Lucio Anneo Seneca (4 a.C - 65 d.C.)
Il nostro paese può vantare alcune delle università più antiche d'Europa che hanno sfornato nei secoli l'
elite intellettuale, scientifica e politica del paese.
Sul piano concettuale una università (o ateneo) è costituita da varie facoltà ognuna delle quali presenta diversi corsi di laurea. Ogni singola facoltà è retta da un preside e l'ateneo da un rettore, che la governa avvalendosi di appositi organismi collegiali. Le facoltà sono poi organizzate in istituti, dipartimenti e cattedre con il rispettivo personale docente e non docente. Compito istituzionale dell'università è quello di preparare e forgiare i futuri dirigenti, professionisti, docenti e più in generale tutta la coorte di tecnici ed esperti fondamentali per il corretto funzionamento di uno stato moderno. Altro compito fondamentale è rappresentato dall'attività di ricerca finalizzata a nuove acquisizioni scientifiche e culturali più in generale.
Andiamo però ad analizzare l'attuale situazione che mostra il mondo universitario totalmente degenerato e snaturato dalle sue funzioni originali.
A partire dal dopoguerra la cosiddetta "
intellighenzia di sinistra", quella dell'egemonia intellettuale e culturale per intenderci, iniziò un lento ma incisivo processo di infiltrazione negli atenei italiani che inizialmente ha riguardato le facoltà umanistiche e poi a seguire quelle tecniche e scientifiche con l'obiettivo di conquistare più cattedre possibili, ben sicuri che questo processo sarebbe stato fondamentale per portare la sinistra al potere e conquistare il paese.
Lentamente, quindi, si verificò una spartizione di cattedre e istituti tra i vecchi baroni del dopoguerra e i nuovi baroni targati Partito Comunista Italiano, con la realizzazione di nuove caste elitarie da affiancare a quelle preesistenti, assolutamente conniventi con il sistema appena evoluto.
La situazione attuale è sotto gli occhi di tutti. Un incredibile allargamento del numero di cattedre per far posto ad amici fedeli e parenti laddove talora cattedre o direzioni di istituto sono trasferite di padre in figlio o da padre a nipote o amico dei figli. Colonizzazioni da parte di una famiglia di più cattedre o istituti e creazione di cattedre o esami inutili solo per accontentare lo sponsorizzato di turno. Moltiplicazione dei corsi di laurea che spesso non hanno studenti e probabilmente mai ne avranno. Riduzione drastica della ricerca e appiattimento dell'insegnamento a una pratica meramente formale.
Sopra questo dominano poi le lotte a livello nazionale tra le varie scuole sempre con finalità di accaparrare posti disponibili per i vari familiari o amici. A ciò si è sovrapposta infine la famigerata riforma Berlinguer (cognome ridondante) che istituiva le cosiddette lauree brevi per poter sfornare con appena tre anni di studio nuovi dottori nelle più svariate discipline, e aumentare ovviamente le cattedre e i direttori di corso di laurea, perché si sa, gli amici non finiscono mai. Naturalmente tutte queste posizioni apicali sono create spesso con sanatorie di docenti incaricati o con i famosi concorsi universitari dove meritocrazia e diritto si scontrano con la possibilità di scegliere i commissari, spesso compiacenti. È sufficiente andare a controllare i cognomi e i rapporti di parentela dei docenti di qualsiasi facoltà italiana per capire che l'unico parametro non utilizzato è la meritocrazia con conseguente allontanamento delle migliori menti del paese spesso costrette a migrare all'estero.
Da diversi mesi, complice la necessità di ottimizzare e di rendere più competitivo il nostro sistema universitario si è portato avanti un iniziale tentativo di razionalizzare e migliorare i nostri atenei. Ciò ha scatenato innumerevoli proteste sia da parte dei parlamentari della cosiddetta sinistra con piccole manifestazioni nelle varie città italiane.
Ma contro che cosa protestava la sinistra, depositaria della cultura in Italia? Risulta chiaro che una sinistra ormai abbarbicata al potere universitario e abituata a gestirlo senza regole si spaventi per la chiusura di corsi di laurea di comodo o per la soppressione delle cattedre inutili o ancora per un controllo effettivo su come vengono spesi i finanziamenti governativi per i vari istituti. Oppure è terrorizzata se finalmente si tenta di assegnare cattedre e incarichi per merito e non per dinastia o tessera di partito o se si controlla l'effettiva resa dei docenti sul piano didattico e della ricerca o, peggio, se si cerca di regolarizzare i precari della ricerca, ovvero quei laureati che sono l'asse portante degli istituti universitari ma che sono da sempre utilizzati come ricercatori usa e getta. Non facendo parte di una dinastia non possono infatti essere assunti definitivamente.
Rimane quindi attivo il problema dell'università nel nostro paese con una struttura statica, colonizzata da ex sessantottini delusi, pletorica e costantemente povera di idee, totalmente svincolata dalla società civile nazionale e internazionale, figlia del 18 politico e della "selezione zero" ormai entità totalmente enucleata dal mondo produttivo.
Quale cura quindi somministrare a questo grande malato? Intanto depoliticizziamolo, impedendo che diventi solo la succursale di movimenti politici minoritari e bocciati dai cittadini o fortezza da difendere contro il nulla in quell'improbabile "deserto dei Tartari" che rappresenta oggi l'intellettualità di sinistra (ex egemonia culturale e democratica della sinistra), pronta a protestare contro la meritocrazia e se si rompe un climatizzatore in un centro di accoglienza per clandestini, mentre dorme di fronte al genocidio culturale e ai massacri del Tibet o della Birmania.
In conclusione siamo di fronte a un dualismo intellettuale, accontentarci del modello giovani e vecchi baroni per paura di ansie da cambiamento o accettare una strada che senza perversioni ideologiche conduca a una università nuova ed efficiente meritocratica e selettiva, e che rilanci il paese sul piano culturale, scientifico e tecnologico.
Il dubbio va risolto in fretta perché viviamo in un mondo che corre sempre più veloce e richiede la massima efficienza, la massima libertà intellettuale e il coraggio di difendere le proprie idee e le conseguenti scelte. L'alternativa al coraggio di cambiare è solo una: l'isolamento e la creazione finalmente della "repubblica degli scemi del villaggio", governata dalla attuale sinistra, ovvio!
"Homo ingenio animo manu liber" (Seneca)