Cornacchia (corvus coronae), si ciba di rifiuti d'ogni genere
Poche settimane fa ho acceso la
tv proprio quando il mitico Dario Fo dispensava sentenze terribili: «
Non ho mai conosciuto un Natale più infame e più triste». Credevo alludesse agli arresti avvenuti nel cortile di casa sua: sindaci, assessori ed esponenti di primo piano della sinistra indagati a decine, alcuni addirittura gettati in carcere senza tanti riguardi.
Poverino, pensavo, guarda come si rattrista per i suoi amici.
Invece no, alludeva a tutt'altro, perché subito dopo aggiungeva: «
Bisogna stare attenti, perché ci porteranno via anche Gesù Bambino».
Santo Cielo, chi avrebbe potuto portar via il Bambin Gesù? Forse Zapatero, che in Spagna ha fatto sgomberare presepi e crocefissi da scuole e posti pubblici? Oppure giudici o
iman nostrani che periodicamente se la tentano?
Niente affatto, alludeva a quegli orchi del governo italiano, colpevoli non si sa di che, perché il nostro giullare, davanti a un intervistatore estasiato, continuava con affermazioni simili senza citare un dato, un fatto, un episodio che potessero giustificare simili sentenze. Ma Dario, del resto, non ha bisogno di giustificare alcunché di ciò che dice. Lui, come gli altri della sinistra italiana, è abituato a "dire" piuttosto che a "dimostrare".
Quando venne accusato di essere stato un paracadutista della Repubblica Sociale Italiana dapprima negò con sdegno poi, di fronte alla documentazione che gli sbatterono sui giornali (
infami!) ammise, ma solo per dire che militò a Salò per sabotare. Se la sua "fazione" di allora avesse vinto, state pur certi che avrebbe "detto" con orgoglio che lui aveva militato tra i parà fascisti e si sarebbe sforzato di "dimostrare" che c'era: avrebbe esibito fregi, distintivi, pugnali e mostrine con gladi.
I suoi amici hanno atteggiamenti simili e non sembrano intenzionati a mutarli neanche davanti alle batoste più pesanti.
Bersani è un altro bell'esempio di faccia tosta: quando era ministro di Prodi, insieme a Padoa Schioppa e Visco, appena al governo (nel 2006) aumentò le imposte senza pietà. L'Italia già entrava in recessione, ma lui era convinto che spremere i cittadini fosse l'unico modo per mantenere inalterata la spesa pubblica. Mise mano alla Finanziaria per il 2007 tenendo conto che i suoi compagni premevano per assumere gli amici nell'amministrazione pubblica: risparmiare era l'ultima preoccupazione. Pecoraro Scanio diede in Consiglio dei Ministri il suo prezioso voto favorevole soltanto perché riuscì a strappare altri 500 milioni di euro, Rutelli spuntò addirittura una norma con la quale «
in deroga a ogni altra legge dello Stato» (testuale) poteva assumere alcune centinaia di nuovi dipendenti per il suo Ministero dei Beni Culturali.
Perciò decisero di aumentare le trattenute previdenziali ai dipendenti dall'8,89% al 9,19% e di portare l'aliquota minima Irpef dal 18% - quella che colpiva la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti e degli autonomi - al 23%, con un incremento senza precedenti. Da allora buste paga e redditi degli autonomi sono stati falcidiati dal fisco e da allora gli Italiani decisero di fargliela pagare, votando in massa per Berlusconi e il centrodestra. Adesso Bersani che fa? Va in televisione quasi ogni giorno a dire che il governo deve tagliare le aliquote, che non è giusto rapinare le buste paga, che la gente non ce la fa più. Beata la coerenza!
Adesso ci bombardano dicendo che siamo in piena recessione, che la crisi economica ci getterà nella miseria più nera, che ci saranno addirittura milioni di licenziamenti. Epifani, Veltroni e altri veggenti sono ogni giorno a caccia di nuovi aggettivi catastrofici, chiedono un alleggerimento fiscale e volteggiano su noi come cornacchie del malaugurio. Dicono che gli altri paesi, soprattutto Inghilterra e Germania, hanno adottato meravigliosi piani di sostegno economico e si aspettano che Berlusconi cada travolto dalla crisi.
