Sopra: libro del Gen. Nicolò Manca pubblicato a Cagliari nel 2001
Sotto: il Gen. Manca col sindaco di Cagliari Paolo Truzzu
Il giorno dopo il 15 ottobre la stampa ufficiale nazionale ha rassicurato gli Italiani: con il green pass tutto a posto! Tuttavia agli occhi di un extra-terrestre che fosse sbarcato in Italia the day after il 15 si sarebbe presentato un fermo immagine con non pochi punti in comune con la Corea del Nord.
Allo scadere dell'ultimatum «
o ti vaccini o ti tolgo lo stipendio» bisogna ammettere infatti che qualcosina è successa: carabinieri senza la carta verde sbattuti fuori dalle caserme dove passavano la notte; numerose assenze nei posti di lavoro per malattia o ferie fuori stagione; sindacati della Guardia di Finanza e di altri organismi hanno criticato il green pass; manifestazioni di dissenso in tutta Italia e traffico pesante ridotto all'osso nell'intera Penisola.
Ma è bastato che la stampa ufficiale fingesse di voltarsi dall'altra parte e quasi nessuno, meno l'extra-terrestre, si è reso conto della realtà! Chi critica o dissente dal pensiero ufficiale viene infatti censurato, come è accaduto anche a chi scrive. Qualche lettore di Excalibur sa che il sito difesaonline.it ha pubblicato più volte miei interventi, alcuni dei quali critici nei confronti dei vertici politico-militari; interventi "attenzionati" negli ambienti romani e in certa misura in quello più ampio dell'esercito. Una settimana prima del 15 ottobre ho tentato di dire la mia in merito all'atteggiamento dei capi militari a proposito del "ricatto-green pass", ma, ahimè, per la prima volta sono stato censurato.
Chiusa la mia modesta collaborazione con difesaonline.it (mi auguro che il genere umano se ne faccia una ragione), sarò grato a Excalibur se d'ora in avanti pubblicherà qualche mia geremiade, prima delle quali propongo quella appena censurata. E sarò grato anche ai lettori di Excalibur se vorranno comunicarmi per le vie brevi (nmanca.@katamail.com) se, come e perché avrei esagerato, e quindi sbagliato, con le mie critiche.
Tre soldati senza uniforme.
I Sardi non più giovanissimi hanno memoria dei sequestri di persona che a partire dagli anni '60 furono compiuti nella nostra terra da spregevoli individui che proponevano ai familiari del rapito il "vile affare" del pagamento del riscatto.
Il più celebre di tali sequestri si concluse nel luglio del 1992 con il pagamento di 5,3 miliardi di lire per la liberazione del piccolo Farouk Kassam, un bambino di sette anni cui alcuni esemplari di feccia umana tagliarono un lembo di orecchio per convincere i genitori a pagare quanto richiesto, come poi in realtà avvenne grazie anche ai buoni uffici di Graziano Mesina, noto esperto del settore, un ospite delle patrie galere messo per l'occasione in libertà fino al canonico "missione compiuta".
In relazione a tali misfatti, l'allora capo di Sme, Generale Canino, fu l'artefice di una missione con finalità anti-sequestro di vigilanza del territorio sardo da parte di unità dell'esercito, operazione alla quale chi scrive suggerì di dare il nome di "Forza Paris".
Non è da escludere che con l'approssimarsi dell'ormai imminente 15 ottobre qualche Sardo, specie se appartenente alle forze dell'ordine o alle forze armate, accosti la parola "riscatto" al quasi sinonimo "ricatto", quale è nella sostanza il disposto del Dm che impone dal 15 p.v. il green pass per poter continuare ad andare al lavoro.
In altre parole: o ti vaccini o ti tolgo lo stipendio. Vero è che, in uno slancio di benevolenza, il governo ha concesso l'alternativa del tampone nasale bi/trisettimanale, forca caudina che tuttavia richiede tempo e denaro.
È comprensibile che se un "civile" mal digerisce questo riscatto/ricatto (nella versione senza la "s"), altrettanto recalcitrante si possa dimostrare un militare, tant'è che circa 100 mila dei 500 mila uomini e donne in divisa hanno rifiutato di farsi vaccinare.
