Oh partigiano, portalo via!
Libera divagazione sul concetto di "antifascismo"
di Angelo Abis
Ipse dixit: "Libertà, uguaglianza, giustizia sociale, sono a pieno titolo "valori" antifa-scisti" e ancora "I "resistenti" stavano dalla parte giusta, i "repubblichini" dalla parte sbagliata" e altre amenità del genere.
Fini di AN non è molto diverso dal Fini missino che auspicava l'avvento del fascismo nel 2000: stessa approssimazione storica e ideologica, stessa prosopopea intellettuale.
Ma, poiché quando si parla di "antifascismo", di "resistenti" e di "repubblichini", si parla di storia, cioè di quella scienza che considera "non scientifico" qualunque giudizio o pregiudizio di natura politica e ideologica, vediamo un po' come sono andate veramente le cose.
Nel 1946, in Italia, si fronteggiavano due schieramenti antagonisti: uno antifascista impersonato nei comitati di liberazione nazionale, autoproclamatisi "vincitori" della seconda guerra mondiale per aver sconfitto il tedesco "invasore" e spazzato via il fascismo. L'altro schieramento comprendeva tutti gli ex fascisti non pentiti e tutti quelli che magari erano stati agnostici o critici nei confronti del ventennio, ma che non ne potevano più del clima di odio e di vendetta che si respirava nella società e che sopratutto temevano l'avvento in Italia del comunismo.
Un quadro chiaro, anzi chiarissimo. Manco per niente!
Tra i due contendenti si ergeva un terzo incomodo; gli alleati, cioè gli unici e veri "vincitori". Costoro considerarono gli Italiani "nemici" sino al 1947, anno della firma del trattato di pace. Dopo l'ubriacatura della "liberazione" del 25 aprile, come nemici furono considerati sia i partigiani che gli antifascisti: finivano in galera o in campo di concentramento i partigiani che rifiutavano di deporre le armi o che non ubbidivano alle autorità alleate. E, suprema onta per un governo antifascista e cobelligerante, tennero in galera per tre giorni il ministro socialista Pietro Nenni, reo di aver tenuto, senza l'autorizzazione alleata, una riunione politica in quel di Vercelli. In questo contesto gli uomini più avveduti e intelligenti dell'antifascismo (Togliatti, Nenni e De Gasperi) presero coscienza che la sconfitta non era "affare" di quelli che avevano combattuto dalla parte sbagliata, ma riguardava sopratutto loro, chiamati a pagare i danni di una guerra di cui non si sentivano responsabili e che pensavano di aver emendato con la partecipazione alla guerra di liberazione e con la resistenza.
Ma se anche l'antifascismo era perdente, né più né meno di quanto lo era il fascismo, ogni possibilità di superamento della sconfitta e di ricostruzione economica, sociale e morale dell'Italia, passava necessariamente attraverso il recupero dei fascisti poiché senza di essi non si riusciva a mettere in moto l'industria del nord, l'apparato amministrativo e la stessa pubblica sicurezza.
Ne conseguì logicamente, che i suddetti personaggi, dopo aver fatto fuori il governo della "resistenza" di Ferruccio Parri, fecero, agli inizi del 46, ai capi del neofascismo più o meno clandestino il seguente discorso: "Vogliamo voltare pagina nella storia d'Italia: fra sei mesi ci sarà il referendum per creare un nuovo stato repubblicano e democratico, cioè di tutti gli italiani, voi compresi. Vi chiediamo di non sabotare il referendum e di non appoggiare eventuali "golpe...". "Benissimo! risposero i leaders del neofascismo (Michelini, Romualdi, Pini, Pace, ecc.): saremo cittadini leali del nuovo stato ma alle seguenti condizioni: l'amnistia per tutti i fascisti, fine dell'epurazione, riconoscimento di un partito che in maniera assolutamente legale ci permetta di portare avanti le nostre idee e i nostri programmi".
Il governo antifascista di De Gasperi assentì (quello sì che fu il momento più "alto" dell'antifascismo italiano!) e fu di parola: il 22 giugno del 1946 il guardasigilli Togliatti emanò il decreto sull'amnistia, fu bloccata l'epurazione e il 26 dicembre del 1946, con notifica alla questura di Roma, sorgeva il Movimento Sociale Italiano.
Con le elezioni politiche del '48, avendo il MSI eletto propri rappresentanti alla camera e al senato, il neofascismo diveniva ufficialmente una forza democratica e costituzionale e i suoi eletti parte integrante della classe dirigente repubblicana (in democrazia si è classe dirigente anche se si sta all'opposizione).
Da allora, ogni discussione sull'antifascismo buono e sul fascismo "male assoluto" è pura esercitazione retorica, roba da teatrino della politica.