Luigi Natoli (Palermo 1857-1951)
Palermo - Il 14 aprile si sono celebrati 160 anni dalla nascita di Luigi Natoli, uno dei più grandi scrittori palermitani, noto anche come William Galt, pseudonimo che usò per firmare la sua opera più celebre: "I Beati Paoli". Profondamente innamorato della propria terra e del proprio popolo, Natoli è stato autore di alcuni tra i più bei romanzi storici ambientati in Sicilia come "I vespri siciliani", "Braccio di Ferro - avventure di un carbonaro" o "La vecchia dell'aceto", ma anche di approfonditi studi sul Regno delle Due Sicilie e l'Unità d'Italia, nonché di una "Storia di Sicilia" che parte dalle grotte dell'Addaura abitate nella preistoria e arriva all'epurazione dalla mafia operata dal Fascismo.
Di famiglia risorgimentale, Natoli vide nell'Unità d'Italia la meta della lotta per l'autonomia che il popolo siciliano aveva iniziato nel 1820 contro i Borboni, usurpatori dell'isola più grande del Mediterraneo attraverso giochi di potere e inganni burocratici (concetto ben spiegato in "Rivendicazioni"). Un tema ricorrente quello della libertà cui hanno aspirato i Siciliani nei secoli, che Natoli fa nascere dallo spirito cavalleresco di cui è permeato Blasco da Castiglione o dall'animo gentile di Giordano di Agosta, eroi senza macchia capaci di perseguire un ideale senza ripensamenti; esempi di un'aristocrazia spirituale che hanno affascinato un vasto pubblico ben oltre lo stretto di Messina.
Uno scrittore che in pochi, però, possono dire di aver conosciuto a scuola, persino nei licei palermitani più blasonati, e che in una ricorrenza importante come quella di metà aprile è stato ricordato unicamente dai ragazzi di CasaPound: ripulita la sua tomba, vi hanno deposto un omaggio floreale e letto qualche passo dei suoi testi più importanti.
Una perla identitaria nella Palermo "Capitale della Cultura 2018", medaglia di pongo tanto osannata dal sindaco Orlando e dalla giunta di sinistra, capaci solo di imitare ciò che va più di moda negli ambienti radical chic, xenofili fino a snobbare i padri culturali della città, fino a inventarsi uno scadente quanto inverosimile "festival delle letterature migranti". Non un concorso letterario, non una manifestazione culturale e nemmeno una corona di fiori per celebrare l'autore de "I Beati Paoli", che per diffusione e importanza raggiunte al Sud è stato accostato dalla critica a "I Miserabili" di Hugo.
Troppo difficile per l'amministrazione dare il giusto spazio a chi questa terra l'ha nobilitata con le proprie opere, trasmettendo al lettore la meraviglia religiosa al cospetto della natura e delle opere architettoniche che la arricchiscono, mosso dalla percezione di quel vincolo sacro tra sangue e terra oggi ripudiato dalle istituzioni in nome di un egualitarismo accattone.
Così si manifesta una volta di più il monito secolare iscritto sul basamento della statua del Genio di Palermo, il più antico simbolo cittadino raffigurante un vecchio re che si lascia addentare il petto da un serpente: "Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit" (Palermo conca d'oro divora i suoi e nutre gli stranieri).
Attualissima massima sconfessata ciclicamente dalla storia e dai luminosi protagonisti delle opere di Natoli: personaggi da riscoprire per affrancarsi ancora una volta da chi soffoca e sventa la natura fiera del popolo capace dei Vespri.