Credo che aspetteranno invano. È innegabile che la crisi economica ci sia, ma è altrettanto vero che alle difficoltà, venute soprattutto sia dall'America che in parte dalla Gran Bretagna, gli stati europei, in particolare l'Italia, stanno rispondendo bene.
È una crisi non di produzione (ricordate Carlo Marx e la crisi del capitalismo per sovrapproduzione? Non ne ha azzeccata una) ma di carattere finanziario, legata alle speculazioni di borsa e a diabolici contratti finanziari derivati, di facile presa nel mercato anglosassone ma che da noi hanno trascinato soltanto alcuni comparti del mondo "cartaceo" finanziario.
Sarà dura nel 2009, perché i contraccolpi saranno inevitabili, soprattutto in quei settori industriali che producono per imprese nordamericane, ma tutto lascia prevedere che ne usciremo.
Sarà dura anche perché dobbiamo continuare a fronteggiare la concorrenza delle economie criminali dell'Oriente, almeno fin quando l'Europa non si leverà le bende dagli occhi e non comincerà a imporre dazi pesanti, come già stanno facendo gli Usa.
Peraltro, da noi già si avvertono i segnali di una contrazione delle vendite dei prodotti cinesi, mentre si fanno più serrati i controlli sulla qualità e pericolosità di articoli elettrici, abbigliamento e alimentari.
Per adesso le cornacchie volteggiano a vuoto.
L'altro ieri le agenzie di
rating hanno confermato una notizia che si conosceva da tempo: l'Italia ha superato l'Inghilterra per P.I.L. (Italia 1.535 miliardi di euro, Gran Bretagna 1.468). L'indebitamento pubblico e privato italiano è parecchio inferiore a quanto si registra in Gran Bretagna (in Italia il 134% contro il 144% britannico). Il loro rapporto deficit/P.I.L. è al 5,6%, il più alto d'Europa e nel 2011 supererà di tre volte il limite di Maastricht, mentre da noi resterà al 2,9%. Ben 11 milioni di lavoratori inglesi non hanno alcuna copertura previdenziale, da noi i datori di lavoro che non assicurano i dipendenti normalmente finiscono in tribunale, mentre la galera è "assicurata" se in caso di incidenti è stata omessa la copertura Inail (fonti
Centre for economics and business research di Londra e
Eurostat).
Gli Inglesi, si sa, hanno stipendi maggiori dei nostri, come del resto gli Svizzeri, ma spendono infinitamente di più per le spese più elementari. Qualche esempio: da loro un caffè costa 3,75 euro, in Irlanda 2,50 euro, da noi difficilmente supera 0,90 centesimi; una birra al banco da loro costa mediamente 5 euro, da noi è raro che superi 2,5 euro. E tengono in piedi le loro economie anche grazie ai turisti e ai depositi italiani, specie gli Svizzeri.
Gli Italiani se la godono pure: hanno speso circa 6 miliardi di euro per gozzovigliare alla fine dell'anno e, a quanto sembra, lo spreco di generi alimentari avrebbe potuto sfamare l'intero Senegal.
Gli economisti confermano quasi sbalorditi: siamo tornati la quinta potenza economica del globo. È vero che abbiamo ridotto gli acquisti di telefonini e di vari aggeggi elettronici, ma vi pare che questo avrà un contraccolpo nelle produzioni italiane? Quali sono le industrie nostrane che producono telefonini e
personal computer? Nessuna! E poi, non scherziamo: siamo o non siamo l'unico Paese al mondo che ha almeno due telefonini per abitante, bambini compresi? Potevamo ben risparmiare, no?
Poi c'è una notizia che abbatterà del tutto le cornacchie, le quali per le spese di fine anno avevano scatenato una spaventosa battaglia terroristica propagandando un epocale calo dei consumi: sono state stappate ben 80 milioni di bottiglie di spumante. Ho fatto quindi un conto, da bravo commercialista. Se leviamo circa un terzo di abitanti del Bel Paese (bambini, anziani, malati in casa e degenti in ospedale, cittadini astemi e qualche milione di islamici che vivono da noi e che ufficialmente non bevono per precetto religioso) ebbene otteniamo che ognuno ha scolato due bottiglie a testa.
Mi rimane un dubbio, perché quasi nessuno ha bevuto davvero due intere bottiglie di spumante: l'eccedenza non l'avrà scolata Dario Fo?