Noi, gente di destra
Ironia sulla classe dirigente "latitante" di A.N.
di Isabella Luconi
Noi gente di destra, un po' bizzarra, passionale, nostalgica, siamo abituati ad attribuire alle parole il significato reale che esse vogliono rappresentare.
È normale quindi che quando sentiamo parlare di "colonnelli" il pensiero vada immediatamente a una gerarchia militare, o anche a quell'antica e strana vicenda di un colpo di stato, forse pensato, forse tentato e mai riuscito.
Ma oggi, a noi gente di destra, ci hanno detto che per colonnelli dobbiamo intendere lo staff fedele al capo, ovvero al nostro (nostro?) Presidente Gianfranco Fini.
Nell'ordine gerarchico militare, il grado immediatamente superiore a quello di colonnello è quello di generale; non me ne voglia Gianfranco Fini, ma obiettivamente di generale ha ben poco, a meno che seguendo l'ottica precedente di attribuire un significato reale alle parole, si voglia intendere per "generale" nulla di specifico, in questo senso allora la rappresentazione è esatta: non c'è nulla di più generale del pensiero di Gianfranco Fini, nessuna specificità, nessuna linea politica, nessuna posizione precisa, se non quella relativa ai suoi fini strategici non meglio definiti.
Ritornando ai nostri colonnelli, un merito bisogna però riconoscergli: sono bravissimi nel dire sempre "signorsì", e questo esclude l'altra idea di un colpo di stato o meglio di un colpo di presidenza. A parte questa loro capacità di obbedire senza replicare, a guardarli bene, vengono in mente altre immagini.
Pensando a Gasparri, l'immagine che sovviene è piuttosto quella di un colonnello greco sempre pronto, se chiamato, a passare in altre caserme, ma a quanto pare il buon Generale Berlusca, ha colonnelli in grande abbondanza e non se ne fa nulla di quelli di Alleanza Nazionale.
La Russa assomiglia di più a un militare tedesco, e quando si arrabbia sembra proprio un sergente delle S.S..
Alemanno invece richiama alla mente un colonnello francese avvezzo a bere champagne e mangiare caviale, e visto il suo abbandono del ruolo di leader della destra sociale, ci sembra più esatto non parlare della Francia ma della Repubblica di Vichy.
Si potrebbe continuare, ma il materiale umano di cui parlare è talmente insignificante da non suscitare nessun pensiero e nessuna analogia.
Bene ha fatto il buon Storace, che, illuminato dalla lettura della settimana enigmistica, è rimasto folgorato dalla pagina dei rebus e delle sciarade e ha risolto con la fuga il quesito del cambio di vocale:
"La svolta di xyxxxx (Fiuggi)
Non gli era mai piaciuta
E così da A.N. xxxxx (fuggì)
per non dover ancora
sempre dire signorsì".
Che cattivi che siamo noi gente di destra, sempre a sparlare del partito e dei suoi massimi rappresentanti, dimentichi dei sacrifici e delle rinunce che hanno dovuto sopportare per far scendere il consenso intorno a questo partito di destra (?). Per non parlare poi di quanto devono faticare per tenere a bada nelle realtà locali i piccoli ras, i quali, consapevoli che l'avanzamento di carriera non viene fatto per merito ma per anzianità, stanno spendendo tutte le loro energie e le loro risorse per mantenere il più a lungo possibile il loro ruolo di ras locali, nella speranza molto remota di diventare colonnelli... Pardon, il termine "ras" evoca un periodo che non fa parte della storia della destra, e quindi si dovrebbe trovare un altro termine per definirli, ma non mi sovviene.
E a noi gente di destra, popolo bizzarro, nostalgico e passionale, che crediamo ancora che valga la pena di combattere per difendere un'idea, quale futuro ci aspetta? Non posso che rispondere con i versi del sommo poeta:
«Ei fu... siccome immobile, dato il mortal respiro»...