Nè destra nè sinistra
Le vecchie catalogazioni superate a favore della risoluzione di problemi incombenti
di Angelo Abis
Strane queste elezioni politiche del 13 e 14 aprile del 2008: una campagna elettorale sottotono e sonnolenta. Veltroni che rifugge i termini come sinistra, comunismo e socialismo quasi fossero parolacce, deferenza per il "leader dello schieramento avverso", ecc..
Berlusconi appare stanco e un po' abbacchiato: non gliene frega niente del risultato finale; tra la derisione generale, dà per scontata una vittoria travolgente. La presunta rimonta di Veltroni lo lascia indifferente. Non degna neppure di una sillaba le accuse di inciucio, tradimento, relativismo morale di Casini, del duo Storace - Santanchè, di Ferrara. Ha solo due fisse: l'immondezza di Napoli e la svendita dell'Alitalia alla Francia, due iatture, per lui, che screditano l'Italia nel mondo.
Eppure il risultato è stato inequivocabile non solo e non tanto nella vittoria, quanto nella cancellazione nel Parlamento di qualunque tipo di sinistra. Pone non pochi interrogativi il fatto che una quota non marginale dell'elettorato di sinistra tra Bossi e Bertinotti abbia scelto Bossi e tra Rutelli e Alemanno abbia scelto quest'ultimo. Scelte, queste, non certo legate al dato ideologico o alla valenza politica delle persone, ma calibrata intorno ai "valori" (di cui Bossi e Alemanno sono ritenuti emblemi) considerati più a rischio dalla società italiana. Parliamo di identità e modernità, due "valori" che nella loro astrattezza riassumono, tuttavia, cose reali e concrete che ci toccano tutti da vicino: la sicurezza, le tasse, l'immigrazione clandestina, la tav, i gassificatori, le centrali atomiche, la religione, la famiglia, ecc.. Tutte cose che non sono di per sé né di destra, né di sinistra.
Non di meno, difendere o opporsi a questi "valori" determina nuove e inedite classificazioni fra gli elettori. L'operaio comunista torinese che protesta perché il tunisino clandestino gli spaccia la droga sotto casa, si sente rispondere (dalle sinistre) che è razzista, nemico del diverso e della società multietnica, ergo un leghista o un fascista. Oppure l'artigiano o il commerciante di destra che invoca lo sciopero fiscale contro le tassazioni esose, diventa un pericoloso sovversivo antinazionale.
In fondo queste elezioni hanno posto fine a tutte le etichette politiche del secolo scorso: destra, sinistra, socialista, comunista, laico, cattolico.
In compenso la vittoria di Berlusconi ci consegna un popolo più unito, più conscio dei propri diritti, ma anche dei propri doveri. Un governo coeso, consapevole degli enormi problemi che è chiamato a risolvere e, almeno alla luce dei primi provvedimenti presi, va dimostrando capacità tecnica, lungimiranza politica, efficacia mediatica.
Forse, per la prima volta nel dopoguerra, si ha l'impressione che, finalmente, volontà popolare e classe politica si trovino concordi nel considerare l'interesse dello Stato e della comunità al di sopra di tutto.