Bruno Riva (primo a destra) in una manifestazione in onore ai caduti in Germania
Dopo l'8 settembre, avendo aderito alla R.S.I, in data 13 ottobre, ricevette un fonogramma indirizzato anche «
All'Ece. Barracu - sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Roma» del seguente tenore: «
disponsi invece che dal 10 ottobre 1943 seniore Riva Bruno sia comandato prestar servizio at Presidenza Consiglio dei Ministri quale Capo della Segreteria Particolare dell'Ece. Il Sottosegretario di Stato».
Firmatario del fonogramma era il console della milizia Vito Casalinuovo che verrà nominato poi giudice del processo di Verona contro Galeazzo Ciano e gli altri gerarchi fascisti responsabili del 25 luglio. Verrà fucilato dai partigiani a Dongo il 28 aprile del 1945.
Il fonogramma non fu certo scritto a caso. Con tutta probabilità Riva e Barracu dovevano essersi conosciuti o in Libia, dove Barracu ricoprì l'incarico di federale di Bengasi, oppure a Roma, dove Barracu era stato richiamato nel '43 presso il ministero della guerra.
Come ben si sa, Barracu, una volta nominato sottosegretario del governo repubblicano, creò un proprio staff composto prevalentemente da elementi sardi fra cui Edgardo Sulis, padre Usai e lo stesso Riva.
Era poi in contatto continuo anche con il giornalista e scrittore Stanis Ruinas, col commissario della Bnl Vincenzo Lai, col generale Gioacchino Solinas, col musicista Ennio Porrino, il cui spartito "Marcia del Volontario" promosse a inno della R.S.I..
Presumibilmente a fine ottobre Bruno Riva si trasferì al Nord con la moglie Natalia Putzolu e la figlia Margherita (madre del nostro amico Davide Olla). Inizialmente stettero a Desenzano sul Garda, successivamente a Bogliacco. Sino al 25 aprile del '45 lavorò presso la Presidenza del Consiglio in Palazzo Bettoni occupandosi prevalentemente di organizzazione logistica.
L'attività burocratica non gli impedì di essere presente in divisa, come dimostrano le foto, a tutte le cerimonie pubbliche della R.S.I. Nessun contatto o contrasto con le forze della resistenza, se non uno, certamente non dannoso ma alquanto sgradito: nei giorni del crollo della R.S.I. si presentò al suo ufficio suo cognato Franco Putzolu, ufficiale di marina ex addetto militare all'ambasciata italiana in Arabia Saudita. Si seppe poi che era una spia doppiogiochista che intratteneva rapporti con gli Inglesi già da quando lavorava nell'ambasciata italiana.
La figlia di Riva, Margherita, vivente, ricorda ancora che "zio Franco" dopo il 25 aprile era diventato un esponente di spicco del Cln milanese e circolava con pistola al fianco e fazzoletto rosso al collo.
Bruno Riva consegnò, dietro consegna di regolare ricevuta, al cognato, rappresentante del Cln, il fondo di dotazione del suo ufficio, ovvero la cospicua somma di un milione e mezzo.
Al precipitare degli eventi Bruno Riva manifestò l'intenzione di unirsi, al seguito di Barracu, alla famosa colonna che doveva raggiungere la Valtellina. La figlia Margherita ricorda ancora che alla notizia la madre ebbe una crisi di nervi, piangendo e implorando in ginocchio il marito di non andare.
Per fortuna fu lo stesso Barracu a dargli l'ordine di non seguirlo, imponendogli di pensare prima di tutto alla famiglia.