EXCALIBUR 117 - agosto 2020
in questo numero

Il pensiero di Luigi Pirandello

Scrittore, poeta, drammaturgo e psicologo

di Franco Di Giovanni
<b>Luigi Pirandello</b>, premio Nobel per la Letteratura nel 1934
Luigi Pirandello, premio Nobel per la Letteratura
nel 1934
Luigi Pirandello non fu solo il grande scrittore, poeta e drammaturgo che tutti conoscono, ma anche un grande innovatore del pensiero psicologico.
Nel 1908 pubblicò i saggi "Arte e Scienza" e "Umorismo".
Nel primo, espone la sua filosofia in chiave psicologica. Sostiene che l'essere umano è prigioniero delle convenzioni sociali in nome di un illusorio bene collettivo o personale, indossando continuamente una sorta di maschera psicologica che lo fa apparire come la società pensa che debba o non debba essere, contribuendo lui stesso alla costruzione del suo personaggio; questo però non corrisponde mai alla realtà del suo essere, per come esso suo intimo, in quanto il pensiero e l'autopercezione di sé cambiano di volta in volta col variare di situazioni e stati d'animo, che tuttavia la società non permette di esprimere per via del suo conformismo.
Uscire da questo conformismo è impossibile, perché esso è alla radice del necessario vivere comunitario della umanità intera, ma ci sono vari modi in cui una persona può scegliere di viverlo.
Le scelte possibili sono tre:
- la prima di accettare passivamente il ruolo impostogli dagli altri o autoimpostosi;
- la seconda, essendo consapevoli di come gli altri vedono te stesso, di accettare la rappresentazione che la visione ha di te, ma agire sfruttando la cosa a tuo vantaggio, ad esempio sfruttandola per guadagnarci;
- la terza dare libero sfogo alla mutevolezza dei propri stati d'animo e desideri, per quanto possibile, esprimendo sé stessi al massimo, accettando per questo di essere etichettati come folli in una società inevitabilmente ipocrita.
La comprensione della necessaria ma incolpevole ipocrisia del mondo è affidata da Pirandello a un sentire chiamato umorismo, di cui esso parla nel suo secondo saggio dallo stesso nome.
Il termine "umorismo" qui è contrapposto alla comicità, nel quale il grottesco di una apparenza ostentata nel comico, che fa sorridere, presente ovunque nella umanità, è contrapposto a un sentimento del contrario, detto dall'autore, appunto, umorismo, che arriva forse a smascherare la tragicità di queste situazioni apparentemente caricaturali e, non ultimo, a causare in noi sentimenti di compassione per chiunque.
Da queste premesse ne consegue necessariamente la potenza filosofica del pensiero di questo grande della letteratura italiana, la conoscenza della quale è necessaria per contestualizzare e comprendere le sue opere: egli era convinto che solo nella propria incomunicabile intimità l'essere umano possa essere sé stesso, quindi nessuno possa comprendere gli altri veramente, e che la vita in cui soffriamo fosse, in fondo, una rappresentazione tragicomica, come purtroppo spesso accade anche nella realtà, non solo nei suoi drammi.
Il pensiero di Pirandello è dominato dalla cosiddetta filosofia del lanternino, cioè dalla consapevolezza di sentirsi vivere attimo per attimo nonostante la realtà e di voler vivere adeguando questa realtà al sentire mutevole di ogni momento, modificando la società presente in relazione alla propria emotività e al proprio stile di vita personalmente scelto.
Essendo ciò impossibile, l'eroe di Pirandello resta sempre un combattente senza tregua di fronte alle falsità della vita sociale, nel caso esso riesca a reagire al vuoto morale che gli sta attorno.
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