EXCALIBUR 49 - giugno 2008
in questo numero

Aspettiamoci un peggioramento

L'illusione di far competere le economie occidentali con le economie "criminali"

di Ernesto Curreli
Un moderno impianto industriale a basso impatto ambientale
È sempre fastidioso citare sé stessi, ma voglio ricordare che otto anni fa scrivevo su Il Secolo d'Italia (8 febbraio 2000) un articolo sui guasti che avrebbe provocato all'economia, in particolare dell'Unione europea, l'ingresso della Cina nel Wto, fortemente caldeggiata dall'allora presidente Usa Bill Clinton nel vertice di Davos, in Svizzera.
Cercavo di spiegare che le motivazioni di Clinton erano molteplici: il desiderio di contenere lo sviluppo europeo nell'imminenza degli accordi con i Paesi dell'Est, la necessità per gli Usa di avere nel "mercato globale" un alleato importante come la Cina, che forse immaginava di poter blandire a vantaggio statunitense con la creazione di barriere doganali e con i controlli di "qualità", ai quali gli Usa ancora oggi non rinunciano, al contrario dei formalistici controlli Ue, che funzionano proprio come un colabrodo quando lo si adopera per contenere liquidi. C'era anche, da parte americana, la speranza di limitare sul nascere la ripresa russa. Concludevo dicendo che in Europa avremo pagato cara questa dissennata "apertura". Come molti, ero stato facile profeta. Non lo scrissi allora, perché ci ho pensato solo successivamente, ma forse il presidente pensava di poter usare con la Cina lo stesso trattamento che gli Usa, con una inaspettata manovra finanziaria, riservarono all'allora temibile Giappone. Ma allora c'era Reagan: altro coraggio, altri attributi.
Da allora le economie statali sono peggiorate per tutti, Usa e Ue comprese. Far competere le economie occidentali con le economie criminali era proprio una illusione, come tutti oggi possono vedere. Gli economisti, finalmente ma con grave ritardo, chiamano adesso "criminali" quelle economie e quei sistemi che si sviluppano con modi di produzione schiavistici, dove i lavoratori subiscono ritmi di lavoro insostenibili, sono privi di assistenza sanitaria e previdenziale, non conoscono sicurezza nei posti di lavoro, né si vedono garantiti i più elementari diritti sindacali. Gli scioperi sono repressi con l'arresto, le proteste sono vietate, le ferie e i riposi settimanali sono considerati lussi, gli ambienti di lavoro sono inimmaginabili.
Uno degli ultimi "paradisi" comunisti, la Cina, si è sviluppato con questi sistemi. Un bel progresso.
Sono persino riusciti a esportare questi modi di produzione in Occidente: ogni tanto si scoprono nelle città europee questi nuovi padroni, che tengono incatenati ai telai persino i bambini. Noi, nei primi decenni del '900, avevamo vietato il lavoro minorile, lo sfruttamento notturno di donne e bambini, il lavoro dei fanciulli in miniera. L'Inghilterra liberale e l'Italia fascista fecero a gara nell'introdurre politiche di tutela, quelle che oggi chiamiamo del welfare statale. In questa nobile e progressista competizione vinse di gran lunga l'Italia, con la creazione dei grandi Istituti previdenziali e assistenziali: l'Inps, l'Inail, l'Inam, l'Onmi, gli asili nido, le colonie, gli antitubercolari, gli ospedali, la creazione degli Istituti di Medicina del Lavoro e della Magistratura del Lavoro.
Ho tenuto da poco una conferenza con i medici presso la sede del loro Ordine in una provincia sarda e ho ricordato brevemente queste istituzioni, per spiegare che essi erano in prima fila ottanta anni fa per appoggiare questa ventata di rinnovamento e per incoraggiarli, oggi, a impiegare ogni energia per rafforzare le misure per la salute e la sicurezza nei posti di lavoro. Alla fine molti si sono avvicinati e mi hanno ringraziato per aver ricordato queste iniziative, nelle quali la loro categoria fu in prima fila.
Oggi, tuttavia, le priorità occidentali sono ben altre, perché rischiamo di rimanere travolti da una forte ventata di stagflazione (minor crescita, maggior inflazione) dovuta, tra l'altro, alla concorrenza delle economie criminali, che invadono i nostri mercati con merci pessime ma di bassissimo costo, mentre le nostre produzioni devono scontare una serie di limitazioni spesso incomprensibili (licenze, permessi, burocrazia che si articola su tre-quattro istituzioni che dovrebbero dare il via alla stessa richiesta, quintali di carta per ogni stupida questione in appoggio a una complicatissima burocrazia telematica cui, per sovrapprezzo, sono costrette) e con vincoli europei che ci stanno conducendo al suicidio collettivo.
La crisi si è concatenata sulle emergenze alimentari, dell'energia e della finanza. Secondo i dati del Programma Alimentare Onu il prezzo del riso è aumentato in Asia da 460 dollari alla tonnellata a oltre mille dollari nel giro di sette settimane, mentre il prezzo del grano è raddoppiato in tutto il mondo. Sapevamo che i cereali venivano impiegati massicciamente per l'alimentazione animale e per la produzione di bio-carburanti, ma per tutti è stata una sorpresa sapere che sul prezzo sta incidendo anche la maggiore richiesta che proviene dall'Asia: i Cinesi hanno cominciato a mangiare un po' di più: meno riso ma più carne e più pane, allo stesso modo degli Indiani e degli altri popoli d'Oriente.
Come ne usciremo? L'Europa non è ben messa: sconta una sempre maggiore proliferazione normativa persino su forma, colore e dimensioni dei cavoli e dei piselli, sta svuotando gli Stati della loro sovranità tanto che questi non hanno quasi più capacità di incidere sui problemi interni. Garantisce stabilità monetaria con un euro fortissimo che però danneggia tutte le nostre esportazioni e contemporaneamente non riesce, assurdamente, a frenare l'inflazione. Poi ci sono le dinamiche interne a ogni Stato e, dentro gli Stati, le dinamiche regionali, con sovra poteri regionali che provocano paralisi, più che sviluppo. Pensate ai settemila nuovi disoccupati creati da Renato Soru nel settore edile, alle migliaia di nuovi precari (precarissimi, è il caso di dire) che ci ha regalato nel settore del turismo, alla drastica riduzione delle produzioni agricole che non ha tentato nemmeno di arginare. Sommate gli scempi provocati dal governo Prodi, tanto noti che non vale la pena di citare.
Gli Stati Uniti, contrariamente alle analisi dei super esperti, stanno invece imboccando una strada virtuosa: si parlava di almeno sessantamila nuovi disoccupati nel mese di aprile 2008, mentre ne sono stati registrati appena ventimila. Hanno minori preoccupazioni sul fronte energetico, hanno una economia capace di riprendersi in pochi mesi, chiacchierano poco e producono molto. Noi aspettiamoci il peggio, che deve ancora venire, malgrado gli sforzi che tenterà Berlusconi.
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