... 10 anni fa
Ricordi, delusioni, speranze, amarezze: è il tempo che fugge
di Isabella Luconi
Questo è il numero 50 di Excalibur e 10 sono gli anni trascorsi dal primo numero. La sua storia è una storia di passioni, di sentimenti, di ideali; una storia che trova posto nell'archivio delle speranze, accanto a quello delle delusioni.
Ci eravamo incontrati di nuovo per caso, gli ex giovani del Fronte della Gioventù, con i capelli brizzolati, i visi segnati dai dolori e dalle gioie della vita, ognuno di noi era andato per la sua strada, aveva costruito la sua vita, il suo lavoro, la sua famiglia, ma bastò poco per riaccendere le antiche passioni, bastò quella parola pronunciata con il cuore e che rappresentava tutto ciò per cui avevamo combattuto e in cui avevamo creduto. Ci siamo guardati negli occhi e il cuore di ognuno di noi chiese all'altro "camerata come stai?". E un brivido caldo avvolse i nostri sogni nascosti, le nostre speranze deluse.
Decidemmo di fondare un'associazione il cui nome era per noi il filo che ci univa al passato, un nome che ai più nulla diceva: "Associazione Vico San Lucifero". Quello era il nome della strada dove un tempo ormai lontano c'era la sede del Fronte della Gioventù.
L'antica militanza, non poteva che farci decidere subito di fondare una rivista dove fosse possibile parlare e discutere per riaccendere quel filo di passioni che sembrava ormai sopito e narcotizzato dall'obiettivo della legittimazione politica. E il nome scelto per quella rivista non poteva che essere Excalibur, come Re Artù potevamo estrarla dalla roccia per combattere e impedire che il mondo diventasse un amalgama, senza senso, senza distinzioni, senza ideali.
Ci abbiamo provato.
Ogni numero ci vedeva impegnati fino a tarda notte, la stanchezza di una giornata di lavoro sulle spalle, a piegarlo, a imbustarlo, stanchi ma contenti di stare insieme per ricordare tutti quegli episodi e tutte le battaglie contro quelli che una volta si chiamavano comunisti.
Ma se quello era il filo che ci teneva uniti, non ci sentivamo nè "nostalgici" né "reduci", anzi al contrario volevamo impegnarci per una politica attiva e moderna, che non fosse solo quella della corsa alle poltrone: nessuno di noi ne aveva e quindi nessuno di noi aveva paura di perderla. Ma non basta un cuore puro per combattere un sistema che nulla più concede alle passioni e agli ideali; l'associazione si è sciolta o meglio è confluita in un'altra associazione, i vecchi ragazzi si sono per la maggior parte dispersi e il cuore di Excalibur non è più quello che ha permesso a tanti di noi di sperare ancora.
Oggi la destra ha vinto, nessuno più ci chiama fascisti, la legittimazione è completata. Ma in cambio abbiamo pagato un prezzo altissimo, abbiamo rinunciato ai nostri sogni al nostro passato alla nostra identità, siamo nuovamente degli ex, ex fascisti, ex Movimento Sociale, ex Alleanza Nazionale e già nella sua radice ex-calibur.
Oggi come allora, non ho altri strumenti per esprimere il mio dissenso, se non la parola e ancora una volta dopo tanto tempo, una parola scritta su questa rivista. Tante le altre parole che sento, l'appello dei nostri dirigenti a rimanere uniti, l'ovazione di consenso per il riconoscimento dell'abilità politica di Gianfranco Fini, che aveva visto giusto, dicono, quando ha scelto in piena solitudine di far parte del Pdl. Avevano visto giusto i suoi colonnelli a non opporsi, ognuno di loro è stato premiato.
Ma io non sono d'accordo, lo so che non ha senso continuare a credere in qualcosa che non c'è più.
Lo so che oggi la politica " è un'altra cosa", non fanno altro che dirmelo.
Lo so che è più importante stare al governo, costi quel che costi. Lo so, ma non l'accetto.
Perché credo che la vita sia un attimo di luce sospesa fra le tenebre, un attimo che ci è concesso per lasciare un segno, per ricordare che un uomo non è fatto di programmi, di ici da non pagare, di emigrati da espellere.
Un uomo è ciò in cui crede, è ciò per cui combatte e ciò per cui muore, non importa se non sei al governo, importa che tu possa scrivere una pagina di quella storia che domani verrà letta dai nostri figli e dai nostri nipoti. E probabilmente non sapranno neanche che cosa vuol dire fascismo, non capiranno cosa vuol dire vivere per un ideale ma forse chiederanno ai loro padri perché quella spada è tornata nella roccia, e smarriti non sapremo che cosa rispondere.
Forse Excalibur aspetta un altro Re Artù.