Il palazzo del Consiglio Regionale della Sardegna
Più di ventimila elettori di tutta la Sardegna hanno promosso un referendum abrogativo contro il disegno di legge regionale che mira a istituire quattro nuove province: Gallura, Ogliastra, Medio Campidano, Sulcis-Iglesiente. Le nuove strutture provinciali sono state volute da una maggioranza trasversale in Consiglio regionale, attenta agli interessi degli apparati politici locali piuttosto che alle reali esigenze delle popolazioni e dei territori interessati. Ciò è tanto evidente se si considera che a volere le nuove amministrazioni sono i sindacati di sinistra e alcune decine di ex sindaci, ex consiglieri comunali, provinciali e regionali, che nelle loro piccole realtà locali si sentono inattivi e privi di ruolo. Naturalmente, a fiancheggiarli ci sono anche sindaci e consiglieri regionali in carica, ma l'impressione generale è che si muovano guardando al loro incerto futuro politico, nella speranza di trovare nuovi spazi istituzionali.
Vi sono almeno due ragioni per dire no alle nuove province: la prima è di carattere politico e finanziario, la seconda interessa più da vicino le popolazioni. Per quanto riguarda la prima, occorre dire che è stato calcolato che per ogni nuova provincia sono previsti almeno dodici assessorati, costosi quanto inutili. Premesso che per il semplice funzionamento burocratico di ogni struttura assessoriale (tra uffici, segreteria, autista, macchina di rappresentanza, ecc.) devono essere stanziati ogni anno oltre 516 mila euro (circa un miliardo di vecchie lire), è facile prevedere che le esauste casse regionali, al pari delle esauste tasche dei cittadini che saranno chiamati a farvi fronte, dovranno sborsare più di 576 miliardi di lire, pari a circa 297 milioni di euro. Considerato il magro bilancio regionale, che per il 2003 è riuscito a malapena a trovare 50 milioni di euro per finanziare i mutui per l'acquisto della prima casa, si comprenderà che le nuove province non funzioneranno per mancanza di fondi. Riusciranno a pagare soltanto gettoni ai nuovi assessori e consiglieri provinciali.
La seconda ragione per dire no è più vicina agli interessi delle popolazioni. Il disegno di legge regionale ha tagliato con le forbici realtà territoriali che storicamente costituiscono invece macroaree omogenee e articolate. Dimostrando cecità o, più probabilmente, ignoranza, gli architetti amministrativi hanno preteso di cancellare la storia. Anticamente l'areale del campidanese cagliaritano era diffuso fin verso la Barbagia di Seulo e l'Ogliastra, seguendo i confini del vecchio Giudicato (o Regno) di Cagliari. Addirittura l'Ogliastra e la Barbagia di Seulo costituivano le antiche omonime "Curatorie" del "Giudicato di Calari", i medioevali distretti amministrativi dell'organizzazione giudicale sarda. La lingua campidanese arborense, a sua volta, era penetrata fin verso la Barbagia di Belvì, il Mandolisai e la Barbagia di Ollolai, le cui Curatorie costituivano i confini nordorientali del glorioso Giudicato o Regno di Arborea. Coi secoli la sedimentazione linguistica e i comuni interessi economici e politici di quelle popolazioni si sono mantenuti inalterati. Si spiega così la presenza del campidanese fin nel cuore delle Barbagie e il rifiuto opposto da numerosissimi comuni di entrare a far parte di nuove province che sentono inutili ed estranee. Perciò gli abitanti di Seulo, Nurallao, Isili, Nurri, Nuragus hanno chiesto di non far parte del Medio Campidano ma di passare nella loro vecchia provincia di Cagliari. L'Ogliastra si sta svuotando da sola: Villanovatulo, Sadali, Mandas e Orroli vogliono stare con Cagliari. Teulada non desidera affatto stare con il Sulcis-Iglesiente, realtà che le è estranea, ma vuole rimanere con Cagliari.
Potrei continuare a lungo, ma abbrevio: Montresta non vuole Sassari ma desidera andare con Oristano, Esterzili vorrebbe lasciare Nuoro per andare con l'Ogliastra. Serri, Escolca, Gergei, Samatzai e Guasila non vogliono il Medio Campidano ma vogliono Cagliari, Ozieri ha respinto la proposta di lasciare Sassari per andare con la Gallura: fece sempre parte del Giudicato di Torres o di Sassari.
Sono tra quanti vedono con favore le autonomie locali: consentono la diffusione della cultura democratica e partecipativa. Ma occorre sempre tenere presenti gli interessi delle popolazioni: province di 40 mila abitanti sono forse una forzatura, mentre continuare a negare l'esigenza di creare una provincia in Gallura, che negli ultimi decenni ha conosciuto un
trend economico completamente diverso rispetto all'antica realtà del Sassarese sarebbe sciocco. Perciò è meglio respingere l'attuale proposta di legge sulle nuove province e successivamente chiedere alle popolazioni un nuovo referendum per individuare meglio i futuri territori.