Il dono del silenzio (da Excalibur 122)

«Il Signore mi ha tolto la parola per farmi apprezzare il silenzio».
Poche le parole pronunciate da Benedetto XVI ai nuovi cardinali che dopo il Concistoro che ha ratificato la loro nomina sono andati a trovarlo in visita al monastero Mater Ecclesiæ. Pesano immensamente gli anni sulle spalle di Ratzinger - 93 anni - ma il suo sorriso e la sua mitezza continuano a insegnare, a chi vuol capire, con la forza e la lucidità di una mente vivida, il senso della fede in Dio.
Cammina a fatica, ha problemi di vista, una recente malattia dermatologica, ma una mente che con estrema sottigliezza gli ha suggerito quelle poche e stentate parole, che, in un mondo ormai incomprensibile, lanciano ancora una volta un messaggio inascoltato.
Benedetto XVI continua a essere un grande pensatore mai in sintonia con il suo tempo. Se "Fede, Ragione e Università", la "lectio magistralis", pronunciata all'Università di Ratisbona il 12 settembre 2006, nella quale aveva osato attaccare Maometto e l'Islam, aveva provocato la reazione furibonda del mondo islamico e anche di parte del nostro mondo occidentale, queste poche parole pronunciate nel silenzio del suo rifugio dovrebbero farci meditare sull'insensatezza del nostro mondo nel quale troppi parlano e parlano troppo, quasi che la loro esistenza sia semplicemente legata alla quantità di parole e non al loro contenuto.
Stridono ancor più quelle poche parole di questo Papa incompreso, se paragonate alla logorroica presenza dell'altro Papa che pochi giorni prima aveva affermato - tra le altre cose - che «la proprietà privata non è un diritto».
Se l'accostamento di "fede e ragione" era tratto da San Tommaso d'Aquino, la frase di Bergoglio era ispirata non dallo Spirito Santo ma da Pierre-Joseph Proudhon, tra i principali teorici dell'anarchismo.
E questo basta.