Una visuale fotografica della politica attuale
di Toto Sirigu
Tutti uguali, anzi no. I Radicali, il Movimento di Di Pietro, Fiamma Tricolore, Democrazia Europea di D'Antoni, Rifondazione Comunista, Forza Nuova, sono dei raggruppamenti che si distinguono facilmente. Espongono idee, slogan, progetti tra loro diversi e contrapposti. I due Poli no: si rincorrono a vicenda su questo o quel tema e alla fine i loro programmi non risultano dissimili; è fin troppo evidente che cercano di accalappiarsi la fascia mediana degli elettori, determinante, così dicono gli "esperti", per la vittoria dell'uno o dell'altro schieramento.
I Radicali continuano le loro battaglie in nome dei princìpi libertari (massima libertà per ciascun individuo con marginalizzazione di tutti i corpi intermedi) e in nome dei princìpi superliberisti in economia e per il presidenzialismo all'americana. Poi c'è Il Movimento di Di Pietro che sbandiera ai quattro venti il principio di legalità e trasparenza: messaggio forte e chiaro ma, a dir la verità, appannatosi in seguito, tra le altre, alla famosa "vicenda della Mercedes". Non manca la Fiamma Tricolore, che, in maniera diretta ed esplicita, esalta la figura di Mussolini e le realizzazioni sociali del Fascismo, lanciando così l'auspicio di una riattualizzazione politica di certe origini missine. C'è pure Rifondazione Comunista orientata come un missile sia alla realizzazione di un programma comunista di rottura rispetto alla "società capitalista" che all'elogio della linea creativa dei centri sociali antagonisti. Ci imbattiamo anche in Forza Nuova. È un movimento che s'impone con parole d'ordine di un indubbio impatto: dalla lotta dura alla immigrazione clandestina, alla esaltazione della famiglia eterosessuale con prole, all'antiabortismo, alle simpatie manifestate e ripetute per quel cattivo di Haider. Infine ritroviamo l'ex sindacalista D'Antoni e la sua recente creatura, Democrazia Europea; obiettivo clamoroso e immediato: costruire il "Grande Centro" contro l'attuale falso bipolarismo.
Tutti questi movimenti meritano un plauso perché hanno deciso di occupare la scena politica al fine di urlare una propria e specifica identità, che non tendono a nascondere e neppure tentano di travisare. È un vero e proprio elogio della identità politica. Ma la presenza di questa caratteristica va di pari passo con un'altra: sono sostanzialmente tutti gruppi che non hanno immediate velleità di governo. Verrebbe da dire: partito identitario = partito di opposizione. Morale dell'analisi? Mi affascina la voglia che queste entità politiche hanno di andare contro, di dire le cose che pensano, di rompere equilibri esistenti.
E i due Poli principali che fanno? Vogliono governare. Di riflesso, i partiti che compongono le due coalizioni tendono a sfumare le rispettive singole identità, facendo prevalere, a livello di programmi, una sintesi che non deve scontentare praticamente nessuno. Questa rincorsa a tutti gli elettori rende i due principali schieramenti sempre più uguali tra loro. Verosimilmente in questa campagna elettorale l'unica differenza sarà sancita dalla presenza in uno dei due Poli di una figura qual è Silvio Berlusconi: c'è chi lo ama, c'è chi lo odia. Mi spingo a dire, estremizzando solo un poco, che il vero programma del centrodestra è Silvio Berlusconi. È questo un aspetto positivo? È negativo? Vi piace questo andamento politico? Non vi piace? Io ne prendo atto e vado oltre.
Ma se tutto è sfumato, se tutto è soft, se tutto o quasi viene sacrificato in nome degli scranni governativi, che fine fanno le identità dei singoli partiti delle due coalizioni? Interrogativo interessante. Ma ora, poiché sono nella fase terminale del pezzo, posso soltanto esprimermi, sinteticamente e superficialmente, intorno alla esistenza o meno della mia identità politica e lasciarvi alcuni spunti per ulteriori riflessioni.
Devo dire francamente che il partito in cui milito, Alleanza Nazionale, ha permesso di tutelare la mia identità politica; essa vive grazie alla presenza in A.N. di tante persone, donne e uomini, sorrette da un percorso fatto di una certa lotta, di un certo stile, di una certa linea comportamentale, di una certa comunanza cameratesca, di un certo filone culturale e ideale. Identità, quindi, forgiata non con semplici espressioni verbali (magari roboanti) ma con militanti e simpatizzanti in carne e ossa che hanno dato corpo con la loro condotta quotidiana a un insieme di idee e valori.
Chiudo, senza commento, con due spunti di politica generale e di prospettiva socio-culturale.
Marcello Veneziani, noto e stimato intellettuale di destra, sostiene: «Prima di ogni riforma politica si rende necessaria una riforma della politica; non ingegneria costituzionale ma rifondazione della politica [...]. I partiti vengono meno al loro ruolo di laboratori a cielo aperto in cui si forma e si seleziona una classe dirigente sulla base di un comune progetto [...]; essi anziché essere canali di partecipazione, forze ascendenti che rappresentano in alto le istanze della società, diventano luoghi di gestione, che discendono dal potere sulla società. In questo modo essi non rappresentano l'esigenza partecipativa».
Anthony Giddens, direttore della "London School of Economics", scrive: «Viviamo in un mondo in continua trasformazione, che influenza ogni aspetto della vita quotidiana. In meglio o in peggio, siamo spinti a tutta velocità verso un nuovo ordine globale che nessuno comprende appieno, ma i cui effetti si fanno sentire. La globalizzazione è rivoluzionaria».