E bravo Fini, 7+
Molta distanza fra la "destra del presidente" e la "destra della base"
di Isabella Luconi
Il "7" per la relazione programmatica. Precisa, ineccepibile, tecnicamente corretta. Fredda, come il partito che rappresenta.
Il "+", per il discorso di replica con il quale l'On. Fini ha demagogicamente recuperato un po' di quel calore che taluni interventi e talune sottolineature di applauso, fra la platea, hanno imposto. E bene hanno fatto a scegliere come simbolo la "coccinella", piccolo animaletto che appare dal nulla, così come questa destra moderna, futuristica, senza radici. Peccato che sia un animaletto così piccolo e così senza storia che spesso viene con noncuranza schiacciato, sparendo nel nulla. Non ce ne voglia... coccinella! Vediamo adesso alcuni passi salienti della relazione di Fini.
Passato.
«Oggi tutte le forze politiche si rifanno a princìpi comuni [...]. È una delle conseguenze della fine delle ideologie [...]. A.N. non è passatista». Se negli anni '50 si parlò di miracolo economico, oggi negli anni '90 la destra di A.N. può vantarsi di aver compiuto un "miracolo culturale": in una sola giornata ha spazzato via duemila anni di Storia, ha cancellato la spiritualità, la passione, la lotta, le sofferenze dell'uomo nel suo cammino verso la civiltà, per farne un perfetto robot, indifferentemente ambidestro o ambisinistro, visto che oggi tutte le forze politiche «si rifanno a princìpi comuni». Ha seppellito la nostra cultura umanistica per osannare la cultura scientifica così lontana dalle tradizioni dei nostro paese. Ma è chiaro che doveva essere così. L'ideale che rappresenta la destra è un valore classico, è l'Uomo, con un'anima che muove da irrecuperabili archetipi antropologici per percorrere la strada verso la conoscenza, verso la cultura e, per molti, verso Dio.
È un uomo che ha le sue radici nel passato e sono queste radici che legittimano la sua modernità. Il valore di un ideale sta nella sua continuità nel tempo. È "universale", e in quanto tale è moderno. Non è relativo, non è pragmatico, non è contingente al momento storico. Non può, On. Fini, compiere una aberrazione culturale di questo tipo. Lei sta parlando della destra che non c'è, della Sua destra, che forse non è quella che vive nel cuore degli uomini e delle donne di destra.
Economia.
Continuando sul filone «nulla è prima di me». È bene ricordare che "partecipazione" vuol dire "socializzazione". E se anche Lei i conti con il passato li ha chiusi, non si può copiare il compito dal compagno di banco per prendere un bel voto: la vita insegna che prima o poi si viene scoperti. E poi poteva anche dire qualche cattiveria in più sul ruolo dei sindacato in Italia, glielo avremmo perdonato, anzi l'avremmo applaudito. E non sottolinei per favore che A.N. «chiede coraggiosamente l'eliminazione di ogni vincolo di licenziamento»... lo sta già facendo un governo di sinistra.
Piuttosto, avrei voluto trovare una progettazione basata sulle pari opportunità e sui pari diritti per tutti, base comune da dove partire perché venga premiata la meritocrazia. Mi sembra di ricordare che fosse uno dei princìpi della destra: che mi fossi in tanti anni sbagliata?
Questione sociale.
Discorso un po' timido, di chi non si sente forse ancora legittimato dalla sinistra a poter parlare di solidarietà. Termine logorato dalla cultura "catto-comunista" (o solo "catto", visto che il comunismo non esiste più) che ha le sue basi ideologiche nell'assioma: «siamo tutti uguali». Non ho trovato invece nella Sua relazione, On. Fini, l'esatto contrario: «non siamo tutti uguali». Ma la diversità deve essere motivo di inclusione e non di esclusione.
Mi sembrava di ricordare che fosse anche questo uno dei motivi che differenziavano la destra dalla sinistra. Che mi fossi in tanti anni sbagliata? Tanto altro ci sarebbe da dire, ma la conclusione della Sua relazione, On. Fini, mi costringe a una amara riflessione: Lei dice che «A.N. deve uscire da questa conferenza come un moderno partito di programma, senza ideologie ma con un preciso progetto». Credevo che da Platone in poi, la destra fosse la culla di coloro che credono nelle loro ideologie, intese come complessi di princìpi da cui nascono gli ideali. Che mi fossi, in tanti anni sbagliata?
Benito Mussolini (da "La lotta di classe" del 12 febbraio 1910).
«Al gregge obbediente, rassegnato, idiota, che segue il pastore e si sbanda al primo grido dei lupi, noi preferiamo il piccolo nucleo risoluto, audace, che ha dato una ragione alla propria fede, sa quello che vuole e marcia direttamente allo scopo»