EXCALIBUR 36 - maggio/giugno 2002
in questo numero

A.N. fra critiche e proposte

Ancora una pioggia di critiche a Fini, reo di aver dimenticato il suo passato, e una proposta: andargli contro!

di Guido Garau
Si chiude il congresso di Alleanza Nazionale e il partito se ne va da Bologna più innamorato che mai del suo leader, Gianfranco Fini.
Scollature da capogiro, tacchi vertiginosi, jeans attillati, nuvole di capelli e profumi nauseabondi. A qualche commentatore più esperto la variopinta esposizione di nani e ballerine ricorda altri congressi, di altri anni, quando ai triangoli blu e bianchi della scenografia "finiana" si preferiva un'imponente piramide. Nessuno lo dice, naturalmente. Nemmeno quando il vicepremier, che parla a braccio («che bravo, che bravo!»), rende onore a coloro che dal M.S.I. non venivano e che a Fiuggi aderirono al nuovo progetto: gente come Fiori e Selva, tessera numero 648 e 623 della P2 di Licio Gelli, per intenderci.
Dalla riflessione sull'autonomia della politica di destra non emerge nulla o ben poco: le assise in cui Fini parla da "uomo delle istituzioni" sono «un impegno a non far prevalere spinte disgregatrici nell'accordo con Berlusconi», a gestire «con passione la partita della riforma del mercato del lavoro e del dialogo con il sindacato, così come già fatto con il pubblico impiego» e nulla più.
Nessuna proposta per i "credenti" della base, nessuno sguardo, ad esempio, al futuro del dibattito sul multiculturalismo, ai diritti dei popoli, al pensiero ecologista, nessuna riflessione sulle conseguenze distruttive dell'eclissi del sacro. Nessun accenno, soprattutto, all'imporsi del pensiero dominante, quello economista e imperialista. Perché la "nostra" destra, inghiottita dal berlusconismo, è diventata liberista, capitalista e persino, a dispregio di ogni difesa dell'identità nazionale, americanista. C'era di che riempire un enorme cantiere di idee, ben radicato nel dibattito sulle questioni cruciali dell'attualità. Non è arrivato niente.
L'eredità di Fiuggi. A distanza di poco più di sette anni, dalle rovine fumanti del M.S.I. non si è salvato neppure il progetto, l'idea originale. Le sinergie che avrebbero dovuto animare la "nuova destra" non hanno visto la luce. La spinta psicologica che portava a immaginarla imminente, quando non si è esaurita, si è dispersa nei rivoli di iniziative personali, nei carrierismi, nei clientelismi di stampo democristiano, nella separazione. Spesso nell'ignoranza.
Negli ambienti inclini a definirsi non conformisti - subito ghettizzati per paura di perdere il consenso - ha imperversato il fanatismo, il settarismo e la cristallizzazione ideologica. Nessuno ha cercato di leggere la realtà o di decifrarla, di interpretarla, proponendo formule nuove e alternative. I nostri o guardavano indietro o allungavano la lingua. Pelosa. E ora domina negli elettori una mistura di scetticismo e impotenza, facendo sì che le aspirazioni collettive siano in netto calo. Crescono, viceversa, le preoccupazioni individuali, i desideri di tutela della propria situazione particolare, le voglie di rifugiarsi, di vivere nascosti. Uno stato di torpore da cui si esce solo in occasioni di mobilitazione straordinaria: Twin Towers o Medio Oriente, G8 o immigrazione. Solo quando i mass media li portano alla ribalta. A quel punto si simpatizza, ci si agita, magari ci si mobilita in prima persona: una firma, qualche messaggio di posta elettronica, una lettera al giornale. Per poi tornare allo stato di coma intellettuale.
Cosa fare? Nell'immediato Alleanza Nazionale dovrebbe tentare di fare, su scala maggiore, quello che fa la Lega. Puntare su alcuni temi e su questi sfidare Berlusconi. Chiedere il conto al premier, cercare di condizionarlo. Ma è un rischio e Fini è uno che caratterialmente non ama il rischio. Anche perché l'unica volta che ha provato a osare, alleandosi con Mario Segni e dando vita all'Elefantino, ha ottenuto un disastro politico.
Ma è alla distanza che si gioca la vera sfida. Occorre:
1) rinnovare la sfida politica offrendo un "sogno-ideale", con punti programmatici propositivi che si contrappongano realmente a quelli dominanti. Ad alimentare l'ascesa nella sfera pubblica dell'ideologia liberale e dei suoi interpreti è stata infatti soprattutto la possibilità di contare sulle debolezze dei contraddittori. Organizzare un nuovo mondo, relegando definitivamente al passato le folli e obsolete nostalgie dei sistemi totalitari. Ripristinare la centralità dell'uomo sulla politica.
2) Trovare un vero leader - che non sia Fini - che vuole il comando per realizzare un fine, un progetto, un sogno. «Per capire chi è Michelangelo bisogna guardare la Pietà, la Cappella Sistina. Per capire chi è Marconi o Fermi bisogna guardare alle loro scoperte». Per comprendere chi è Fini bisogna vedere ciò che ha creato. I suoi discorsi sono vuoti, i suoi scritti insignificanti. Nessuna realizzazione... solo chiacchiere e poi fumo, apparenza. Appiattimento totale, svendita della Giustizia e della Magistratura. Svendita dei Valori. Dovunque sia stato, Fini ha lasciato in eredità il vuoto pneumatico.
Il paese è già stato sufficientemente afflitto da questo tipo di personaggi incapaci, che hanno tradito la vera anima della loro coalizione. Andiamogli contro: l'Italia ce ne sarà grata.
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