Con il "Motu proprio" il Papa attesta la sua sovranità immediata su
tutta la Chiesa universale
Con il motu proprio "Summarum Pontificum", a partire dal 14 settembre 2007, Benedetto XVI liberalizzò la messa in latino. Veniva permessa la celebrazione secondo il rito anteriore alla riforma liturgica, in via ordinaria e senza richiesta al vescovo.
L'antico rito era quindi permesso, non imposto, e la liturgia ordinaria della Chiesa restava comunque quella del Concilio Vaticano II. Nella lettera ai vescovi che accompagnava tale decisione, Ratzinger diceva che «
è infondato il timore» che con la liberalizzazione della Messa in latino anteriore al 1970 «
venga messa in dubbio» la riforma liturgica o l'autorità del Concilio.
Precisava anche che il rito antico non fu mai giuridicamente abolito e che quindi in linea di principio era sempre permesso.
Questa iniziativa andava nella direzione di una riconciliazione interna al seno della Chiesa, con lo scopo di superare le divisioni del passato.
Particolarmente compiaciuti i seguaci dell'arcivescovo Marcel Lefebvre, che vedevano ristabilito il rito della messa tridentina da loro sempre auspicato. Il successivo ritiro della scomunica nei confronti dei vescovi lefebvriani segnò un altro passo verso la riconciliazione tra Roma e la Fraternità sacerdotale San Pio X.
Il "Summarum Pontificum" a detta dei teologi fu - in ambito ecclesiale - l'atto più significativo del breve pontificato di Papa Ratzinger, un ulteriore atto di coraggio intriso di misericordia.
Veniamo ora alla fine di questo torrido mese di luglio 2021. Qualche giorno dopo la sua uscita dall'ospedale per il noto intervento chirurgico, Papa Francesco emette il suo motu proprio "Traditionis Custodes", con il quale riforma quello di Benedetto XVI sulla celebrazione della Messa in latino e con il sacerdote di spalle ai fedeli. Queste non potranno più essere celebrate salvo casi eccezionali autorizzati dal vescovo.
Bergoglio - nella lettera di accompagnamento ai vescovi di tutto il mondo - afferma che l'intento pastorale dei suoi predecessori è stato gravemente disatteso e la libertà offerta da Giovanni Paolo II e ancor di più da Benedetto XVI al fine di ricomporre l'unità della Chiesa nel rispetto delle diverse sensibilità liturgiche è stata usata per aumentare la divisione e indurre a contrapposizioni che feriscono la Chiesa, esposta così a profonde lacerazioni.
Per Bergoglio esiste una stretta relazione tra la scelta della celebrazione secondo i riti liturgici precedenti al Concilio e il rifiuto della Chiesa e delle sue istituzioni.
L'applicazione delle disposizioni di Papa Francesco è sottoposta a strettissimi vincoli: la responsabilità di regolare le celebrazioni secondo il rito preconciliare ritorna al vescovo, il quale dovrà verificare che i gruppi che richiedono tale rito «
non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettami del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici».
Le Messe non si terranno nelle chiese parrocchiali, le letture dovranno essere "in lingua vernacola" secondo le traduzioni approvate dalle Conferenze episcopali e infine il sacerdote celebrante sarà delegato dal Vescovo.
Seguono altre infinite disposizioni che - a parere dei più tradizionalisti - spingono l'antico rito tridentino nel ghetto dell'impossibilità.
Non c'è pace nella Chiesa e, ai vari fronti di conflitto già aperti, Bergoglio ne aggiunge un altro.
Sono divisioni che generano un profondo senso di frustrazione e smarrimento che impedisce di comprendere quale sia la rotta della Chiesa. I cavilli e le condizioni poste da Bergoglio rendono prevedibile un crollo della frequenza di queste celebrazioni e questo è sicuramente l'obiettivo principale di tale iniziativa.
La reazione dei componenti la Fraternità San Pio X - che annovera nel mondo circa 700 sacerdoti e oltre 200 seminaristi - è lapidaria. Nel loro sito scrivono: «
Mentre Francesco è il difensore delle specie animali o vegetali in via di estinzione, lui stesso decide e promulga l'estinzione di coloro che sono legati al rito immemorabile della Santa Messa. Questa specie non ha più il diritto di vivere, deve scomparire».
È un altro passo della lotta tra modernisti e conservatori all'interno della Chiesa, divisione quanto mai capziosa e a volte ridicola.
Il relegare l'antico rito nelle catacombe, da celebrare in modo clandestino - pericolo che a suo tempo preconizzava Benedetto XVI - non farà altro che esacerbare queste divisioni, dopo gli stravolgimenti dottrinali e liturgici già messi in atto da Bergoglio.
È indubbio che non sarà certo questa decisione a rendere vuote le Chiese: lo sono già. Aumenta solo il senso di smarrimento e di confusione per una Chiesa bergogliana decisamente disinvolta in certe sue manifestazioni ed espressioni.
Non si capisce perché questo Papa, fautore dell'abbattimento dei muri e della costruzione di ponti, abbia voluto erigere questo insormontabile steccato attorno alla Messa in latino.
È stato anche affermato che c'era troppa "creatività" intorno a questa celebrazione, come se le strimpellate di chitarra e le movenze da karaoke che accompagnano gli attuali riti siano invece un invito alla meditazione.
Per coloro che vedono la Chiesa come una roccia piantata nel mare della modernità, salda nei suoi due millenni di tradizioni, insensibile alle mode e alla approssimazione che ormai pervade ogni aspetto della vita, tesa al facile e al subito, è un altro duro colpo.
La liturgia della messa tridentina e quella che ora Bergoglio vuole come unica celebrazione sembrano appartenere a due diverse religioni: da un rito che rinnova il sacrificio, teocentrico, con sacerdote e fedeli rivolti entrambi verso Dio, pieno di suggestione, bellezza e mistero, si è passati a una celebrazione antropocentrica, con il sacerdote e i fedeli che dialogano nella forma delle messe protestanti.
Gli splendidi paramenti, le candele e l'incenso, i canti sembrano avviati verso un passato sempre più lontano.
La Chiesa è sopravvissuta per millenni a tutti i possibili attacchi provenienti dall'esterno: chissà se sarà in grado di resistere a quelli che provengono dal suo interno.