan "alla ricerca di...", l'uomo, fin dai tempi più antichi, ha sempre cercato nuovi approdi territoriali, con diversa intensità e con diverse forme e modalità, ed è sempre riuscito a impostare un certo rapporto con la nuova terra e con la nuova gente. Entrando nel Terzo Millennio non cambia la musica. Cambiano soltanto le parole usate per descrivere questi fenomeni: scafi, scafisti, extracomunitari, ecc.. Ora, rispetto al dilemma iniziale, dobbiamo esprimerci in maniera chiara, sempre che si stia dalla parte di coloro che intendono leggere la realtà per poi governarla e non per subirla, e affermare: "immigrazione sì"».
Questo è solo un esempio che, però, conferma nitidamente, secondo me, la giustezza dell'impostazione generale finiana: riflettere per rilanciare la comunità dei cittadini nel terzo millennio.
Ritorniamo a essere partecipi protagonisti della vita delle nostre comunità, riaffermando, attraverso la giusta meditazione, l'identità di un popolo che ha sempre vantato un ruolo attivo nel mondo.
Una nuova stagione politica?
Ma il passato è maestro di vita
di Angelo Abis
Seppelliamo il '900, questo l'incipit di Toto, premessa indispensabile, questa, affinché si possa guardare l'orizzonte e dire: «ognuno di noi sia partecipe attivo e attento della società in cui vive».
Ci dispiace che Toto non si sia accorto che, nell'anno di grazia 2010, il '900 è bello che morto e sepolto. Anche a voler considerare solo la seconda metà del secolo defunto e limitarci al solo caso Italia, è agli occhi di tutti che la cosiddetta "prima repubblica", col suo sistema dominato dai partiti-apparato, con la centralità democristiana, i governi che duravano mediamente un anno, l'allegra finanza, i sindacati ultra potenti, i pacifisti, la sinistra internazionalista e antiamericana, la Chiesa post-conciliare e quant'altro, non è più. Un bene? O un male? Non m'interessa giudicare. Da storico vorrei soprattutto capire.
Anche se Toto non se n'è accorto, viviamo da tempo una nuova stagione politica. Qualcuno ha trasformato il nostro sistema da pluripartitico in bipolare, con un Presidente del Consiglio eletto dal popolo. Scomparsi i comunisti dal Parlamento, i governi durano persino un'intera legislatura, la destra non abita più nel sottoscala ma è al governo. Le "masse proletarie" le portano in piazza i leaders della destra, mentre i poteri "forti" si appoggiano all'opposizione di sinistra, e viceversa.
Ma, sostiene Toto, seppellire il '900 significa eliminare le "tossine" di chi è nemico dell'etica nella politica e nell'economia, dei fautori della tecnologia a scapito dell'aspettativa spirituale e culturale, dei fans del dominio dei pochi sui molti. A detrimento del principio comunitario. Peccato che queste "tossine" fossero anche la bestia nera delle principali dottrine politiche totalitarie del '900. Non voglio fare torto all'intelligenza e alla sensibilità di Toto, accomunando il suo pensiero a tali dottrine, se non altro perchè, per i promotori delle stesse, l'uso dell'etica, dei valori, della morale, ecc., era strumentale all'obbiettivo di eliminare i propri nemici. E pur tuttavia vorrei far notare che quelle tossine albergano anche in Fini, quando tratta da ciarpame ideologico la concezione dello stato etico o la dottrina corporativa.
Quanto alla critica del dominio dei pochi sui molti, Toto sa benissimo, essendo buon conoscitore del Pareto, che, in qualunque tipo di società, dalla tribù al clan, dal monastero al reparto militare, dalla città, allo stato e all'impero, si crea sempre una èlite che comanda e una massa che ubbidisce, qualunque sia il sistema politico adottato, sia esso democratico, totalitario od oligarchico.
Il concetto opposto, che evidentemente Toto predilige, ha come conseguenza quel celebre e saggio proverbio sardo: "centu concas, centu barritas".
E, per concludere, veniamo al cavallo di battaglia tanto caro a Fini: la battaglia per l'integrazione degli immigrati. Toto sin da giovanissimo ne era un fautore ante litteram: «l'uomo, fin dai tempi più antichi, ha sempre cercato nuovi approdi territoriali, con diverse forme e modalità, ed è sempre riuscito a impostare un certo rapporto con la nuova terra e con la nuova gente. Entrando nel Terzo Millennio non cambia la musica. Cambiano solo le parole usate per descrivere questi fenomeni: scafi, scafisti, extracomunitari, ecc.. Ora [...] dobbiamo esprimerci in maniera chiara [...] "immigrazione sì"».
È vero che l'uomo, sin dai tempi più antichi, ha sempre cercato nuovi approdi territoriali, ma la storia, in genere, ha chiamato ciò "conquiste" e non "immigrazioni". Che poi «l'uomo sia sempre riuscito a instaurare un certo rapporto con la nuova terra e con la nuova gente» basta chiederlo ai Pellerossa e agli Indios delle Americhe, o, se vogliamo rimanere nel nostro terzo millennio, ai Palestinesi.
Una piccola, sana polemica!
La mia collaborazione a questo periodico è cominciata con una richiesta di "aiuto informatico": chi materialmente curava l'impaginazione degli articoli, la cura formale della presentazione, la ricerca di fotografie - quando necessarie - a corredo dei contenuti, aveva degli impedimenti a fare tutto ciò. La richiesta è nata da un caro amico, Angelo Abis, e mi sono prestato a questo "lavoro" con estremo piacere.
Successivamente mi fu chiesto di preparare qualche articolo: anche per questa richiesta mi sono impegnato più che volentieri.
Chi ha letto ciò che in questi anni ho scritto avrà certamente notato che in genere gli argomenti sui quali mi dilungo riguardano la "politica estera" (che parolone) forse a motivo dei miei studi.
E di Israele in particolare. Nonostante la mia diversa impostazione ideologica rispetto a chi in genere scrive su questo periodico, ho avuto un'accoglienza sempre cordiale. E un merito di questo giornale è accogliere voci difformi, indubbio segnale di intelligenza.
Mi stupisce, perciò, che a chiusura di una garbatissima e interessante polemica sui travagli della nostra società, Angelo abbia infilato una chiusura alla "Travaglio" inutile e - a parer mio - completamente sbagliata.
Pellerossa-Indios-Palestinesi: la solita equiparazione Ebrei-conquistatori e Palestinesi-vittime della storia è roba del vecchio millennio.
Angelo Marongiu
Non ho mai chiamato i Palestinesi "vittime" (nel senso di "buoni"), né ho mai considerato i conquistatori "cattivi". Dico solo che i Palestinesi tutto possono pensare fuorché integrarsi con gli Ebrei e viceversa.
Angelo Abis
Il Direttore ha sempre l'ultima parola.
A.M.