A questi renitenti occorre aggiungere le tre guardie svizzere che recentemente hanno preferito dismettere la gloriosa uniforme nata nel 1529 piuttosto che sorbirsi un vaccino genico sperimentale (almeno fino al 2023) di controversa efficacia temporale e di sconosciuti effetti soprattutto nel lungo termine.
A quanti sostengono che non si può considerare sperimentale un vaccino già somministrato nel mondo in 5 miliardi di dosi, si contrappone il punto di vista di chi, in sintonia con le tre guardie svizzere, attribuisce a tale circostanza la connotazione di un terribile azzardo corso a fin di bene oppure di un potenziale crimine contro l'umanità.
Solo il tempo scioglierà il drammatico dilemma. Al momento si deve prendere atto dell'incessante propaganda tesa a intaccare lo zoccolo duro di circa dieci milioni di Italiani che non intendono vaccinarsi e della rigida censura che blinda la sfera degli effetti collaterali del vaccino già verificatisi ma di cui ogni Italiano ha una conoscenza circoscritta alla cerchia della propria parentela e delle conoscenze personali. In questo contesto occorre quanto meno ammettere che, da che mondo è mondo, la propaganda e la censura sono inversamente proporzionali al livello di democrazia di un popolo.
È interessante notare che le tre guardie svizzere che hanno rifiutato il vaccino rappresentano circa il tre per cento dell'esercito più piccolo e antico del mondo; se il fenomeno si replicasse nelle stesse proporzioni nell'ambito dell'italico popolo in divisa avremmo un'emorragia di circa 15.000 militari tra soldati, avieri, marinai, carabinieri, poliziotti, vigili del fuoco e guardie carcerarie. In tempi di carenze organiche il problema sarebbe, come nel campo medico-sanitario, di non trascurabile portata.
A questo punto sorge una domanda: l'edificante e nobile intento di coinvolgere nella campagna vaccinale anti-covid l'intera umanità tiene conto del fatto che molte popolazioni europee ed extra-europee hanno gestito la pandemia, nonostante modesti indici di vaccinazione, registrando limitati danni, poche restrizioni e nessun green pass?
Ma i centomila militari italiani (più le tre guardie svizzere) e i dieci milioni di connazionali contrari al vaccino in fondo sono una modesta componente del bacino globale cui puntano le case farmaceutiche.
Per questo recentemente la Pfizer ha chiesto all'agenzia del farmaco degli Stati Uniti di autorizzare la vaccinazione anche dei 28 milioni di bambini americani tra i 5 e i 12 anni. Contemporaneamente l'Oms e vari governi occidentali, in primis l'Italia e gli Usa, hanno proposto la vaccinazione di un miliardo di Africani.
Va da sé che il fiume di pubblico denaro legato a queste iniziative (pubblico denaro che è bene ricordare essere alle origini denaro privato del cittadino-contribuente) sarebbe tale da far lievitare esponenzialmente gli utili delle case farmaceutiche e alimentare i mille rivoli della politica, dei media e di altri soggetti interessati.
Per ora ci si limita a imporre le terze dosi ai "soggetti fragili", di cui fa parte anche chi scrive, categoria tra le più gestibili e controllabili. Le luci e le ombre che caratterizzano le problematiche connesse con la campagna vaccinale, dalle misure restrittive adottate fino agli interessi politici e finanziari a essa collegati, dovrebbero suggerire al mondo militare di non farsi coinvolgere oltre in questo spinoso impegno costellato di luci e ombre.
Il semplice sospetto che possa esserci un nesso tra lo scudo penale adottato dal governo per salvaguardare sé stesso da qualunque responsabilità nel campo degli effetti collaterali di un vaccino sperimentale e la successiva istituzione del green pass, che altro non è che un obbligo vaccinale mascherato (leggasi ricatto), dovrebbe indurre ancor più il mondo militare a chiamarsi fuori da qualsiasi ulteriore coinvolgimento nella campagna vaccinale.
Un ricatto infatti si può subire o rifiutare, ma è inaccettabile che si collabori alla sua gestione, senza nulla togliere ai meriti dell'ancora latitante Graziano Mesina.